Ad un cronista che gli chiedeva lumi sull’alta velocità, Giuseppe Conte ha risposto serafico: “Siete ossessionati dalla Tav. Io ho un problema più grande. La ripresa dell’Italia”. Ossessione. Una parola che ha ripetuto anche in un’intervista al Corriere della Sera per far capire che solo menti piccine, malevoli e malate possono accanirsi su una questione che considera secondaria rispetto ai ben più ambiziosi obiettivi del governo da lui presieduto: “Operiamo per un futuro di crescita e di sviluppo”. Ossessione. Questo il disturbo compulsivo che, secondo l’Imperturbabile, agita giornalisti e commentatori e li spinge a fare sempre la stessa domanda. L’avvocato degli italiani, come si è definito all’inizio di questa avventura, vuole esorcizzare tutti i fantasmi di una possibile crisi sulla realizzazione o meno della nuova linea ferroviaria Torino-Lione.
E’ un devoto di padre Pio e i démoni del dubbio non gli fanno paura. Per ogni contrasto ha parole di ottimismo. Il memorandum con la Cina sulla nuova via della seta? Gli Stati Uniti non abbiano timori, è una scelta economica compatibile con l’Alleanza Atlantica, un accordo limpido. Le preoccupazioni per un’uscita traumatica della Gran Bretagna dalla Ue? Calma e gesso, tuteleremo gli interessi delle nostre aziende e dei nostri concittadini là residenti. Le accuse e le diffidenze dell’Europa? Una montatura, siamo in grado di spiegare tutto, il dialogo è costante. La crisi economica? Un’esagerazione, teniamo la barra e navighiamo verso una sicura ripresa. L’autonomia delle Regioni? Tutto sotto controllo. L’emergenza climatica? Niente paura, noi siamo rispettosi dell’ambiente. E così via, rassicurando rassicurando. Faremo, vedremo, valuteremo.
Conte i problemi non li risolve ma li attenua, li attutisce, li congela, li accarezza. Li molce, avrebbe scritto Indro Montanelli. Mitiga gli affanni e lenisce le ansie. Non indica soluzioni nette, non fornisce indicazioni risolutive. Non taglia i nodi, non li scioglie ma cerca di allentarli. L’uomo che sussurra ai cavilli, lo ha definito il Foglio. Burattino nelle mani di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, gli hanno gridato in faccia. E ancora: trasparente, inesistente, portavoce dei suoi vice, signor nessuno. Eppure, quatto quatto, sta costruendo un’immagine di fiducia e sicurezza. “Sono un mediatore nato”, è la definizione che dà di sé. Verrebbe da dire che l’anima della democrazia cristiana, nel suo vagare dopo l’ingloriosa morte, si è rincarnata nel corpo di questo volenteroso pugliese. Un po’ di astuzia alla Giulio Andreotti, un po’ di pragmatismo alla Arnaldo Forlani, un po’ di Magna Grecia alla Ciriaco De Mita. Non ci sarebbe da stupirsi se stesse studiando da futuro capo dello Stato.
Schivo, riservato, perlopiù assente dai social, non posta immagini delle pietanze preferite e non annuncia da un balcone la sconfitta della povertà. Non si sa molto della sua vita privata. La nascita 54 anni fa a Volturara Appula (Foggia), il padre segretario comunale e la madre maestra, gli studi, la carriera forense e accademica, una moglie dalla quale si è separato, un figlio, una fidanzata, il tifo per la Roma. Chi si ricorda del curriculum inutilmente gonfiato in quanto già sostanzioso? Sempre vestito in maniera impeccabile, i capelli con la riga, il profilo alla Cyrano De Bergerac, l’eloquio forbito e soporifero, forse ci porterà nel baratro, però con stile.
Ma alla fine la Tav si farà? Ops, scusi presidente. Siamo ossessionati. Anzi, siamo degli ossessi. Padre Pio, aiutaci tu.
Marco Cianca