A poche ore dall’apertura dei seggi i leader del centrodestra sono stati colti dalla sindrome del Conte Ugolino: “Più che il dolor potè il digiuno”. Ad essere politicamente corretti quando non se ne è convinti deve essere una fatica bestiale al pari dei condomini che abitano al decimo piano e si accorgono, all’arrivo nell’androne, che l’ascensore è fuori uso. Oppure come tanti Ugo Fantozzi costretti a vedere ogni settimana “La corazzata Potemkin” fino ai titoli di coda con successiva partecipazione al dibattito organizzato dal Cine Forum aziendale. Dopo tanto sfoggio di perbenismo prima o poi succede che scappi una parolaccia o – è successo pure a Joe Biden – si mandi un rumoroso peto in mondovisione. Il primo destriero a rompere vicino al traguardo è stato Silvio Berlusconi. In realtà le sue condizioni generali lo assolvono perché alla sua età non dovrebbe sottoporsi agli sforzi di una campagna elettorale. Parlando del suo amico Vladimir Putin ha espresso un commento davvero singolare, anche se in parte corrispondente al vero.
Quando ha avviato l’operazione militare speciale Putin si proponeva – ha detto il Cav davanti ad un Bruno Vespa esterrefatto – di deporre, in pochi giorni, il governo legittimo dell’Ucraina, tanto che contemporaneamente lo zar aveva rivolto un appello ai comandanti dell’esercito ucraino a ribellarsi ai nazisti, pervertiti e drogati che stavano a Kiev. Dal canto suo, Biden aveva offerto un esilio sicuro e dorato a Zelenzky e alla sua famiglia, a prova del fatto che l’Occidente sarebbe rimasto a guardare (come nei precedenti casi della Georgia e della Crimea) se la mossa di Putin avesse avuto successo. Berlusconi però ha giustificato l’aggressione sostenendo che “Putin voleva solo sostituire Zelensky con un governo di persone perbene”. Proprio così.
Ma al Cav sono sfuggiti alcuni particolari. Chi attribuiva a Putin l’autorità di decidere – al posto degli elettori ucraini – delle istituzioni di uno Stato sovrano confinante? E quali sarebbero state le persone perbene di cui parla Berlusconi? Compagni di merende di Lukasenka che è abbarbicato al potere grazie alle truppe russe stanziate in Bielorussia a sostegno di un governo Quisling? Speriamo che qualcuno si prenda la briga di far notare al Cavaliere che con queste parole ha avallato la versione di Putin e ha smentito non solo la realtà dei fatti ma anche sue precedenti dichiarazioni. Matteo Salvini nelle ultime settimane di campagna elettorale ha accentuato i consueti toni contro l’immigrazione clandestina, proponendosi come il solito castigamatti.
La conclamata “difesa delle frontiere” costituisce per il Conducator un pretesto per criticare Bruxelles che lascia, a suo avviso, l’Italia da sola a fronteggiare “lo nero periglio che vien da lo mare”. Poi ci si è aggiunta la questione delle bollette che fornisce il destro a Salvini per chiedere un ripensamento sulle sanzioni alla Russia e per rivendicare uno scudo europeo a protezione delle famiglie e delle imprese, mentre continua ad agitare la richiesta di uno scostamento di bilancio di 30 miliardi, benché il governo abbia già effettuato, con i decreti Aiuti, stanziamenti per oltre 60 miliardi senza modificare i saldi. Ciò conferma che lo scostamento voluto dal leader leghista è solo un argomento per polemizzare con la Ue nel caso in cui, come è probabile, tenesse un atteggiamento negativo in proposito. Quando concluderà – speriamo presto – l’esperienza politica Matteo Salvini potrà dedicarsi alla sua vera professione: il venditore di auto usate. Anche nella nuova attività dimostrerà le sue innegabili capacità di comunicatore. In tanti anni è riuscito a convincere gli italiani che, in forza della riforma Fornero, non potranno più andare in pensione; che per risolvere il problema epocale dell’immigrazione clandestina è sufficiente chiudere i porti; che tagliando e uniformando le aliquote fiscali – aumenteranno le entrate; che in generale è possibile diminuire le entrate e aumentare la spesa. Anche con l’ultima trovata dello scostamento di bilancio, ha arruolato proseliti. Basta saltabeccare da un talk show ad un altro per vedere persone, in difficoltà per il caro bollette, che chiedono a gran voce questo salvifico scostamento. Ma la grande occasione al “difensore della fede” Matteo Salvini l’ha fornita Ursula von der Leyen con le sue ultime dichiarazioni incaute ed arroganti al Corriere della Sera. Se questi sono gli aiuti che da Bruxelles intendono fornire alla causa delle forze europeiste in Italia è il caso di avvertire che preferiamo fare da soli. E’ doveroso rispondere alla presidente della Commissione, ma c’è modo e modo.
E’ bene ricordare come il capo dello Stato Sergio Mattarella reagì quando, nei primi momenti della pandemia, erano stati espressi commenti e giudizi assai poco solidaristici e molto ingiusti nei confronti del nostro Paese. Arriviamo a “io sono Giorgia”. Meloni negli ultimi giorni si è lasciata un po’ andare quanto a self control. Ha inviato un endorsement a Vox, dopo essersi associata a Salvini nel Parlamento europeo nel voto sull’Ungheria di Victor Orban. Peraltro i due “fratelli della Colt” si sono rivelati più realisti del re, in quanto il governo ungherese si è presentato a Bruxelles con ben 17 provvedimenti che tengono conto delle critiche che gli sono state rivolte, limitandosi a chiedere un po’ di tolleranza nei tempi. Lo stesso ha fatto la Polonia, anche se a questo Paese va riconosciuto l’impegno che sta sostenendo a favore della resistenza ucraina. Poi Meloni si è fatta cogliere in fallo sulla mistica dei diritti civili, mettendo allo scoperto una visione un po’ demodèe della trojka Dio, Patria e Famiglia.
Gli avversari politici non hanno esitato a prendere in contropiede queste azioni discutibili della squadra avversaria. Ma c’è sempre di mezzo un equivoco che le forze di sinistra non riescono a superare perché non sono in grado di rendersene conto. La loro critica a Meloni e compagni prende sempre a riferimento la differenza che esiste tra le posizioni, le culture, le politiche e le visioni del centrodestra e quelle – ancorché confuse e articolate – che la sinistra considera veri e propri dogmi rappresentativi della modernità e del vivere civile. La destra è brutta e cattiva perché è contro l’Europa, ha tratti di razzismo, è nazionalista, non vuole saperne degli Lgtb (e quel che si aggiunge), è contro il nuovi diritti come quelli sacrosanti di cui al ddl Zan (che però è sparito dal dibattito elettorale), è statalista e isolazionista e quant’altro. La sinistra è talmente convinta del suo primato etico e politico che non riesce a concepire come si possano condividere certe posizioni della destra, tanto che le indica all’elettorato come motivi per non votarla.
Non si capacita del fatto che gran parte degli elettori già di sinistra (sentire in proposito Maurizio Landini) votano per la destra non perché sono delusi da una sinistra che non è più di sinistra (sentire anche qui Landini), ma perché condividono i valori e le politiche della destra. Questo è il punto vero che nessuno ha il coraggio di prendere di petto e di esaminare con il rigore necessario. E così quando si accusa la destra di non essere in sintonia con gli approdi che per la sinistra (quale delle tante, poi?) rappresentano il progresso, in realtà non ci si accorge di procurarle dei voti, perché è quanto vuole il suo elettorato. Giorgia Meloni lo ha detto molto chiaramente: noi vogliamo sradicare l’egemonia della sinistra nella società. E quelli che la votano – tanti o pochi che siano – lo hanno capito e lo condividono.
Giuliano Cazzola