Le parti sociali sono pronte a discutere nuovi confini del welfare, perché sia sempre più universalistico e inclusivo. A patto naturalmente di avere le risorse necessarie, perché, come ha detto Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria, non si può indossare un vestito che non ci si può permettere. Discutendo al convegno organizzato da Adapt sul tema del welfare personale per ricordare Marco Biagi a quindici anni dal suo assassinio, i rappresentanti di imprenditori e sindacalisti sono sembrati unanimi, quanto meno nella disponibilità. La contrattazione può fare la sua parte, ha detto Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, ma il welfare contrattuale deve essere sempre più universale, e allo stesso tempo sempre integrativo, mai sostitutivo di quello pubblico, altrimenti tradirebbe la sua funzione. Il tema si pone soprattutto per il welfare aziendale, che al contrario di quello contrattuale, è sempre sostitutivo, nel senso che va a coprire deficienze emerse nel funzionamento del welfare pubblico. Un altro tema posto dalla Camusso è quello dell’allargamento: devono partecipare i familiari, come stanno facendo alcune forme di welfare contrattuale? E chi perde il lavoro, ha diritto a mantenere una copertura o con la perdita del lavoro cadono tutte le tutele?
Un ridisegno del welfare che nasce dalla contrattazione: un’azione doverosa a giudizio di Annamaria Furlan, a patto che si parta dalla realtà delle prestazioni esistenti. Perché non tutte le situazioni sono uguali. Chi si deve curare in una città del Nord, ha ricordato, sa che può farlo nella sua città, chi vive in una città del Sud sa altrettanto bene che dovrà prendere la valigia e spostarsi altrove. Lo stesso per il diritto allo studio, che non è la stessa cosa al Nord e al Sud. Quindi partire dalla realtà e agire di conseguenza, puntando a un sistema che comunque tenga conto della diversità di prestazioni nel paese, ma punti a un sistema quanto più possibilmente universalistico. La contrattazione quindi può fare molto, per la Furlan, e la stessa cosa ha detto Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, specie per distinguere tra le diverse prestazioni, perché una cosa è previdenza e integrità, altra il diritto a usufruire di una palestra. Distinguere dunque, capire quali siano i bisogni veri e vitali e intervenire con estremo coraggio.
Tesi condivise anche dagli imprenditori. Che non perdono mai di vista la sostenibilità di un sistema di welfare, perché sarebbe inutile mettere in piedi un sistema che non è possibile sostenere. E badando a costruire qualcosa che vada a integrare il welfare pubblico, mai sostituirsi ad esso, perché in tal caso cambia la natura stessa del welfare.
Massimo Mascini