L’Aran ha ultimato i conteggi sulla rappresentatività dei sindacati del pubblico impiego destando notevole scalpore. I dati, pubblicati oggi in anteprima da Il diario del lavoro, mostrano infatti alcune inversioni di tendenza significative. La maggiore riguarda la scuola, perché la Cisl per la prima volta ha superato la Cgil, diventando così il primo sindacato del comparto. Le tessere della Cisl sono sempre state più numerose di quelle della Cgil, ma questo sindacato negli ultimi venti anni ha sempre potuto contare su una importante massa di voti alle elezioni delle Rsu e quando si mixavano le due indicazioni la Cgil diventava il primo sindacato. Ma stavolta la Cgil nel comparto “Istruzione e ricerca” ha perso quasi 20mila voti, la Cisl al contrario ha avuto 23mila voti in più, per cui c’è stato il sorpasso.
Ma questo è solo uno dei dati importanti rilevati dall’Aran, perché c’è da rimarcare la performance della Uil, che ha guadagnato quasi in tutti i settori, anche in proporzioni notevoli, mentre Cisl e Uil hanno ceduto un po’ ovunque, tranne che nella scuola per quanto si riferisce alla Cisl. Caso simbolo la sanità, dove la Cgil perde 5mila voti, la Cisl altri 4mila mentre la Uil ne guadagna 5mila. Forte anche il calo della Cgil nelle “Funzioni locali”, gli enti locali, dove storicamente è sempre stata molto forte, mentre in questa tornata elettorale ha perso 14mila voti.
I dati in assoluto in realtà andrebbero presi con molta cautela, perché la platea di riferimento in questi anni è calata in maniera non indifferente e quindi potrebbero non essere così significativi. Ma il calo è comunque molto sensibile anche solo nelle percentuali di riferimento e mostra una evidente difficoltà dei due maggiori sindacati in quel pubblico impiego che è sempre stato il loro bacino di riferimento, il settore dove mietevano risultati lusinghieri, la loro vera roccaforte.
Hanno evidentemente concorso vari motivi per arrivare a questi risultati. Ha pesato certamente il blocco lungo sette anni della contrattazione per i pubblici dipendenti. Il rancore accumulato da questi si è alla fine riversato contro i sindacati che non sono stati in grado di reagire o comunque sono stati sentiti in tal modo. Come hanno pesato le riforme della pubblica amministrazione che si sono succedute e che non sono piaciute ai lavoratori dipendenti, che si sono trovati soli, o almeno così hanno pensato di essere. In realtà, la Cgil, ma anche, sia pure in maniera minore, la Cisl, hanno reagito contro i governi che hanno bloccato i contratti pubblici e che hanno attuato le riforme invise ai lavoratori, dalla Buona Scuola in avanti. Hanno reagito, è vero, hanno protestato, ma i lavoratori evidentemente non hanno creduto fino in fondo a queste proteste, hanno dato più peso al fatto che alla fine i sindacati hanno finito per accettare sia il blocco che le riforme, portando al dato che oggi ci troviamo a commentare.
Diverso il caso della Uil, che si deve credere è vista dai lavoratori meno legata ai partiti, più defilata, quindi meno corresponsabile di quanto accaduto. Si deve quindi credere che il protagonismo politico della Cgil e in parte della Cisl non abbiano pagato in maniera sufficiente.
Ha pesato alla lunga anche il blocco dei salari che sta caratterizzando tutto il mondo del lavoro dipendente. Operai e impiegati guadagnano sempre meno, si stanno impoverendo sempre più, come tutti gli istituti di analisi internazionale si affannano a documentare, e alla fine tutto questo non poteva non riversarsi negativamente sui sindacati.
Detto ciò, c’è da dire che i sindacati, anche nel pubblico impiego, soprattutto nel pubblico impiego, restano forti e rappresentativi. La loro rappresentatività è indubbia, ma è suonato un campanello di allarme importante, che non deve essere ignorato dai vertici sindacali. Le responsabilità su quanto è successo possono essere discusse, ma sarebbe davvero pericoloso se non si prendessero dei provvedimenti per rispondere a queste indicazioni che vengono dal tesseramento e dalle elezioni delle Rsu in questo comparto fondamentale del lavoro dipendente.
Quali siano queste misure da prendere è difficile dirlo, qui deve valere la forza e la capacità di responsabilizzarsi proprie della democrazia rappresentativa. Ma una reazione deve esserci per rispondere in qualche modo al malessere denunciato. I sindacati sono da tempo sotto attacco, è noto, la loro denigrazione è diventato uno sport nazionale altamente praticato, ma proprio per questo la reazione deve essere forte. Del resto, i sindacati non sono inermi, se la concertazione è finita resta sempre la contrattazione, la loro arma migliore, quella che dà forza alle confederazioni e rafforza il rapporto con i lavoratori. Assieme si vince, è noto.
Massimo Mascini