«Ma cosa fa un ministro?», chiede Greta, una giovane ragazza, all’allora Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) nel governo Draghi, Enrico Giovannini, durante la cerimonia di commemorazione delle vittime del crollo del ponte Morandi a Genova. Dieci minuti per rispondere a questa domanda così complessa sono troppo pochi per non incappare in semplificazioni e allora Giovannini coglie l’assist e soddisfa il quesito in poco meno di 300 pagine con il libro I ministri tecnici non esistono (Editori Laterza, 2023), in cui racconta i suoi 20 mesi nella squadra del governo Draghi (dal 13 febbraio 2021 al 22 ottobre 2022) rifacendosi anche alle precedenti esperienze come Ministro del lavoro e delle politiche sociali del governo Letta, chief statistician dell’OCSE, presidente dell’Istat e co-fondatore e Direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Un volume che fin dall’introduzione l’autore etichetta non come un “diario”, ma «una riflessione sull’esperienza di ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims), cioè del responsabile di uno dei ministeri più complessi in termini di ampiezza delle competenze, più orientati al futuro, più rilevanti per la vita dei cittadini e delle imprese, e più sfidanti, visto lo stato delle infrastrutture italiane».
Nella struttura il libro di Giovannini è la fusione di due testi diversi, come egli stesso tiene a precisare: il primo si sofferma sul “come” si disegnano le politiche, si costruisce il consenso per realizzarle, ci si rapporta con l’opinione pubblica, si coniuga la necessità di affrontare le emergenze con l’impegno per disegnare e avviare investimenti e riforme con una prospettiva a lungo termine; il secondo testo, invece, illustra “cosa” è stato fatto durante il mandato di ministro del Mims, quali gli obiettivi perseguiti, le scelte compiute, le riforme finalizzate con al centro sempre il concetto di sostenibilità e resilienza. A dispetto dell’avvertenza sopra indicata, quello di Giovannini sembra essere proprio un mémoire olistico, in cui l’esperienza come ministro tecnico – quindi fuori dalla logica delle linee partitiche – non può essere spiegata nelle sue singole componenti, ma è proprio la loro sommatoria a dare ragione di una carriera lunga quarant’anni. Un approccio che l’autore non manca di evidenziare, sottolineando l’imprescindibilità di un’impostazione culturale che diventa strategia per il conseguimento di risultati proattivi e mai autoriferiti: «L’approccio “sistemico” ai problemi economici, sociali e ambientali appreso nel corso del tempo è stato il riferimento continuo per disegnare l’azione politica, orientare le singole decisioni, programmare gli investimenti per il futuro del Paese». Tuttavia il libro non è solo la raccolta delle “buone pratiche” messe in campo nell’arco del breve mandato per la gestione dell’eredità del Governo Conte nel bel mezzo della pandemia – «in meno di due anni abbiamo stanziato oltre 104 miliardi di euro (la maggior parte dei quali destinati al Mezzogiorno) per investimenti, elaborato piani a medio termine per i diversi tempi comparti del mondo dei trasporti e della logistica, varato numero riforme del settore» -, ma è anche il racconto di un Paese al bivio, posto dinanzi allo specchio dei suoi vizi e delle sue potenziali virtù, in cui si svelano uno dopo l’altro gli ingranaggi di un meccanismo complesso e articolato posto dinanzi agli obiettivi fissati dall’Europa. Una sfida che è cartina di tornasole dell’insostenibilità del modello di sviluppo fino a quel momento adottato, in cui «crisi economica, sociale ed ecologica sono facce diverse di un problema comune», e «che quindi va cambiato secondo le linee indicate anche dall’Unione Europea – spiega Giovannini nella lettera indirizzata al suo personale dopo il suo insediamento -. Tale processo richiede un cambiamento culturale e politico profondo e tutti abbiamo la responsabilità di renderlo possibile e visibile». E proprio a fronte di questa missione, forse la più difficile, l’ex ministro si rifà alle parole del fisico e filosofo Thomas Kuhn invocando un cambio di paradigma: «Cos’è se non un cambio di paradigma la sterzata intervenuta nelle politiche europee dopo lo scoppio della pandemia, con la nascita di Next Generation Eu […]? E cos’è se non un cambio di paradigma il Green Deal europeo, in nome del quale le dimensioni economiche, sociali e ambientali della sostenibilità vengono trattate alla stessa stregua, nel pieno rispetto della “visione” integrata dello sviluppo sostenibile incorporata nell’Agenda 2030? O l’insieme delle regole con cui i Pnrr sono stati disegnati e vengono valutati, con la sostituzione […] del criterio del rispetto dei piani di spesa con quello basato sulla misurazione dei risultati economici, sociali e ambientali conseguiti?».
Resilienza, transizione, innovazione e sostenibilità sono quindi i punti cardinali attraverso i quali orientare l’azione non solo del Mims, ma dell’intero governo, con uno sguardo orientato al medio-lungo termine (traendo la lezione da un colloquio avvenuto tra Bill Clinton e Tony Blair) rivolta anche al futuro della nuove generazioni (un punto, questo, raggiunto con la modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione, prevedendo che spetta alla Repubblica “tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni” e che l’attività economica non può essere svolta a scapito dell’ambiente e della salute).
Un approccio che sembra difficile da perseguire senza una linea dettata dai partiti di maggioranza, per cui l’affermazione che titola il libro diventa in ultimo la domanda principale: esistono i ministri tecnici? Esistono ministri che, non cercando il consenso elettorale, non sono quindi politici? È qui che si dà ragione del titolo scelto da Giovannini: nel fatto che non è possibile, e che «anche governi come quello guidato da Mario Draghi, chiamati ad affrontare situazioni emergenziali, sono, giustamente, obbligati a ricercare il consenso di chi rappresenta la sovranità popolare, cioè del Parlamento e delle altre istituzioni». Il consenso, quindi, è la chiave del risultato, e ciò vale anche per il ministro in sé, tecnico o politico che sia, poiché senza di esso è molto difficile riuscire a costruire un percorso che non sia accidentato.
In sostanza, quindi, I ministri tecnici non esistono è un manuale sul “saper fare” e sull’“imparare a fare” – un ministro “fa scelte politiche”, ma “impara” anche, e molto velocemente -, un libro che stimola domande che l’autore riesce ad anticipare e soddisfare pedissequamente con un approccio semplice e lineare. Giovannini ci apre le porte delle stanze del bottoni e ci spiega cosa accade al suo interno, l’arte del saper fare politica.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: I ministri tecnici non esistono
Autore: Enrico Giovannini
Editore: Laterza – Collana Anticorpi
Anno di pubblicazione: ottobre 2023
Pagine: 296 pp.
ISBN: 978-88-581-5286-7
Prezzo: 20,00€