Il decreto “sblocca Italia” non è sufficiente a far ripartire un settore, come quello edile, che, dall’inizio della crisi a oggi ha registrato contrazioni vertiginose in tutte le sue principali voci: addetti (-47%), ore lavorative (-49%), compensi salariali (-43%) e imprese attive (-40%).
Questi alcuni dei numeri e delle considerazioni emerse durante la conferenza stampa dei segretari generali dei sindacati delle costruzioni Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil (rispettivamente Vito Panzarella, Domenico Pesenti e Walter Schiavella), dedicata ai dati congiunturali del settore e all’analisi del decreto.
A fronte della drammatica condizione di un settore che ha visto crollare l’occupazione e scomparire migliaia di imprese, i sindacalisti criticano il nuovo strumento adottato dal governo per il fatto di mettere in campo “poche risorse e sempre ‘le solite’, cioè quelle molte volte annunciate, ma mai rese disponibili”. Risorse che oltretutto, puntualizza Walter Schiavella della Fillea, “verranno scansionate con una calendarizzazione che, dei complessivi 3,89 miliardi di euro, renderà disponibili per il 2014 poco meno di 300 milioni, ai quali si aggiungerà, per il 2015, una cifra inferiore ai 500 milioni”. Con queste scarne risorse, osserva il sindacalista, si produrra’ solo qualche migliaio di posti di occupazione (23.650, per la precisione), con il coinvolgimento di poco più di 3000 imprese. Numeri che, paragonati a quelli relativi alle perdite finora subite, non sono risolutivi e non bastano a far stare sereni i sindacati (da cui l’hastag #nonpossiamostaresereni lanciato oggi dai rappresentanti dei lavoratori); i quali, perciò, si impegnano a perseguire un’opera di monitoraggio sullo “stato di avanzamento” del decreto, a partire dal giorno della sua approvazione.
Un’urgenza di monitorare che viene anche da altre questioni sollevate dal decreto, come quella relativa alla semplificazione delle procedure connesse all’inizio lavori. “C’è la riproposizione di un’idea che la storia stessa ha dimostrato essere falsa, inefficace”, commenta Schiavella, “ossia che semplificando e razionalizzando si produca lavoro. Ma la verita’ e’ che non accompagnando a questa operazione quella di un rafforzamento delle regole e dei controlli sulla qualità dell’impresa, si finisce per incentivare la deregolamentazione e l’irregolarità del lavoro”. La necessità di dotarsi di regole, certamente più semplici, ma che siano al tempo stesso più stringenti e con sanzioni esigibili e più rigide, deriva dall’analisi stessa del settore: oltre ai 700 mila posti di lavoro persi in tutta la filiera, i sindacati registrano infatti l’aumento vertiginoso dell’irregolarità, del lavoro nero, e soprattutto “l’inquietante e persistente fenomeno della corruzione e della presenza della criminalità organizzata”.
Tra una mole di investimenti insufficiente a raggiungere lo scopo – come i soli 110 milioni stanziati per attuare gli urgenti interventi di sistemazione idraulica dei corsi d’acqua- in relazione alle criticità ambientali metropolitane; la cancellazione di importanti agevolazioni fiscali, come quella per la riduzione del rischio sismico a livello nazionale, e la proroga di altri importanti incentivi, i sindacati registrano inoltre quella che forse e’ la piu’ drammatica caraneza del decreto:“Manca qualsiasi accenno a una organica politica industriale –sottolinea Schiavella- che si fa rendendo strutturali gli incentivi, mancano programmi di natura pubblica, di riorganizzazione, recupero, valorizzazione e riqualificazione dei centri urbani, programmi che sono alla base di qualsiasi modello di sviluppo degli altri paesi europei. Tutto questo qui non c’è”.
Fabiana Palombo