La digitalizzazione cambierà il mondo del lavoro, in profondità. Altrettanto profonda deve essere la risposta delle relazioni industriali che devono cambiare cercando immediatezza, efficienza e soprattutto chiarezza. Deve cambiare cultura di impresa e cultura sindacale. Altrimenti dovremo rinunciare al nostro sistema produttivo, almeno come l’abbiamo conosciuto. Massimo Forbicini, responsabile delle relazioni industriali di Vodafone, detta una terapia dura ma adeguata alle sfide che ci attendono.
Forbicini come saranno le relazioni industriali del futuro?
Dipende da molti fattori. Per capire cosa ci attende dobbiamo per prima cosa verificare come faremo evolvere il rapporto tra azienda e lavoratori, avendo come obiettivo il lavoro.
Cambierà questo rapporto?
Non può essere altrimenti, perché la digitalizzazione porrà seri interrogativi, su quali mestieri spariranno, quali invece rimarranno. In questo scenario servirà una severa contrattazione di anticipo, dovremo contrattare le soluzioni, i possibili cambiamenti necessari per affrontare le possibili criticità e trasformarle in altrettanti opportunità.
Non sarà facilissimo.
No, perché azienda e sindacati devono imparare a muoversi fuori dai paradigmi tradizionali. L’azienda deve essere chiara nel disegnare i possibili scenari, il sindacato deve essere disposto a uscire dalla realtà della difesa tradizionale dei diritti. Se questo accade, se siamo in grado tutti di affrontare con coraggio queste prove, le relazioni industriali possono ancora essere un forte motore di cambiamento.
I cambiamenti saranno profondi?
E’ sempre stato così. Se pensiamo a cosa è successo con il boom degli anni 60 o con la rivoluzione tecnologica degli anni 80, la contrattazione ha sempre portato forti cambiamenti in termini di propositività, di trasformazioni, modifiche sostanziali del sistema produttivo e dell’economia nel suo insieme.
Ci siamo riusciti allora, ci dovremmo riuscire anche adesso.
Le sfide sono le stesse, o dello stesso tenore, ma sono cambiati gli attori. Per questo la cultura d’impresa e la cultura sindacale devono innovarsi profondamente, deve svilupparsi un dialogo tra le parti sociali al passo con i tempi che stanno maturando, più semplice, meno tattico. Dobbiamo imparare a ragionare non pensando alla tattica, ma alla strategia sindacale, per costruire assieme un modello vincente.
Come dovrà essere questo modello?
Dovrà avere tre caratteristiche fondamentali. L’immediatezza, perché dovrà essere un modello di confronto senza filtri, una chiara esposizione da parte dell’azienda dei problemi, delle esigenze emergenti, e da parte del sindacato delle difficoltà, o delle proposte, ma sempre nell’ambito di un confronto chiaro e trasparente.
Ancora?
La contrattazione dovrà essere efficiente nelle risposte e rapida nei tempi. Non servono più le vecchie liturgie, alle quali pure tutti sono affezionati. Le trattative per tutta la notte hanno un segno romantico, ma devono sparire, come il fatto di protrarre i negoziati per mesi e mesi. I problemi devono essere affrontati e risolti in tempi ragionevolmente utili, anche perché la tecnologia non aspetta nessuno e un accordo può arrivare anche quando è ormai superato. Quindi interventi fuori dai tatticismi, evitando quel modo di trattare basato spesso sulla continua provocazione, perseguito dalle due parti, che aveva solo il risultato di appesantire inutilmente il confronto.
La terza caratteristica di questo modello?
Ogni accordo dovrà essere facilmente interpretabile, non deve poter essere strumentalizzato, deve essere chiaro l’obiettivo, cosa stai scrivendo. Tanto più oggi in tempo di social network, nel quale qualsiasi cosa tu scrivi in un accordo sarà oggetto di attacchi virali, appunto sui social network. Tutto deve essere molto chiaro, le zone grigie non servono più, un’intesa pasticciata può essere letale.
Una trasformazione profonda, nella sostanza, ma anche nella sua forma.
Assolutamente, dobbiamo fare un salto di paradigma, da uno basato sulla logica politica a uno basato invece su soluzioni tecniche sostenibili. Dobbiamo lavorare sul concetto di occupazione sostenibile, perché se il mondo cambierà con la digitalizzazione, è necessario che le professionalità siano in grado di interagire tra loro e con l’ambiente in cui si muovono.
Che accade se questa trasformazione non avviene?
Quello che è avvenuto in tutte le rivoluzioni industriali, si perde valore industriale, produzione e occupazione.
La posta in gioco è alta.
Altissima.
Ma i soggetti sindacali, aziende e sindacati, sono in grado di compiere questa trasformazione?
Oggi siamo di fronte a questa scommessa, importante per tutti, aziende, sindacati, lavoratori. E’ fondamentale che ciascuno sappia giocare la sua parte, i risultati sono legati proprio a quanto ciascuno sarà disposto a impegnarsi.
Ma lei pensa che saranno capaci di farlo?
Ma sì, perché la partita è talmente importante che non offre alternative. Rinunciare significherebbe rinunciare al nostro sistema produttivo.
Un prezzo altissimo da pagare.
E durerebbe nel tempo con conseguenze gravi, che vedremo sul campo, ma molto gravi. Del resto la tecnologia non ha anima, prescinde da tutti, non aspetta nessuno.
Massimo Mascini