Una riforma fiscale che sostenga il lavoro dipendente e i pensionati, un rafforzamento delle politiche attive del lavoro, vero punto debole del jobs act, un sistema contrattuale che consenta l’aumento dei salari, e, infine, uno sbarramento deciso nei confronti del salario minimo legale. Questi, in estrema sintesi, i cardini del ‘’manifesto’’ che la Cisl ha presentato questa mattina, in vista delle prossime elezioni di marzo, nel corso di una affollatissima assemblea aperta alla stampa, presso l’auditorium di Via Rieti a Roma, aperta dalla leader della confederazione Anna Maria Furlan.
FISCO
Sul fisco, la Cisl rilancia la sua proposta di riforma fiscale (depositata nel 2015 sotto forma di proposta di legge di iniziativa popolare) “per dare una risposta a una situazione di crisi così intensa dove i disoccupati, i giovani senza lavoro, i nuovi poveri non possono attendere i tempi della politica”. La proposta e’ di un bonus da 1.000 euro per tutti i lavoratori e i pensionati con un reddito fino a 40mila euro annui (che riassorba il precedente bonus 80 euro) per dare un sostegno concreto al reddito, rilanciare i consumi e quindi l`economia. Il costo della proposta è di circa 29 miliardi (al netto del bonus 80 euro, che vale circa 9 miliardi di euro). Inoltre, si chiede un maggiore e più equo sostegno alle famiglie attraverso l`introduzione di un Nuovo assegno familiare (Naf), l`introduzione di un`imposta sulla grande ricchezza, per compensare, a favore dei redditi medio bassi, la sperequazione nella sua distribuzione, prevedendo una tassazione crescente sul patrimonio mobiliare e immobiliare ad esclusione dell`immobile di abitazione e dei titoli di Stato. La stima del gettito aggiuntivo è di circa 7,7 miliardi di euro.
Per la Cisl e’ necessario intervenire profondamente sull`Irpef, riducendo la tassazione attraverso una revisione delle aliquote e un ridisegno del sistema di deduzioni e detrazioni che determini un contenimento della progressività, in particolare nella fascia media. Da valutare positivamente anche un ampliamento della no tax area, accompagnato a interventi che contemporaneamente non incrementino la quota già rilevante di incapienti (prevedendo, per esempio, la restituzione delle detrazioni).
LAVORO
Sulle politiche attive del lavoro, la Cisl osserva che ‘’costituiscono la maggiore carenza” nel quadro del Jobs act. Secondo la confederazione di via Po, dunque, va messo a regime l`assegno di ricollocazione, armonizzandolo con le misure regionali, vanno potenziati i centri per l`impiego, ridisegnata Garanzia Giovani, riqualificato il collocamento mirato per i lavoratori disabili, e messi in campo, infine, strumenti adeguati per gestire le crisi aziendali. In questo quadro, si richiede anche la ‘’revisione’’’ del ruolo dell`Anpal”.
La Cisl ritiene che ogni lavoratore debba “poter godere di misure di sostegno personalizzate e rigenerabili nella vita lavorativa per le transizioni: politiche attive leggere alla fine di un rapporto a tempo, voucher formativi o per la conciliazione vita-lavoro, bilanci di competenze per tutti gli over 45, strumenti di tutoraggio e accompagnamento, soprattutto per le disabilità”. Il sindacato guidato da Furlan aggiunge che “si debba puntare su un grande investimento in servizi di orientamento, istruzione, formazione continua”.
Occorre, pertanto, un “programma straordinario” di aumento delle risorse, l`allargamento della platea di lavoratori coinvolta, la generalizzazione del credito d`imposta per formare nuove competenze, regole certe e agili per lo sviluppo dei fondi interprofessionali, garanzie per i lavoratori (in particolare se a bassa professionalità o non più giovani) di accedere a una formazione giusta e adeguata, una riforma del diritto allo studio e delle 150 ore, che sostenga l`elevazione delle competenze digitali, linguistiche e trasversali. Inoltre, “va affrontato il tema di un sistema universitario che, nonostante l`ottimo livello dei docenti, produce una tra le più basse quote di laureati in Europa”. Va quindi potenziato l`orientamento universitario per indirizzare i giovani verso corsi di laurea con sbocchi occupazionali, moltiplicato il numero degli studenti in Its o formazione terziaria.
CONTRATTI E SALARIO MINIMO
Quanto al capitolo contratti, la Cisl sottolinea che “il ruolo della contrattazione per tutelare lavoro e salari deve crescere ed essere valorizzato”, soprattutto a fronte della grande trasformazione del lavoro in corso, divaricato tra la digitalizzazione e robotizzazione da un lato, e l’economia dei ‘’lavoretti’’ a basso contenuto dall’altro. Secondo la Cisl “si tratta di sfide non semplici da affrontare, ma non siamo di fronte alla fine del lavoro. Anzi, i tassi di occupazione sono cresciuti negli ultimi 20 anni nella maggior parte dei Paesi avanzati”. Tuttavia, “il lavoro si presenta e viene offerto in forme sempre meno simili a quelle del Novecento, sempre più in modo discontinuo o parziale. Occorrono dunque “misure di compensazione”, volte a garantire a chi effettua prestazioni povere soluzioni di irrobustimento reddituale e di politica attiva mirata, contrastando, nel contempo, e in modo nuovo ed efficace, il lavoro irregolare e le forme di lavoro sottopagate.
Altrettanto indispensabile e’, per il sindacato guidato da Annamaria Furlan, intervenire sul costo del lavoro stabile, con “un programma di intervento sul cuneo fiscale legato al lavoro, finalizzato a rendere più competitivo e leggero il lavoro stabile, portando le imprese a scommettere maggiormente sullo stesso e finalizzando eventuali extra costi del lavoro a termine verso misure di sostegno e di occupabilità per i lavoratori a termine”
Infine, un no deciso al salario minimo per legge, che “rischierebbe di impoverire una quota importante di lavoratori, soprattutto nei settori a basso valore aggiunto, finendo per sostituirsi ai contratti nazionali, che ormai, in larga misura, oltre al salario garantiscono coperture previdenziali e sanitarie”. Via libera, invece, alla guerra contro la “proliferazione contrattuale” e il dumping, “due malattie della contrattazione collettiva che vanno curate con regole che certifichino la rappresentatività delle parti abilitate a definire salari e trattamenti contrattuali”. Un fenomeno abnorme che va rimosso, “stabilendo regole generali di rappresentatività delle associazioni datoriali, dopo quelle relative alle organizzazioni sindacali”. Quindi, invece di esercitarsi su ipotetici e dannosi salari minimi legali, mettere in campo “un intervento che dia valore ai minimi salariali contrattuali stipulati da parti rappresentative, evitando forzature sui perimetri contrattuali che portano sempre di più le imprese a cambiare contratti per pura convenienza e in dumping. In tal modo nessun lavoratore dovrà restare senza copertura della contrattazione collettiva”.
NP