La circolare n°107 dell’Inps illustra quelli che sono i nuovi criteri che disciplinano il lavoro occasionale. Come valuta queste disposizioni e quali ritiene che siano gli elementi di maggiore criticità?
Al di là delle criticità per il settore agricolo contenute nella circolare, che vedremo, in realtà il problema non è la circolare dell’Inps: per noi il problema è la legge che reintroduce dei nuovi voucher al posto dei vecchi, per i quali la Cgil aveva chiesto la cancellazione tramite referendum. Referendum fissato per il 28 maggio ma mai fatto poiché il Governo aveva cancellato la norma relativa ai voucher; norma che poi ha reintrodotto subdolamente nella “manovrina”. Il voucher in agricoltura, come in altri settori dell’industria alimentare, non è uno strumento adeguato a retribuire il lavoro. In questo senso la nostra contrarietà è senza se e senza ma.
Riguardo al comparto agricolo, quanti e che tipologia sono i lavoratori interessati dalle nuove disposizioni che regolano il lavoro occasionale?
Ecco, qui la nuova normativa crea dei danni superiori a quella precedente. Infatti, nel settore agricolo le prestazioni occasionali sono ammesse per pensionati e studenti under 25, disoccupati e percettori di prestazioni integrative di salario. In questo modo si amplia la platea di coloro che possono essere retribuiti con i voucher.
Il testo stabilisce, per quanto riguarda il contratto di prestazione occasionale, un compenso orario minimo di 9 euro e un “salario minimo giornaliero” quantificabile in 36 euro. Soglie di base non contemplate per i lavoratori del comparto agricolo, anche la nuova disposizione dell’Inps, la 2887 diffusa proprio oggi, interviene sulla parte salariale. Per quale motivo ritiene che ci sia stata questa iniziale diversificazione?
Il motivo lo abbiamo chiesto al Ministro Poletti e al presidente dell’Inps Tito Boeri in una lettera inviata il 10 luglio. Ora l’Inps, nel messaggio 2887 del 12 luglio, riferendosi alla Circolare 107, modifica le modalità per definire la misura minima del compenso per prestazioni occasionali nel settore agricolo e risponde in parte alle nostre richieste avanzate nella lettera citata.
La circolare suddivide la forza lavoro in tre fasce, in base alle quali è prevista una retribuzione oraria diversa. Tuttavia non fornisce i criteri per individuare l’area di appartenenza. E anche su questo punto l’Inps pone un correttivo. Quali sono le differenze tra i due testi?
L’Inps cerca un po’ di correggere il tiro: la misura minima della retribuzione per determinare il compenso è ricavata tenendo a riferimento i minimi salariali mensili degli operai agricoli fissati dal Ccnl, cui si aggiunge il cosiddetto terzo elemento retributivo. La circolare in questione, invece, prendeva a riferimento la retribuzione oraria minima prevista per i lavoratori florovivaisti, passaggio da noi stigmatizzato nella lettera e su cui chiedevamo di intervenire. Tuttavia rimane fuori la contrattazione provinciale di cui si compone il salario in agricoltura. E, sempre secondo l’INPS, che lo ribadisce anche nel messaggio 2887, per i soli lavoratori del settore agricolo, si ravvede la possibilità di prestare attività lavorativa oltre le 4 ore giornaliere, ma lasciando alla libertà delle parti (datore di lavoro e percettore del voucher) la possibilità di fissare la misura del compenso successivo alle 4 ore, è evidente quale possa essere il potere “contrattuale” di una delle parti! Anche qui ci sembra un accanimento particolare nei confronti dei lavoratori agricoli.
Ritiene che queste nuove disposizioni, soprattutto in materia salariale, possano rappresentare un fattore di minaccia per la contrattazione collettiva?
Di fatto ci troviamo di fronte al tentativo di introdurre un salario minimo, bypassando il contratto. Oggi alle imprese viene offerta una incredibile occasione per abbattere i costi.
Avete sempre dichiarato la vostra contrarietà agli strumenti messi in campo per disciplinare il lavoro occasionale. Come pensate che debba essere gestito tale istituto? Ci sono altre strumenti normativi che possono essere messi in campo?
Per rimanere all’agricoltura, voglio ricordare che il settore offre l’opportunità di assumere anche per una sola giornata, per le sole ore necessarie a svolgere una determinata attività, secondo contratto e consentendo al lavoratore di ritrovarsi tutte le giornate in termini di previdenza e possibilità di accedere ai requisiti per la disoccupazione agricola. Quindi gli strumenti ci sono e c’erano, sarebbe stato sufficiente applicarli.
Non c’è il rischio che, in mancanza di strumenti specifici e adeguati, i datori di lavoro decidano di chiamare i lavoratori al nero, incrementando così l’occupazione irregolare, o di non avvalersi affatto di questa forza lavoro?
Questo è un po’ il tormentone che si ripeteva mentre facevamo la nostra campagna contro i voucher; ma voglio dire due cose. La prima è che i voucher non hanno arginato il lavoro nero; la seconda è che il lavoro nero è un reato, non è una alternativa più o meno legittima per aggirare norme, leggi e contratti. Chi ha una azienda piccola, media o grande ha tutti gli strumenti per assumere con regolarità i lavoratori. Se poi si vogliono avere alibi per sfruttare il lavoro è giusto chiamare le cose con il loro nome. Ma c’è di più i nuovi voucher, per rimanere al suo esempio, aumenteranno il lavoro nero perché daranno alle aziende che competono sul costo del lavoro e non sulla qualità una copertura formale in caso di controlli.
In concreto, dunque, come dovrebbe orientarsi l’azione normativa?
Sottolineando la totale contrarietà allo strumento dei voucher, vecchi e nuovi, torno a ripetere che per orientarsi basterebbe usare le possibilità offerte dal Ccnl e dai Cpl. Il lavoro agricolo è un lavoro stagionale, ha i suoi strumenti contrattuali che regolano questa peculiarità, nel rispetto dei diritti e dei contratti.
Tommaso Nutarelli