La Fim ha presentato oggi, a Torino, il suo ormai consueto rapporto semestrale sull’attività produttiva del gruppo Stellantis in Italia. Una presentazione che ha offerto al sindacato dei metalmeccanici Cisl l’occasione per fare il punto anche su uno dei principali temi del dibattito sulla politica industriale relativa al nostro Paese: cosa sta accadendo all’industria dell’auto, e cosa dovrebbe fare il Governo per assicurare un futuro, migliore e non peggiore, a questo comparto decisivo della nostra industria manifatturiera.
Il discorso svolto da Ferdinando Uliano, il segretario nazionale Fim-Cisl responsabile per il settore auto, nella storica sede torinese di via Madama Cristina, ha dunque avuto idealmente due interlocutori privilegiati: da una parte il gruppo Stellantis, col suo Ceo Carlos Tavares, e dall’altra il Governo italiano, col ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
Ma cominciamo dal principio, ovvero dall’analisi della situazione produttiva degli stabilimenti Stellantis attivi nel nostro Paese. Analisi da cui, come vedremo, derivano i messaggi indirizzati ai due interlocutori citati.
Diciamo subito che il periodo preso in esame dall’indagine Fim è quello del primo semestre del corrente anno. Ebbene, Uliano ha dichiarato che “i dati della produzione nei primi sei mesi del 2023 sono in miglioramento rispetto al 2022, confermando l’inversione di tendenza già riscontrata nel primo trimestre” dello stesso 2023.
Per comprendere bene il senso di queste semplici parole, bisogna sapere che, come riportato in calce all’indagine, il 2022 è stato un anno piuttosto negativo per Stellantis in Italia. Mentre infatti nel primo semestre 2021 si era verificata una ripresa significativa rispetto al crollo avutosi nel 2020, l’anno dei lockdown, con un passaggio da un totale di 254.992 autoveicoli prodotti nel nostro Paese a un totale di 407.666, nel 2022 questa cifra era nuovamente scesa fino a 351.890 autoveicoli.
Ebbene, nel primo semestre 2023 la produzione realizzata da Stellantis Italia è risalita a un totale di 405.870 autoveicoli: +15,3% rispetto al 2022, ma ancora qualcosa in meno (circa 2.000 autoveicoli) rispetto al 2021.
Da notare, poi, che la produzione delle sole autovetture è cresciuta, sempre paragonando il primo semestre 2023 all’analogo periodo del 2022, di un 16,9% (291.110 auto contro 248.990), mentre la produzione di veicoli commerciali è cresciuta “solo” dell’11,5% (114.760 contro 102.900).
Un dato, questo relativo ai veicoli commerciali, che è a prima vista più modesto rispetto a quello delle autovetture. Ma questa minore percentuale di crescita verificatasi nell’insieme del primo semestre 2023 non deve trarre in inganno. Infatti, la sua accelerazione relativa è maggiore. E ciò perché mentre nel primo trimestre 2023 si era verificata una caduta di 6.000 veicoli commerciali in meno rispetto all’analogo periodo del 2022, nel secondo trimestre si è avuta una crescita che ha portato il totale a +11.860 nell’intero primo semestre.
Ricorrendo ancora alle parole di Uliano, si può quindi dire che, in questa prima metà del 2023, la situazione di Stellantis Italia “sta migliorando sul lato produttivo”. Ciò, in particolare, perché “sono in forte riduzione i problemi derivanti dalla mancanza di materiali che hanno caratterizzato i precedenti due anni”.
Sempre secondo Uliano, bisogna però tenere conto del fatto che, rispetto al 2019, ovvero all’ultimo anno pre-pandemia, la produzione di autovetture realizzata nel primo semestre 2023 si colloca, ancora, al -5% (291.110 contro 306.601), mentre quella dei furgoni al -23% (114.760 contro 149.216).
Uliano ha poi ricordato che il 1° marzo dell’anno scorso il Gruppo Stellantis ha presentato, a livello globale, il suo piano “Dare Forward 2030”. Un piano che “ha come obiettivo la strategia zero emissioni di carbonio entro il 2038”, con “una riduzione del 50% entro il 2030”. Il che significa che “il 100% delle vendite in Europa e il 50% di quelle negli Stati Uniti sarà costituito da veicoli elettrici a batteria (BEV)”.
Secondo Uliano, l’attuazione di tale piano, con le sue molteplici conseguenze produttive e occupazionali, “deve essere costantemente verificata attraverso un confronto continuo tra sindacato e azienda”, anche attraverso “incontri istituzionali”. (A tale proposito, Uliano ha ricordato che il più recente incontro presso il MiMIt “si è svolto il 14 febbraio 2023”.) Ebbene, per la Fim ciò che va fatto è che “per ogni realtà” sia “necessario garantire una prospettiva industriale e occupazionale, assumendo l’obiettivo di non chiudere gli stabilimenti, ma di trasformarli tecnologicamente, con soluzioni concrete”.
In particolare, Uliano ha anche ricordato che, nel più recente incontro avuto dai sindacati col Ministro Urso (il 19 giugno scorso), i sindacati stessi hanno chiesto al Ministro che, nel prossimo incontro col Ceo di Stellantis, Carlos Tavares, oltre ad avanzare “richieste specifiche” relative “alle allocazioni di nuove produzioni negli stabilimenti” e “ai volumi delle future produzioni”, vengano richieste “garanzie sulle funzioni di Ricerca & Sviluppo assegnate al nostro Paese”, nonché “sulle forniture relative all’indotto e alla componentistica degli stabilimenti italiani”.
E veniamo quindi al rapporto specifico con l’Esecutivo. “Dopo 9 mesi dall’insediamento del Governo Meloni – ha scandito Uliano – non si è provveduto, a tutt’oggi, ad utilizzare le risorse stanziate nel fondo specifico dell’automotiveper favorire la reindustrializzazione e la trasformazione del settore.” Infatti, Uliano ha spiegato che “si stanno finanziando unicamente gli incentivi alla domanda (acquisto di auto sostenibili)”; incentivi che “sono indispensabili per promuovere l’acquisto di veicoli” caratterizzati da “un costo superiore del 50% (650 milioni per tre anni a partire dal 2022)”.
“Come Fim – ha sottolineato Uliano – abbiamo ribadito più volte che non si devono sottrarre risorse per la reindustrializzazione”, ovvero risorse che sono “indispensabili per evitare l’impatto negativo su oltre 75.000 lavoratori nel comparto auto al seguito del cambio delle motorizzazioni”.
“Le risorse – ha concluso Uliano – devono essere utilizzate per favorire la reindustrializzazione e compensare con nuove attività le perdite occupazionali causate dal cambio delle motorizzazioni”. Inoltre, “bisogna accorciare la catena di fornitura, portando nel nostro Paese le produzioni di tutta la componentistica che rappresenterà l’auto del futuro: dai semiconduttori, alle batterie, ai componenti necessari per la motorizzazione elettrica, per la guida autonoma, per la digitalizzazione e la connettività. Il Governo deve essere consapevole che, senza un piano per la transizione industriale attivabile immediatamente, il rischio licenziamento e desertificazione industriale diventa certezza.”
@Fernando_Liuzzi