I robber barons, i baroni da rapina, sono il gruppo di imprenditori statunitensi che tra il 1865 e l’inizio della prima guerra mondiale ha trasformato la società da agricola a industriale accumulando enormi fortune. Senza etica e senza scrupoli, legati a doppio filo a dinamiche di potere che pure manipolavano esclusivamente a proprio vantaggio e per questo odiati, disprezzati dai più. Eppure la storia ha azzardato a raccontarli come eroi filantropici. Uno su tutti: John D. Rockefeller. Oggi nulla è cambiato, solo il contesto è diverso: i nuovi robber barons sono i gigacapitalisti. Giga è più grande del mega cui siamo stati abituati, ma richiama anche l’unità di misura della tecnologia. E infatti stiamo parlando dei miliardari tecnologici appartenenti al famigerato Trillion Dollar Club. Quattro su tutti: Elon Musk, Mark Zuckerberg, Jeffrey Bezos, Bill Gates. I quattro cavalieri dell’apocalisse contemporanea che il giornalista Riccardo Staglianò, nel suo libro intitolato (appunto) Gigacapitalisti (Einaudi, 152 pagine, 12,00 €) assume come protagonisti quasi del tutto assoluti dell’assalto alla diligenza della democrazia e squarcia il velo sulla realtà che nasconde una farsa colossale. Perché come per i robber barons del secolo scorso, la narrazione corrente di questi plutocrati è inquinata da una certa narrazione woke che riabilita le loro posizioni: impegnati in attività filantropiche, attenti all’ambiente, difensori dei diritti civili e sociali e che si immolerebbero in nome della democrazia. Ma la realtà è che proprio in quanto plutocrati, la democrazia se la sono letteralmente comprata per plasmarla a propria immagine e somiglianza, con una protervia che ha precedenti solo nelle esperienze dittatoriali e con la complicità più o meno manifesta dei governi occidentali a suon di favorini fiscali (è un eufemismo bell’e buono). Max Chafkin, il biografo di un altro robber barontuttavia meno interessante degli altri, Peter Thiel, dice al Time: «L’idea che le aziende dovrebbero sostanzialmente essere in grado di fare ciò che vogliono e la democrazia non è il valore più importante sono cose che si ritrovano nelle decisioni e nelle azioni di molte aziende della Silicon Valley, anche in quelle guidate da liberal ostentatamente progressisti». E Staglianò sintetizza perfettamente: «Non vi fate distrarre dalle etichette: antidemocratico è chi antidemocratico fa. Tutto il resto è marketing».
Il punto, infatti, non è la quantità di denaro che questi signori posseggono, ma che tale quantità conferisca loro un potere pressoché sterminato e li renda liberi di spadroneggiare sulla terra e su Marte (questo, invece, non è affatto un eufemismo). Non c’è poi troppa differenza tra un qualsivoglia presidente degli Stati Uniti, giusto per citare la nazione più potente al mondo, e uno dei clubber che Staglianò mette alla sbarra. Anzi, in virtù delle loro fortune, questi dei presidenti si servono ampiamente, ne influenzano l’elettorato, così come proprio quell’elettorato fatto di cittadine e cittadini comuni è totalmente ubriacato dal miraggio tecnologico loro proposto. Un sogno, però, che si avvicina sempre più alla parabola distopica di Philip K. Dick e del suo cacciatore di androidi Rick Deckard. Il World Wide Web, dice il suo papà Tim Berners-Lee, e, aggiungiamo noi, un certo uso della tecnologia intesa in senso lato, è «una distopia lastricata di pregiudizi, odio e disinformazione», che sono sostanzialmente veicoli di monetizzazione di queste piattaforme. Musk, Zuckerberg, Bezos e Gates ambiscono a influenzare non solo cosa compriamo e come viviamo, ma anche cosa pensiamo. In pratica, governi e persone sono in uno stato d’assedio. Non inconsapevole, però: perché negli anni, complici anche scandali e gossip, processi mediatici e giudiziari, si è fatta largo una buona dose di consapevolezza circa il profilo psicologico e imprenditoriale di questi individui. Il problema è che governi e persone intrattengono con i prodotti loro somministrati una dipendenza da cui è difficile disintossicarsi. Il consumismo, l’iperconnessione, l’informazione sensazionalistica e superficiale; il pregio di avere in house queste aziende così famose e potenti che danno (cattivo) lavoro ai cittadini-elettori: sono potentissimi oppiacei. Con la complicità degli stati sovrani e della favola dark del libro mercato, i fab four possono spacciare questo oppiaceo del tutto legalmente. Perché è questa la discrasia più significativa: il fatto che si operi all’interno dei confini legali – o meglio, ai margini dei confini legali, pur quasi mai valicandoli, con il passepartout che questo farebbe bene all’economia: più lavoro, più ricchezza. La verità è che si tratta, al contrario, di meno lavoro per le persone – o lavoro senza dignità – e sì più ricchezza, ma solo per loro. Perché gli Stati non vedono uno che sia un centesimo di queste fortune: zero tasse, nessuna redistribuzione verticale. Che fare – afferma e non interroga Staglianò nel penultimo capitolo – per fermare la cavalcata dei tiranni del capitalismo: tasse giuste, leggi migliori, più diritti ai lavoratori sfruttati e una nuova consapevolezza collettiva.
Tutto questo e molto altro ancora Staglianò lo scrive in questo libro che non è prettamente una novità del genere, ma ha il merito di uno smalto brillante e sagace, pervaso com’è da un’amara ironia che rende tutto ancora più preoccupante. L’autore riesce a far confluire in 152 pagine tutta l’esperienza del giornalista di razza già dimostrata nei numerosi reportage e inchieste sul tema realizzati nella sua carriera – Al posto tuo. Così web e robot ci stanno rubando il lavoro (2016), Lavoretti. Così la sharing economy ci rende tutti più poveri (2018), L’affittacamere del mondo. Airbnb è la nostra salvezza o la rovina delle città (2020) – così come un’importante rete di riferimenti e citazioni che arricchiscono senza appesantire tutta la trattazione. Al termine della lettura ci si ritrova un po’ spiazzati ma anche più consapevoli, eppure con una rabbia rivolta maggiormente contro sé stessi che contro i baroni delle ruberie proprio perché un conto è immaginarsi liberi dal giogo di questa tecnocrazia, un altro è farlo davvero. E, ironia della sorte, acquistare questo libro proprio su Amazon.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: Gigacapitalisti
Autore: Roberto Staglianò
Editore: Einaudi – Collana Vele
Anno di pubblicazione: 2022
Pagine: 152 pp.
ISBN: 9788806254094
Prezzo: 12,00€