Ci sono voluti otto mesi di confronto, ma alla fine il nuovo modello contrattuale per l’artigianato e’ arrivato al traguardo. L’accordo firmato oggi dalle organizzazioni delle imprese e le tre confederazioni sindacali rappresenta una rivoluzione culturale profonda, fin nella stessa accezione del termine ‘’artigianato’’. Contiene alcune conferme importanti, come la bilateralità, ma anche novità sostanziali come l’introduzione della contrattazione aziendale e la riduzione drastica del numero dei comparti contrattuali. Quanto al salario, si archivia definitivamente l’Ipca, e si lascia aperto l’orizzonte alle decisioni che verranno prese volta per volta, a seconda dell’andamento del quadro economico. Sfide notevoli, come spiega al Diario del lavoro Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato.
Fumagalli, partiamo dalla soluzione individuata per gli aumenti contrattuali. Siete rimasti fermi mesi a ragionare su come sostituire l’Ipca, e alla fine avete rinunciato a definire un indicatore. Perche’?
Impiccarsi all’Ipca non aveva più senso: lo stesso sindacato si e’ reso conto che in molte occasioni ci saremmo trovati in terreno negativo. In altre parole, gli aumenti salariali non ci sarebbero stati affatto, anzi. Quindi abbiamo deciso di tornare a valutazioni reali, da decidere di volta in volta, valutando il quadro economico al momento di affrontare i vari rinnovi contrattuali.
E’ l’archiviazione definitiva non solo dell’Ipca, ma dello stesso modello del 1993. Non c’e’ il rischio che a ogni contratto si apra un contenzioso per decidere su quali basi definire gli aumenti?
Il contenzioso si apre sempre quando si fa contrattazione: e’ nella natura stessa del confronto.
Quanto all’accordo del 93, ha svolto un ruolo quando si trattava di ridurre l’inflazione. Dal 2008 in poi però e’ cambiato tutto, con gli automatismi si sono fatti molti danni. Pensi solo a quanta disoccupazione si e’ causata, non potendo toccare i salari nominali. Il salario variabile indipendente non funziona più, e in qualche caso, sarebbe stato preferibile ridurre gli stipendi piuttosto che perdere posti di lavoro. Strada che si e’ per esempio seguita in Germania, salvando molta occupazione.
L’accordo prevede l’introduzione della contrattazione aziendale per le imprese artigiane: una bella novità per un settore che, fin qui, ha conosciuto solo quella territoriale. Piacerà ai vostri associati?
Il rafforzamento del secondo livello rappresenta per noi una grossa sfida: la contrattazione aziendale in questo settore e’ un terreno inesplorato. Ma la sola dimensione territoriale non era pi sufficiente a rappresentare il nostro mondo così variegato. Inoltre, la scala regionale era in alcuni casi troppo vasta, penso alla Lombardia, Veneto, Piemonte. Con l’ accordo scenderemo quindi dal livello regionale, provinciale, e, giù per li rami, fino alla contrattazione in azienda. Certamente dovremo attrezzarci, per accompagnare le nostre imprese in questa nuova esperienza. Ma ritengo verrà accettata e capita dai nostri associati.
Non e’ l’unica rivoluzione: c’e’ anche il taglio dei comparti contrattuali, da 9 a 4 soltanto.
Molti anni fa siamo scesi da 17 a 9 comparti, e non fu semplice. Oggi si e’ fatto un ulteriore passo avanti, riducendoli a quattro. Sappiamo che incontreremo qualche resistenza:c’e’ da fare i conti con un pezzo di ‘’burocrazia’’ interna che salta, con l’apparato delle categorie, e questo vale per i sindacati come per le imprese. Ma sappiamo anche che non ha più senso inseguire le vecchie differenze merceologiche: il mondo e’ cambiato. E comunque sara’ un processo che richiederà il suo tempo: non e’ prevista una ‘’ora X’’ in cui scatta il taglio.
Veniamo all’innovazione più profonda di tutte: nell’accordo, il concetto di ‘’artigianato’’ lascia il posto a quello di ‘’piccole imprese’’.
E’ questo il punto maggiormente qualificante per noi, e le nostre controparti ne sono coscienti. E’ così: non si parla di artigianato ma di imprese “a valore artigiano” superando steccati vecchi di decenni. Il nostro riferimento, oggi, e’ l’insieme unitario che sta sul mercato. Questa e’ una maturazione importante per il settore.
Si può definirla una rivoluzione culturale?
Non avrei osato ricorrere a questo termine, ma sì, in sostanza e’ così. C’e’, in questa rivoluzione, uno sguardo lungo da parte di tutti, imprese e sindacati, il riconoscimento culturale di un mondo che oggi tiene insieme le antiche tradizione del ‘’fare’’ con le nuove tecnologie. Il valore artigiano oggi e’ questo, e l’accordo lo sottolinea, lo riconosce. Per contro, c’e’ anche il riconoscimento di una nostra lunga e antica tradizione, quella della bilateralità: siamo stati il primo settore, trent’anni fa, ad avere il fondo di solidarietà bilaterale, e oggi siamo l’unico che, rafforzando gli strumenti esistenti, oggi ha un sistema di ammortizzatori sociali col fondo bilaterale.
Con il vostro accordo, che segue quello con Confapi e che precede quello che si firmerà domani con Confcommercio, il quadro delle nuove relazioni industriali ha preso decisamente forma. Questo ‘’triplete’’ può essere letto anche come una sorta di pressing su Confindustria, l’unica che non ha ancora portato a compimento un nuovo modello contrattuale?
Non vedo alcun rapporto. Quando a marzo abbiamo avviato il confronto con Cgil, Cisl e Uil, abbiamo messo subito in chiaro una cosa: non intendevamo essere legati all’andamento di altri tavoli. Credo che non si possa stare tutta la vita in surplace ad attendere cosa fanno gli altri: non siamo in una gara ciclistica dove il primo parte, e il secondo gli prende le misure. Noi abbiamo lavorato a lungo, e abbiamo firmato l’accordo quando siamo stati convinti di aver raggiunto una intesa utile per le nostre imprese.
Mi dica, in due parole, come definirebbe questo accordo.
E’ un accordo che scommette sulla ripresa. E quindi, che Dio ce la mandi buona: speriamo che la situazione economica migliori o saranno guai per tutti.
Nunzia Penelope