Se fosse realizzabile il 20% di quanto i vari partiti hanno promesso in campagna elettorale, il principio a base della dottrina utilitaristica di Jeremi Bentham, troverebbe la sua piena realizzazione.
Il “calcolo della felicità” che il filosofo basava su una minuziosa classificazione dei piaceri e dei dolori e che proponeva come vero strumento scientifico atto a promuovere la morale e la legislazione le cui conseguenze fossero le più positive possibili nel bilancio del piacere e del dolore, raggiungerebbe valori mai conosciuti prima.
I giovani troverebbero lavoro, le casalinghe, adeguatamente pensionate non dovrebbero più dipendere economicamente dai mariti, i poveri non frequenterebbero più le mense Caritas per superata necessità, gli emigranti tornerebbero a casa loro e le coppie tornerebbero a procreare.
Il tutto attraverso una drastica riduzione delle tasse da cui, come per miracolo, deriverebbero maggiori consumi, maggiore occupazione e come ritorno aumento del PIL e riduzione del debito pubblico.
L’enfasi data a tali temi per convincere gli Italiani a tornare a votare (considerato che gli elettori che si ostinano a recarsi nella cabina elettorale sanno già per chi votare) ha naturalmente messo in secondo piano i temi che meno si prestano a semplificazioni propagandistiche.
Questo è forse il motivo per cui non tutti i partiti in lizza hanno presentato piattaforme articolate sulla sanità; programmi, come si sarebbe detto una volta, che andassero oltre gli slogan propagandistici (da tutti ribaditi con forza e convinzione) come l’immediata riduzione delle liste di attesa, il rapido efficientamento delle rete ospedaliera e l’abolizione di tickets
Le tre formazioni che hanno proposto interventi più articolati sono stati il partito di Grasso, Liberi e Uguali, il partito di Matteo Renzi, Partito Democratico e la neonata formazione di Beatrice Lorenzin, Civica e popolare. Il Movimento cinque Stelle si è invece limitato a proporre un aumento generico del Fondo Sanitario, una riduzione dell’IVA per i prodotti della terza età, un aumento della detraibilità per le spese per le badanti e per quanto riguarda le politiche di “sistema” un forte impulso alla digitalizzazione della sanità e della PA.
Il Centro destra ha ribadito, senza troppo entusiasmo, i propri cavalli di battaglia: parità pubblico privato sulla base di standard predefiniti, devoluzione con attribuzione alle regioni di piena potestà, digitalizzazione della PA e incentivi per l’inserimento dei disabili nel modo del lavoro.
Il programma elettorale di Liberi e Uguali, su cui ho già avuto modo di riflettere in un precedente mio intervento sul Diario del lavoro, si propone un rilancio del SSN attraverso un aumento del fondo sanitario, la messa a disposizione di 5 miliardi in 5 anni per l’ammodernamento tecnologico e strutturale degli ospedali e l’assunzione di 40.000 operatori. A questo si aggiunge un rilancio della Medicina pubblica per contrastare i fattori di nocività e una nuova politica del farmaco per valorizzare l’uso dei generici
Il Pd punta invece su un progressivo aumento del Fondo sanitario, sul potenziamento della medicina territoriale, su un Piano nazionale per la riduzione delle liste di attesa, su una revisione della politica del farmaco con nuove risorse sui farmaci innovativi, su misure a sostegno dei disabili ( fondo di inclusione, aumento dell’assegno di accompagno) e su maggiori investimenti per ricerca, nuove tecnologie e digitalizzazione della sanità.
Sostanzialmente sovrapponibile il programma di Civica e Popolare che tuttavia mostra una maggiore articolazione rispetto al precedente. Anche in questo caso incremento del fondo pari a 5 miliardi in 5 anni, maggiori risorse per la ricerca, abolizione del superticket ( in analogia a quanto proposto da LeU), potenziamento delle cure domiciliari, Piano per l’abbattimento delle liste di attesa sul modello emiliano, rafforzamento degli strumenti di governance del sistema.
Convergenza rafforzata anche per quanto riguarda il potenziamento dei fondi integrativi a cui si oppone invece LeU che, come già riferito, punta a una loro limitazione anche in termini di benefici fiscali concessi. Un mix di varie proposte appare invece il programma della lista Europa di Emma Bonino con un richiamo alla ridefinizione delle competenze stato regioni, al potenziamento dei fondi per la ricerca e a un potenziamento degli strumenti della governance del sistema
I programmi illustrati confermano in buona sostanza le tradizionali differenze tra destra e sinistra. La sinistra punta di più al potenziamento del sistema pubblico anche attraverso un incremento del fondo sanitario ( che solo LeU e Civita e popolare arrivano a quantificare) mentre la destra punta a una maggiore de-regolamentazione del sistema con piena parità pubblico privato. Modello tosco – emiliano ( si potrebbe dire) contro modello lombardo. Più opaca la posizione dei Cinque Stelle la cui campagna elettorale come noto si è concentrata su altri temi come legalità (nonostante le disdicevoli disavventure in cui è caduto il suo gruppo dirigente), reddito di cittadinanza e lotta agli sprechi ( modello spending rewiev alla Cottarelli)
Inevaso, come prevedibile, il problema di come e dove reperire le risorse necessarie al potenziamento del SSN anche a fronte della forte riduzione della imposizione che i partiti propongono. Anche in questo caso diversa la posizione di LeU che punta a una rimodulazione delle aliquote in funzione del reddito posseduto con penalizzazione nei confronti delle fasce più abbienti.
Totalmente mancante è stato inoltre un vero confronto pubblico su tali temi. Un confronto che avrebbe fatto emergere le contraddizioni tra le diverse proposte e soprattutto su quanto è stato fatto concretamente dai governi di centro destra e centro sinistra succedutisi alla guida del paese. Un lusso, quello della chiarezza, che i partiti non possono più permettersi di correre perché per far salire la scala della felicità di Bentham informazioni troppo aderenti alla realtà potrebbero avere effetti contrari a quelli desiderati.