Alla crisi finanziaria del 2007-2008 è seguita una profonda crisi economica e successivamente una crisi occupazionale e sociale. Tale dinamica ha investito tutti i Paesi dell’Occidente. Se con riguardo alla crisi economica numerosi indicatori sembrano prospettare timidi segnali di uscita e dunque di ripresa, per quel che riguarda la crisi occupazionale i drammatici effetti si stanno ancora producendo e sono sotto gli occhi di tutti in termini di cassa integrazione, di chiusure d’imprese e di conseguente aumento della disoccupazione.
Il settore dei call center non è di certo estraneo a tali fenomeni epocali ma presenta particolarità e criticità tali che un sindacato maturo come la CISL intende segnalare e considerare.
Spesso, da una pubblicistica troppo superficiale, tale settore è stato considerato come la nuova forma delle vecchie catene di montaggio con lavoratori dequalificati e demotivati; in realtà una politica industriale lungimirante ed efficace, consentirebbe, anche a tale settore, uno sviluppo sano e la possibilità di esprimere al meglio le potenzialità inespresse in termini di contributo al prodotto interno lordo e di domanda di lavoro.
I dati attuali non vanno di certo in tale direzione. Una politica distratta, la mancanza di regole chiare ed efficaci hanno consentito, anche in tale settore operazioni di pura speculazione i cui costi ed effetti sono stati scaricati, come troppo spesso accade, sulle spalle dei lavoratori. Un dato su tutti: il fallimento del gruppo Omega proprietario di 12 Call Center in tutto il territorio nazionale (10.000 dipendenti) condannato da 3 tribunali fallimentari per insolvenza nei confronti dei propri dipendenti , Inps e Fisco.
L’impegno della CISL è quello di contribuire a creare le condizioni affinché le tante aziende serie presenti in tale settore vengano messe in condizioni di distinguersi, di svilupparsi, predisponendo le condizioni ideali per fare emergere le professionalità dei lavoratori che garantiscono quotidianamente il successo di tali imprese.
Anche nel settore dei call center è bene che si riaffermi il principio delle regole e del rispetto delle stesse: il mercato non è, e non può essere, un far west ma è il luogo in cui gli operatori economici si confrontano all’interno, però, di un quadro regolatorio chiaro e che abbia ben presente la tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori.
Coerentemente a tale premessa, bisogna predisporre paletti volti a far sì che la rincorsa spasmodica all’acquisizione di commesse, spesso a prezzi insostenibili per le imprese di servizio, non si traduca in una politica aziendale che imponga flessibilità estreme (spesso contra legem) e condizioni di lavoro lesive della dignità dei lavoratori. Il tutto per colmare il gap economico costituito da commesse acquisite a prezzi irrisori.
Dobbiamo evitare che le aziende committenti violino di fatto le norme previste nei diversi settori a tutela dei lavoratori “scaricando” il compito alle aziende di servizio nella convinzione che per quest’ultime sarà possibile porre in essere quelle “cosiddette flessibilità” che si concretizzano in condizioni lavorative e retributive inaccettabili per i lavoratori interessati. La CISL intende battersi affinché si riduca sempre più quel divario in termini di tutele e di possibilità di sviluppo tra lavoratori considerati di serie A(beneficiari di una determinata normativa) e tutti gli altri.
In termini propositivi, introdurre la regola di gare di appalto di commesse che non possano essere fatte con ribassi che vadano al di sotto dei costi postazione lavoro; definire quale sia il costo orario reale di un posto stabilizzato ed obbligare le aziende a non scendere al di sotto di tale soglia, evitando il dumping tra aziende ed obbligando le stesse a confrontarsi sul terreno dei servizi offerti in termini di qualità del servizio offerto.
E’ indispensabile agire sulla leva di efficaci politiche formative.
La vera differenziazione su cui si dovranno caratterizzare le aziende sarà il Know How dei propri dipendenti e questo lo si ottiene formando seriamente le persone e credendo nella crescita professionale dei propri dipendenti come leva di eccellenza.
Ottenere sempre più finanziamenti per la formazione ma al contempo pretendere che poi le risorse economiche siano effettivamente usati per formare i lavoratori.
E’ improrogabile l’elaborazione di forme di politiche attive per il lavoro nei periodi di crisi, senza però dimenticare che l’obiettivo deve essere quello di rivitalizzare il settore con interventi strutturali a lungo termine.
Lo sviluppo del settore necessita di interventi puntuali e duraturi nel tempo dal punto di vista economico (ad esempio l’abbassamento dell’IRAP o forme di incentivi fiscali all’occupazione e alla occupabilità) che consenta alle aziende una costruzione di un piano industriale graduale ed efficace, non improvvisato all’occorrenza come succede purtroppo attualmente.
Da quanto illustrato appare chiara la necessità di aprire un confronto con il Governo e le Associazioni dell’impiego per il settore Call Center per affrontare le seguenti macrotematiche:
o Regole chiare per Committenti pubblici e privati ed Aziende di Servizio
o Controlli ispettivi per rispetto delle regole
o Codice etico per le committenti
o Interventi economici puntuali e duraturi
o Ammortizzatori sociali nel settore
o Sovvenzioni economiche per formazione professionale
o Ripristino dell’Osservatorio Nazionale
La CISL ha ben chiare le potenzialità di sviluppo e occupazionali del settore. Coerente con la tradizione confederale ritiene che un’efficace iniziativa riformatrice non possa che partire da un’analisi attenta della realtà esistente e su tale base s’impegnerà affinché la soluzione delle criticità esistenti, nel rispetto di principi fondamentali quale quello della Responsabilità Sociale d’Impresa, possano concretizzarsi in un’ulteriore occasione di sviluppo economico e di lavoro.