Dopo la nuova recessione e la crisi dell’Euro il governo italiano si sta interrogando sulle ricette per far ripartire l’economia.
Sergio Gigli, segretario generale della Femca Cisl, la crisi ha colpito il settore chimico?
Sì, sopratutto quello di base come la produzione di etilene e polietilene. I derivati del petrolio hanno sofferto dell’aumento del prezzo della materia prima e del deprezzamento dell’Euro nei confronti del Dollaro. Inoltre, le grandi multinazionali stanno costruendo grandi impianti nei paesi in cui la manodopera e le materie prime costano meno. Il risultato sarà un’invasione di merce a basso costo che metterà ancora più in crisi i nostri prodotti.
Ci sono soluzioni?
Riconvertire gli impianti in produzioni più innovative che reggano alla concorrenza. Abbiamo iniziato a fare da soli, ma serve una politica nazionale per il settore chimico. Per ora ciò non è avvenuto.
Dove siete intervenuti?
Per esempio si sta trasformando il sito produttivo dell’Eni di Priolo che non produrrà più etilene, ma collante che è una produzione più sofisticata.
Soffrono anche le aziende piccole?
In generale di meno perché sono più specializzate e quindi hanno un mercato più solido.
Vertenze aperte?
Per esempio quella della Lyondellbasell che ha chiuso l’impianto di Terni licenziando tutti i lavoratori. In questo caso la Novamont, che produce prodotti biodegradabili dal Mais, sarebbe interessata a rilevare il sito insieme all’Eni. Inoltre, si sta stabilendo nell’area un impianto per la costruzione di impianti solari. Bisogna che il governo intervenga per facilitare questa soluzione. La zona industriale esiste già e quindi conviene incentivare l’istallazione nell’area di nuove imprese che sostituiscano le vecchie.
Dodici mesi fa l’Italia diceva addio ai sacchetti di plastica, adesso il divieto non compare nel milleproroghe, dando fiato a infinite polemiche, prime tra tutte quelle di Legambiente. Si tratta di un passo indietro?
Il ministro dell’Ambiente Clini ha assicurato che il divieto resta valido e che entro venti giorni farà un decreto ad hoc per riaffermarlo. Certamente è strano che le norme siano sparite dal milleproroghe. É probabile che sia stato un colpo di coda dei gruppi contrari a questa innovazione fondamentale per il paese. Solo specializzandoci in una chimica sempre più innovativa si potrà battere la concorrenza.
Spesso si sente dire che non si deve fare più chimica in Italia, ma è possibile fare prodotti ecologici senza chimica?
Assolutamente no. L’opinione pubblica è ancora influenzata dai pesanti effetti collaterali della chimica anni 60-70. Ma oggi le cose stanno cambiando velocemente. In un mondo che investe sempre di più nei prodotti biodegradabili la chimica torna protagonista. Ecco perché non possiamo rinunciare a fare ricerca e a specializzarci sempre di più. Tutti gli stati che oggi godono di sviluppo lo hanno fatto grazie alla chimica e all’innovazione.
L’Italia continua ha investire?
Il nostro paese non è immune da grossi errori. Già quando Natta scopri il Polietilene e vinse il Nobel per la chimica, il brevetto fu venduto subito per fare cassa. È una storia che si ripete ancora oggi, le aziende quando fanno scoperte dovrebbero tenersele strette, invece le vendono subito guadagnando immediatamente qualcosa, ma permettendo ai propri rivali di ottenere velocemente la nuova tecnologia e di fargli subito concorrenza.
Una buona notizia?
L’accordo di Porto Torres. Si tratta dell’unica vera intesa per la reindustrializzazione di un sito chimico che stava chiudendo. Lì c’era un impianto dell’Eni che perdeva molti soldi da anni. Ora sorgerà un sito che produce bio plastiche dai cardi. Oltre all’importanza di un investimento innovativo, vi è anche un ottima notizia sul lato occupazionale. Infatti, i lavoratori passeranno dagli attuali 590 a 690. Ecco questo è un esempio da seguire.
Luca Fortis