Sono parole di dolore quelle vergate sui diari di Bruno Trentin, uno dei leader più prestigiosi della storia del sindacalismo nel nostro Paese (“Bruno Trentin e l’eclisse della sinistra. Dai Diari 1995-2006” a cura di Andrea Ranieri e Ilaria Romeo, Castelvecchi, 2020), che analizzano già il 25 febbraio 1997, la crisi del sindacalismo confederale: “Ma è mancata, e non a caso, la proposta di una grande riforma sia del rapporto di lavoro che dello stato sociale, di fronte alla crisi del Fordismo. Egli (il sindacato, nda) ha continuato a civettare con il suo conservatorismo minimalista (…) senza potere sfuggire ai pericoli di un coinvolgimento in nuove forme di gestione neocorporativa dello Stato”.
E oggi, i problemi di protagonismo delle tre centrali “storiche”, che invocano alle istituzioni l’”ascolto”, coinvolte sul Recovery Fund solo per informazione dal governo presieduto da una personalità di prestigio come Mario Draghi, ne è testimonianza.
Un contributo al rilancio del sindacato come “soggetto politico” è venuto dal congresso costituente della Confederazione Italiana Autonoma dei Lavoratori, svoltosi in piattaforma con 300 delegati, in rappresentanza di oltre 100 iscritti. Dalla tribuna congressuale, il leader del giovane sindacato (nato solo nel 2013) Benedetto Di Iacovo, proveniente dalla tradizione del riformismo della Uil, ha lanciato alcune proposte chiare: istituzionalizzazione del dialogo sociale con sedi e tempi certi; contrattazione territoriale e aziendale oltre che nazionale; salario minimo legale oltre il lavoro dipendente per garantire le nuove figure del lavoro autonomo senza tutele come i rider; misurazione della rappresentatività e diritti sindacali connessi sui singoli posti di lavoro in attesa di una “legge sindacale” di attuazione dell’art. 39 della Costituzione, eliminando superate rendite di posizione; partecipazione alle scelte in azienda; unità d’azione con altre organizzazioni sulla base della condivisione di idee, programmi e piattaforme. La Confial ha lanciato la proposta di un “Polo sindacale” con Confsal, Ugl e le altre organizzazioni sindacali di tipo confederale definite “autonome”, non in contrapposizione ma per il dialogo con Cgil, Cisl e Uil, per una rappresentanza larga e generale degli interessi dei lavoratori, dei pensionati, dei precari e dei senza-lavoro del nostro Paese, senza steccati e divisioni anti-storiche.
Proposta raccolta con interesse da Raffaele Margiotta, segretario generale della Confsal, da Roberto Di Maulo, vicepresidente della Confederazione Europea dei Sindacati Indipendenti e leader della Fismic e da Luigi Ulgiati vicesegretario nazionale della Ugl.
Un messaggio augurale è giunto congresso da parte di un altro leader storico del sindacalismo italiano, Giorgio Benvenuto, che ha rinnovato le ragioni dell’unità sindacale. Ragioni che si ritrovano nel ponderoso volume di Benvenuto dal titolo “Frammenti. In un virus il destino di un Paese” a cura di Antonio Maglie, Bibliotheka Edizioni, 2020, che potrebbe, senza dubbio, costituire la base per un Programma fondamentale del sindacalismo del XXI secolo.
Maurizio Ballistreri, Professore di Diritto del Lavoro nell’Università di Messina