Le recenti vicende del colosso dei voli low-cost Ryanair, che si è trovata costretta a cancellare circa 700 voli a causa di un’errata gestione delle ferie del personale e di una carenza di piloti, hanno portato all’attenzione pubblica le rigide politiche aziendali della compagnia irlandese e soprattutto il rifiuto verso ogni tipo di confronto con le realtà locali, atteggiamento destinato a cambiare con la recente sentenza della Corte di Giustizia europea. Il Diario del Lavoro ha intervistato Emiliano Fiorentino, segretario nazionale della Fit-Cisl, per fare il punto sulla situazione dei lavoratori della compagnia irlandese e sul futuro italiano di Ryanair.
Fiorentino, qual è la situazione di Ryanair attualmente?
Dalla stampa e dalle dichiarazioni dell’amministratore delegato abbiamo appreso che la cancellazione dei voli da parte della compagnia irlandese sia stata causata principalmente da una gestione caotica delle ferie del personale di volo e in particolar modo dei piloti, ma a nostro avviso in Ryanair coesistono anche altre problematiche. Fermo restando che il diritto ai giorni di ferie è inalienabile e per legge esigibile durante tutto l’arco dell’anno, la vicenda Ryanair non si limita a questo: vi è anche un problema di “saturazione” del personale di volo, che già ad ottobre si trova al limite delle ore di volo consentite per legge e pertanto obbligato a prendersi giorni di ferie o comunque a fermarsi. Inoltre dalla stampa apprendiamo anche della consistente fuoriuscita dei piloti dall’inizio dell’anno, fuoriuscita causata in particolar modo dall’offerta di condizioni migliori rispetto a Ryanair, che a livello di stipendi e garanzie in termini di diritti sicuramente non è la prima azienda in classifica. Sommando tutte queste cause si è andata a creare un’esigenza di personale impossibile da coprire con le attuali risorse, ma che ha messo in difficoltà l’utenza così come tutti i lavoratori all’interno dell’azienda.
Ryanair ha già un passato burrascoso con i sindacati e con la tutela dei diritti dei lavoratori
La Fit-Cisl da tempo segue il percorso di sviluppo e di crescita della compagnia irlandese con viva attenzione, ma anche con molte difficoltà: si tratta infatti di un’azienda che non rispecchia i canoni delle altre realtà del settore, anche low-cost. Ryanair offre retribuzioni nettamente sotto la soglia dell’attuale contratto in vigore, ma anche forme contrattuali decisamente diseguali in termini di tutele, in cui molti diritti relativi ad esempio alla sicurezza sul lavoro, così come alla retribuzione della malattia e al diritto alla maternità non sono rispettati. Ci sono poi molti altri punti critici che non abbiamo potuto discutere direttamente con l’azienda: nel 2004 abbiamo infatti iniziato un percorso di denuncia delle condizioni lavorative in Ryanair, a partire dal mancato versamento dei contributi previdenziali per i dipendenti assunti in Italia. Il percorso di denuncia si è tradotto, nel 2016, in una serie di vertenze relative proprio la non applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza e tutela di maternità e paternità, vertenze che sono sfociate in due azioni di sciopero, intraprese a fronte della mancata presentazione in sede ministeriale dei delegati aziendali, i quali fecero pervenire una lettera in cui la compagnia irlandese dichiarava di non riconoscere la legge e il diritto italiani e pertanto rifiutava un qualsiasi confronto o negoziazione in sede istituzionale con qualsiasi sindacato. Gli stessi scioperi indetti dalla Fit-Cisl non sono stati pertanto riconosciuti come legittimi. Questa linea di azione di Ryanair non è stata intrapresa però soltanto nei confronti dei rappresentanti dei lavoratori italiani, ma è una condotta che ha interessato tutti i sindacati dei paesi europei in cui la compagnia irlandese opera.
Questa condotta però sembra essere arrivata al limite massimo, viste le reazioni stesse dei lavoratori interessati.
Sono anni che i dipendenti subiscono un atteggiamento poco premiante da parte dell’azienda, in cui viene richiesta una mole di lavoro non indifferente ma al contempo non viene riconosciuto il valore del lavoratore stesso. Ciò ha portato molto probabilmente alla percezione, da parte dei dipendenti, di essere lavoratori “di serie B” o comunque poco tutelati rispetto ad altre realtà. In una situazione delicata come quella attuale, dove a causa di un disservizio importante c’è un’attenzione maggiore da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica, anche il personale più timoroso ha deciso di non riprendere il servizio, nonostante gli incentivi proposti, nello specifico 12mila euro lordi offerti ai piloti per rinunciare alle proprie ferie. I lavoratori hanno preferito usufruire dei propri diritti, in modo da spostare l’attenzione su condizioni lavorative e contrattuali più vantaggiose.
Si potrebbe prospettare uno sciopero a livello europeo?
La situazione attualmente è ancora in divenire e per ora noi ci stiamo occupando dei lavoratori italiani, ovvero quelli che operano nelle 10-11 basi che Ryanair ha in Italia e sulle quali anche in questo caso c’è una disputa rispetto alla legittimità della base italiana per siglare un contratto locale e non quello irlandese fino ad ora applicato. Con la recente sentenza della Corte di Giustizia europea, che prevede la possibilità per un dipendente Ryanair di fare ricorso a un giudice competente presso la base dove svolge la propria attività, in qualsiasi paese dell’Unione europea, la situazione subirà sicuramente un cambiamento radicale e noi come sindacato ci stiamo impegnando a tutela delle centinaia di lavoratori che operano sul territorio italiano. Ovviamente nelle altre basi, come in Ryanair stessa, la sentenza avrà le sue ripercussioni, per cui anche a livello europeo i sindacati intraprenderanno dei percorsi per garantire maggiori tutele, in precedenza di difficile applicazione, per i lavoratori della compagnia di volo irlandese.
Con la sentenza della Corte di Giustizia europea, lo scenario sembra destinato a cambiare drasticamente.
Sicuramente lo scenario cambierà: si sta andando incontro alla possibilità, se non all’obbligo, di stipulare contratti non più soltanto vincolati al diritto irlandese, ma contratti di tipo locale, riferiti appunto al luogo in cui si opera. Ma nello scenario delle low-cost non c’è solo Ryanair, una realtà molto importante e prima compagnia in Italia per trasporto dei passeggeri. Infatti altre compagnie di volo, come Easy Jet, hanno un contratto di lavoro locale applicato ai dipendenti che lavorano nelle basi italiane. L’esempio più recente è quello della Norwegian Airlines, una nuova compagnia low-fare con la quale, la scorsa settimana, è stato siglato un contratto di lavoro sottoscritto con le organizzazioni sindacali italiane. Le buone prassi, per le compagnie low-cost e non, ci sono e sono largamente applicate. Ora anche Ryanair deve adeguarsi.
La vicenda Ryanair come influirà sul “mercato del cielo”, compresa Alitalia?
Per ora le informazioni che abbiamo non sono ancora molte. In merito ad Alitalia in particolare, si vociferava una possibile offerta di acquisizione, in parte o nel totale, proprio da parte di Ryanair, ma un’acquisizione da parte di una compagnia che ha linee di condotta e politiche aziendali così rigide e restie al confronto con le parti sociali spaventa tutti gli attori in gioco: significherebbe buttare all’aria trent’anni di conquiste sindacali. Per ora stiamo concentrando la nostra attenzione sui prossimi passi di Ryanair, a partire dalla futura convocazione all’Enac. È stata inoltre aperta un’indagine da parte dell’Antitrust, per pratiche commerciali scorrette, pertanto a breve avremo un quadro completo della situazione per strutturare un percorso nei confronti dell’azienda e dei lavoratori. A nostro avviso, aldilà delle recente cancellazione dei voli e della tutela dell’utenza coinvolta, per Ryanair attualmente un confronto con i rappresentanti dei lavoratori non è più rimandabile, se vuole continuare ad operare in Italia in maniera così importante come ha fatto fino ad ora.
Giorgia Cassiero