Abi e sindacati nei giorni scorsi hanno firmato un accordo sugli assetti contrattuali. Un risultato a sorpresa, perché la trattativa sembrava bloccata.
Giuseppe Gallo, segretario nazionale della Fiba Cisl, alla fine l’intesa si è trovata.
Non avevamo pregiudiziali sulle regole. Il problema era di merito. Alla fine è stato trovato l’accordo.
L’intesa prevede l’Ipca?
Di fatto sì. Si prevede l’Ipca depurata dall’inflazione energetica. Tenendo conto della posizione della Cgil, nell’accordo si dice che si utilizzerà l’indice utilizzato nella maggioranza dei contratti nazionali. Di fatto questo indice è l’Ipca depurato dall’inflazione energetica.
L’indice di rappresentatività è stato alzato al 55%. Nell’accordo del 28 giugno è prevista una soglia del 50% più uno. Si tratta di un’intesa peggiorativa?
Si tratta di un’attenzione che abbiamo voluto dare ai sindacati minori. Di fatto poi nell’accordo di giugno si parla di validità “erga omnes” dei contratti aziendali, mentre noi siamo l’unico settore che parla di validità per tutti dei contratti nazionali.
A febbraio avevate fatto un’intesa tra sindacati su come procedere in caso di contratti separati. Nell’intesa con l’Abi è stato tenuto conto di questa vostro patto?
Di fatto sì. Quell’accordo, raggiunto tra i sindacati maggiori della categoria, prevedeva che la soglia per far valere il contratto “erga omnes” fosse del 60%. Questo nuovo accordo tiene conto di tutti i sindacati presenti nel settore e quindi la soglia scende al 55%.
Che rapporti avete con la Fisac Cgil ?
Buoni. Sull’articolo 8 della manovra estiva abbiamo deciso insieme che non lo applicheremo riguardo alle norme sul licenziamento. Inoltre, attueremo deroghe solamente se previste dal contratto nazionale.
Il tema è tornato in auge dopo la lettera del presidente del Consiglio all’Unione Europea. Perché siete contrari alla possibilità, come avviene in altri paesi europei, di sostituire il reintegro con un indennizzo economico?
L’articolo 18 contro il licenziamento senza giusta causa è una conquista di civiltà. Comunque in Italia tali licenziamenti riguardano solamente l’1% del totale e, già oggi, la maggioranza dei lavoratori, pur avendo diritto al reintegro, decide di optare per un indennizzo. Ma è una libera scelta.
Molti economisti sostengono che ammorbidire le norme dell’articolo 18 porterebbe a maggiori assunzioni in quanto molti imprenditori sono disincentivati ad assumere con contratti indeterminati per l’eccessiva rigidità delle norme sul mercato del lavoro. L’Unione Europea sembra dargli ragione.
Come ho detto prima, si tratta di un abbaglio. Di una teoria che non tiene conto della realtà. Già oggi, nel nostro settore, il fondo di solidarietà ha una sezione emergenziale che, nel caso di licenziamento di persone che non possono accedere al prepensionamento, eroga un salario pari all’80% dello stipendio per due anni. Inoltre, forma, riqualifica e rimette sul mercato i lavoratori. Addirittura, nel caso un’altra azienda assuma un lavoratore licenziato, otterrà per un anno il corrispettivo dell’80% del suo salario.
Quali sono le sue prime impressioni sulla trattativa per il rinnovo del contratto nazionale?
Sarà una trattativa dura. Noi come sindacato vorremmo proporre il modello utilizzato con Intesa Sanpaolo. Un salario minore per i neoassunti in cambio della garanzia di stabilizzazione. Siamo anche disposti a trattare su contratti complementari per evitare l’esternalizzazione di alcune attività indicate dal contratto. Vedremo al tavolo del negoziato.
Luca Fortis