Anche il settore delle telecomunicazioni, a differenza di quanto si potrebbe pensare, ha risentito della crisi economica nazionale, e non meno di quanto l’abbiano avvertita settori meno all’avanguardia nell’era digitale. È quanto emerso dal Forum sullo stato della filiera delle telecomunicazioni in Italia, promosso da Asstel e svoltosi ieri a Palazzo Rospigliosi a Roma.
I dati raccolti nel Rapporto 2014 curato dall’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, presentato durante il forum, infatti, parlano chiaro: nel corso di sei anni il fatturato del settore ha perso quasi 9 miliardi di euro (-17%), passando da 53,6 miliardi del 2008 ai 44,7 miliardi del 2013, anno in cui l’intero settore ha chiuso con una contrazione dei ricavi del 7% e un calo dell’occupazione del 2%.
Di contro però, ha rivelato il rapporto, dal 2012 è aumentata la quota di investimenti del settore sul totale degli investimenti delle imprese in Italia (passata dal 5% del 2011 al 6% del 2013), e nel 2013 c’è stata una crescita pari al 23% per gli smartphone e al 26% per i tablet, che ha favorito ai fornitori di terminali un aumento dei ricavi del 12%.
Sulla base di questo scenario si è aperto dunque un dibattito, fra i rappresentanti dei vertici Asstel, delle aziende associate, dei sindacati di categoria e alcuni rappresentanti politici, il cui leitmotiv può essere individuato nell’espressione “gap culturale”.
Andrea Rangone, professore e coautore del rapporto del Politecnico, l’ha usata in riferimento alla disparità esistente fra copertura (offerta) e penetrazione (domanda) nazionale della banda larga fissa: a fronte del 99% della copertura, solo il 23% degli italiani ne fa uso, contro una media europea del 30% (26% in Spagna, 34% nel Regno Unito, 35% in Germania e 38% in Francia).
Tema, quello del service adoption, condiviso e approfondito da Alberto Calcagno, amministratore delegato Fastweb, il quale ha offerto ulteriori dati: più di un terzo gli italiani non hanno mai usato Internet e solo il 15% dei giovani usufruisce di una formazione tecnologica seria. Situazione che, ha precisato l’ad, la dice lunga sulla necessità di investire in educazione e formazione digitale.
Anche Massimo Cestaro, segretario generale Slc Cgil ha utilizzato il termine gap, stavolta in riferimento alla discordanza fra l’alta domanda, proveniente dalle imprese, di giovani tecnologicamente ben formati e l’offerta, costituita da molti di questi giovani che però non riescono a incontrare lavoro. Un problema ricondotto dal sindacalista a diversi fattori, come l’allungamento dei requisiti per il pensionamento o il contemporaneo abbreviarsi dei tempi degli ammortizzatori sociali, che concorrono a generare il noto blocco del turn-over.
Problema che, secondo Cestaio, andrebbe affrontato passando da una politica di welfare difensivo ad una di welfare espansivo, mentre per Marco Patuano, amministratore delegato Telecom Italia, potrebbe essere risolto facendo leva sui contratti di solidarietà. Se questi infatti, ha spiegato Patuano, sono stati finora utilizzati al fine di “riqualificare migliaia di lavoratori di comparti in crisi verso attività sostenibili nel lungo periodo”, ora è tempo che siano utilizzati in maniera intergenerazionale, qualificando i giovani ma senza ridurre, al tempo stesso, il bacino esistente di lavoratori. La formazione poi, ha aggiunto l’ad, non può più essere generalizzata, ma deve diventare mirata ai singoli e, in questa delicata fase, “i sindacati saranno ancora una volta fondamentali”.
Gli altri due rappresentanti sindacali presenti al forum, Vito Vitale e Salvatore Ugliarolo, segretari generali rispettivamente di Fistel Cisl e Uilcom Uil, hanno richiamato l’attenzione sull’importanza che il governo dovrebbe porre a quella famosa concertazione, che sembra ormai essere passata di moda, facendo presente come le virtuose relazioni industriali, celebrate da tutti gli interventi svoltisi durante il forum, siano una base solida per avviare quel fondamentale dialogo fra governo, aziende e sindacati stessi.
Luigi Bobba, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha elencato una serie di provvedimenti sui quali il governo si sta concentrando e di cui potrebbe agevolare anche questo settore così decisivo per lo sviluppo dell’intero paese: il programma Garanzia Giovani, il decreto Carrozza e quello Sblocca Italia. Tramite quest’ultimo, ha precisato il sottosegretario, si cercherà di permettere di utilizzare le risorse inutilizzate dei bonus messi a disposizione tramite il decreto Giovannini (pari al 60% del totale), incentivando formule come la staffetta generazionale, il part-time in entrata o in uscita e il passaggio da forme di contratto a tempo determinato a indeterminato.
Ma, come il presidente di Vodafone Italia, Pietro Guindani, ha fatto notare, uno dei maggiori limiti all’espansione degli investimenti nel settore risulta essere l’inadeguatezza del processo normativo, troppo lento e macchinoso. Insomma, le premesse per proseguire sulla scia di buone e “virtuose” relazioni industriali sembrano esserci. Ciò che anche il settore delle telecomunicazioni, come tutti, dovrà attendere per vedere in che modo far fruttare queste premesse, è la riforma del lavoro in atto.
Fabiana Palombo