La preoccupazione per il futuro, la consapevolezza delle difficoltà della situazione attuale e l’eccezionalità del momento economico, sul quale incombe il rientro del debito. Sono questi i temi analizzati oggi da istituzioni e parti sociali nel corso di un incontro promosso da Hrc academy sulle nuove prospettive del lavoro.
Puntare sulla produttività per far decollare la crescita, ma capire in che modo farlo, con quali politiche. Per il vice presidente Commissione Lavoro e Previdenza sociale del Senato, Tiziano Treu risposte utili, anche all’occupazione, sarebbero la green economy, i servizi di qualità, il welfare “fatto bene”. A suo giudizio servono ammortizzatori sociali veri, universali, dal momento che la cassa integrazione non può reggere per sempre. Le parti sociali, ha continuato Treu, hanno aperto tavoli dai quali arrivano suggerimenti, ma il problema è che non trovano l’interlocuzione del governo. Il senatore suggerisce di ridurre i contratti da 460 a 10-12 e si chiede come si comporterà il nuovo segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, “se guarderà più avanti che indietro”. Sull’entrata in vigore del collegato lavoro, ha osservato che la conciliazione e l’arbitrato potrebbero anche aiutare, il problema però è che non ci sono le persone con le giuste competenze, per questo occorre intervenire con la formazione.
“Gli ammortizzatori sociali sono serviti da tampone alla crisi, ma sono uno strumento passivo”, ha sottolineato il segretario confederale della Csil, Giorgio Santini, per il quale invece servirebbe un welfare attivo. Il problema, a suo avviso, è fare una politica del lavoro adeguata, soprattutto agire attraverso scelte condivise. Sono diversi i nodi da sciogliere, ha continuato, dall’alta richiesta di cassa integrazione, quando poi ci sono molti lavori che nessuno vuole fare, dall’immigrazione che cresce, anche ora che non ci sarebbe occupazione per la crisi. Sulla Fiat per Santini bisogna andare avanti, favorire gli investimenti, contemperare le esigenze di competitività e il mantenimento dei diritti. Riguardo alla contrattazione il sindacalista propone un livello nazionale sempre più semplice e un’estensione del secondo livello, strada aperta dal 2009. Infine, invece di guardare al 14, bisogna vedere cosa succederà il 18 dicembre, giornata in cui il Consiglio d’Europa varerà il piano di rientro del debito. Il collegamento tra debito pubblico e privato ottenuto da Tremonti ci consentirà qualche piccolo bonus, ma la situazione è difficile e complessa.
Per il direttore delle relazioni industriali di Confindustria, Giorgio Usai, non servono ammortizzatori veri e universali, perché quelli in uso oggi vanno benissimo. Nonostante questo si possono anche modificare, e su questa strada si stanno muovendo le parti sociali che hanno raggiunto un accordo che ora aspetta di essere recepito dal governo. L’universalità degli ammortizzatori, ha detto Usai, non c’è perché non tutti li vogliono e non tutti sono disposti a pagarli. Comunque chi utilizza deve contribuire, no gratis.
Un altro problema è che in molti settori poi i sindacati si sono rifiutati di fare accordi che interrompessero la cassa integrazione o i contratti di solidarietà.
“Il problema non sono gli ammortizzatori sociali, ma la crescita”, ha dichiarato l’amministratore delegato di Gi group, Stefano Colli-Lanzi, ribadendo che “siamo bloccati e non siamo competitivi”. A suo avviso è necessario cominciare a pensare in maniera diversa, puntare a un welfare che non sia risarcitorio, ma che invece crei sviluppo.
“Siamo a un tornante della storia”, ha detto il ministro del Lavoro.
Per reagire serve una disciplina di bilancio più rigorosa: “Abbiamo frenato la spesa pubblica, ora dobbiamo scomporla e ricomporla per ridurre debito e pressione fiscale e ridare qualità alla spesa, più contenuta”. Per il ministro la svolta viene fuori dal Libro bianco, che punta a uno Stato minore ma migliore, con un collegamento più forte con la società. “Meno Stato e più società”, dunque dice il ministro, che “significa più responsabilità”.
In merito alle relazioni industriali Sacconi ha detto: “Potevamo essere tentati di sconfiggere il sindacato e non lo abbiamo fatto, oppure di fare come Montezemolo che nel 2004 di fronte al veto della Cgil sulla riforma del modello contrattuale ha fermato il negoziato. Ma abbiamo preferito un’altra scelta, detassare il salario aziendale e intervenire con ammortizzatori eccezionali”. Questa scelta, a suo avviso, non era scontata ed è importante perché suscita il negoziato. Infatti, osserva, la detassazione del salario aziendale è funzionale al cambio del modello contrattuale e allo sviluppo di accordi sulla produttività e per far scendere il clup. “Noi abbiamo ottenuto l’attenuazione del bilancio e la coesione sociale”. Ora bisognerà intervenire, ha concluso il ministro, con lo Statuto dei lavoratori e su questo il governo ha chiesto un avviso comune alle parti sociali.
Francesca Romana Nesci