L’azienda, utilizzando i dati del sistema di geolocalizzazione del computer portatile e i dati forniti dal telepass, ha contestato al lavoratore una pluralità di inadempimenti in conseguenza dei quali gli ha intimato il licenziamento.
In corso di causa è emerso che mentre per il sistema di geolocalizzazione del computer portatile l’azienda aveva rispettato le norme previste dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori (informativa sugli impianti audiovisivi e di controllo a distanza dell’attività lavorativa), perché aveva adeguatamente informato l’interessato che lo utilizzava, lo stesso non poteva dirsi in ordine al telepass installato sull’autovettura. Conseguentemente, la Corte di Appello ha ritenuto inutilizzabili tutti i dati acquisiti in seguito all’uso del telepass da parte del lavoratore, con la conseguenza che non potevano avere rilievo ai fini disciplinari tutti i dati sugli spostamenti con l’auto ricavati da questo sistema. Il licenziamento è stato così dichiarato illegittimo con l’estinzione del rapporto di lavoro ma con il diritto del lavoratore a percepire l’indennità risarcitoria.
L’azienda ha proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Ancona sostenendo che l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori non impone all’azienda l’obbligo di fornire al dipendente chiarimenti sui dispositivi che hanno la finalità di effettuare i pagamenti necessari per l’espletamento della prestazione lavorativa, trattandosi di metodo alternativo al rimborso delle spese a piè di lista che agevola il dipendente, evitando che debba anticipare le somme necessarie a tale scopo.
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso affermando i seguenti principi.
-Nel nostro ordinamento sono consentiti i controlli tecnologici finalizzati alla tutela dei beni aziendali o ad evitare comportamenti illeciti del dipendente purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione degli interessi dei beni aziendali rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto.
-Il telepass installato sull’autovettura aziendale è pacificamente uno strumento utile per lo svolgimento delle attività; sicuramente può essere installato sull’autovettura aziendale per lo svolgimento dell’attività lavorativa; altrettanto sicuro è che lo strumento, per le sue caratteristiche tecnologiche, è idoneo ad un controllo invasivo dell’attività lavorativa perché idoneo a controllare gli spostamenti sul territorio del lavoratore che guida l’auto per l’esecuzione della sua attività lavorativa.
-Per previsione dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori i dati di rilevanza disciplinare che emergono dall’esame dei sistemi di controllo a distanza, come il telepass, possono essere ben utilizzati contro il lavoratore a condizione, però, che ne sia stata data adeguata informazione all’interessato. L’azienda deve aver cura di informare il lavoratore che sull’auto è istallato il telepass e che attraverso i dati forniti da questo sistema per il pagamento del pedaggio è possibile conoscere i suoi spostamenti sul territorio, con i relativi orari.
-A nulla rileva che l’interessato lo sappia già per conoscenza e per scienza propria. La sua pacifica e conclamata conoscenza personale non vale a niente.
-Il datore di lavoro, esercitando il suo potere disciplinare, ha l’obbligo in modo specifico di indicare i motivi per i quali è indotto ex post ad eseguire l’indagine che ha dato origine alla contestazione di addebito. Senza questa specifica indicazione del perché della sua indagine, l’esercizio del suo potere disciplinare è illegittimo.
Cassazione sezione Lavoro ordinanza n. 15.391 del 3 giugno 2024.
Biagio Cartillone