La democrazia illiberale. Victor Orbàn ha vinto per la terza volta le elezioni in Ungheria vendendo sul mercato della politica, a prezzi stracciati, un prodotto di largo consumo: la paura. E per contrasto, intellettuale, morale, politico, i giornali hanno raccolto i dolenti e preoccupati commenti di Agnes Heller. La cui voce di dissidente, ai tempi del comunismo come oggi, trova maggior credito nell’Europa Occidentale che nel suo Paese e in quelli limitrofi.
Allieva di Gyorgy Lukàcs, nel 1974 scrisse “La teoria dei bisogni in Marx”, un ardito e coraggioso tentativo di ricondurre sul piano antropologico “il socialismo realizzato” e di mettere al centro, come sottolineava Pier Aldo Rovatti nella prefazione italiana, i temi della vita quotidiana e della centralità dell’individuo. Il regime la scomunicò e con lei, tutta la scuola di Budapest. Ora è di nuovo simbolo di una minoranza sconfitta e spaventata. Andrebbe letta e riletta.
Lo stesso dovrebbe valere per la francese Simone Weil, per le sue profetiche (perseguitata dal nazismo è morta nel 1943) invettive contro il sistema dei partiti, e soprattutto, per la “Dichiarazione degli obblighi verso l’essere umano”: “ Solo i folli e i poveri, con assoluta limpidezza di sguardo, contemplano la verità del mondo e ne colgono tutto lo splendore”. E poi la pachistana Malala Yousafzai, la sua lotta per l’istruzione delle donne e le sue parole contro la cieca ferocia dei talebani, il suo discorso all’Onu: “Un bambino, un insegnante, un libro possono cambiare il mondo”.
I bisogni, i diritti, i doveri. I diritti, i bisogni, i doveri. I doveri, i bisogni, i diritti. Quale prima e quale dopo? E’ da qui, dall’annullamento di impossibili gerarchie di valori che dovrebbero essere amalgamati in un’unica essenza vitale, che bisogna ripartire. Il volto delle dittature, più o meno mascherate da democrazia, ipnotizza le coscienze e svilisce sempre più le libertà. L’intolleranza, le angosce e il rancore tiranneggiano i sentimenti. Orban ha tanti emuli, anche qui in Italia. Per sconfiggerli è necessario ripensare il senso stesso della convivenza civile. Agnes, Simone, Malala, le vostre accorate parole ci siano d’aiuto.