Sul mondo dell’intelligenza artificiale l’Italia sta facendo passi avanti. La domanda di competenze è aumentata del 157% in 5 anni e quasi 10.000 imprese italiane hanno già adottato tecnologie di AI, con un balzo di circa 30% rispetto all’anno precedente. È quanto è emerso dal VI rapporto dell’Osservatorio di 4.Manager “Intelligenza Artificiale. Cambiamento culturale e organizzativo per imprese e manager: nuove traiettorie della managerialità“ presentato oggi in occasione dell’apertura dell’anno accademico della Pontificia Università Antonianum.
Il 2024 si profila quindi come un anno di svolta, con una crescita esponenziale di professionisti alle prese con l’AI, che passano da 40.000 a oltre 300.000. Questo sviluppo è accompagnato da un significativo aumento della partecipazione femminile nel settore, che è salita dal 30% a oltre il 40%, suggerendo un ruolo sempre più centrale delle donne nelle professioni STEM.
Tuttavia, non è tutto oro quello che luccica: la diffusione dell’intelligenza artificiale nelle imprese italiane rivela “una chiara disomogeneità – si legge nel rapporto – tra le grandi aziende e le PMI.” Le imprese di grandi dimensioni, grazie alle loro risorse e capacità di investimento, hanno un tasso di adozione dell’AI del 24%, mentre solo il 5% delle piccole imprese è riuscito a implementare queste tecnologie.
Il problema principale alla diffusione delle competenze sul fronte della I.A. è senza dubbio la mancanza di formazione. Secondo il rapporto, il 45,7% dei dirigenti e manager e il 55,2% degli altri lavoratori non hanno mai fatto un’ora di formazione sull’IA nell’ultimo anno, nonostante le aziende avessero la disponibilità di Fondi dedicati. “Su questo ci stiamo lavorando – ha sottolineato Stefano Cuzzilla, Presidente di 4.Manager e Federmanager – con Fondirigenti cerchiamo di aiutare le aziende ad aumentare la formazione. È chiaro che il lavoro che ci troviamo di fronte è complicato dato che l’I.A. non è una tecnologia come le altre, sarà dirompente nella gestione dell’azienda, nella sua governance e nel futuro del nostro Paese”.
Nel corso delle interviste, si legge nel rapporto, è emerso che le aziende, spesso caratterizzate da una lunga tradizione di gestione familiare, si trovano costrette ad affrontare molto rapidamente la sfida della modernizzazione e della digitalizzazione per preservare la loro competitività e continuità. Per 4. manager l’approccio ai dati è fondamentale, con focus sulla governance, l’implementazione del machine learning e l’adozione di AI decentralizzata. In tutto questo mondo del lavoro che cambia, le figure manageriali giocano un ruolo centrale sull’innovazione e la formazione continua. Perchè è vero che il favorire l’acquisizione di tecnologie AI attraverso gli incentivi del PNRR sia importante, tuttavia gli investimenti tecnologici da soli potrebbero non essere efficaci: il rischio è di vanificare questi sforzi se non si accompagnano all’acquisizione e formazione di professionisti capaci di valorizzare tali investimenti e gestire gli sviluppi dell’AI, compresi gli aspetti normativi e di privacy.
I progressi quindi ci sono ma accompagnati da importanti ostacoli: nonostante la crescita esponenziale del numero dei professionisti impegnati con l’AI, la mancanza di competenze digitali rimane il principale freno, identificato dal 55% delle aziende. Inoltre, nel 2023, solo il 46% della popolazione italiana possedeva competenze digitali di base, un dato inferiore alla media UE del 56%. I costi elevati, in particolare per le PMI e per le aziende del Centro-Sud, rappresentano un’altra barriera significativa, segnalata dal 50% delle imprese. Anche la disponibilità e qualità dei dati per l’addestramento dei modelli di AI è un problema per il 46% delle imprese. Particolare attenzione merita l’ostacolo rappresentato dalle considerazioni etiche, che sono indicate come una difficoltà da 1 impresa su 4. Ostacoli culturali, come la scarsa chiarezza normativa e le preoccupazioni sulla privacy, completano il quadro delle difficoltà che frenano lo sviluppo dell’AI in Italia.
Emanuele Ghiani