Sono 103mila i metalmeccanici coinvolti in crisi aziendali. Un aumento di 18.634 unità rispetto al II semestre del 2023, quando erano 84.817. È quanto si legge sul report della Fim-Cisl sulle crisi nel settore metalmeccanico. L’indagine prende come riferimento un campione di 712 aziende, 312 sopra i 50 addetti e 400 al di sotto, e copre il I° semestre del 2024. Il report evidenzia che i comparti maggiormente colpiti sono quelli dell’automotive, elettrodomestici e termomeccanica, crisi legate nello specifico alla transizione tecnologica e verde. Nel dettaglio i lavoratori coinvolti per le crisi di settore sono 77mila 524, 12.599 quelli dell’indotto, 5mila 200 in crisi finanziarie, 3.867 per le conseguenze del conflitto tra Ucraina e Russia e 2.309 per l’approvvigionamento delle materie prime.
Per quanto riguarda i comparti in maggior sofferenza, l’automotive, che impiega oltre 256mila addetti, continua a registrare un calo delle vendite, nonostante gli incentivi pubblici, e paga anche l’incertezza legata agli scenari geopolitici. Dopo l’introduzione dei dazi sulle auto elettriche cinesi, ci si aspetta una revisione dello stop al motore termico fissato per il 2035 a seguito del risultato delle elezioni europee. Entro il mese di luglio, poi, è attesa la firma di un accordo di sviluppo di settore per la produzione di 1 milione di veicoli in Italia entro il 2030. Un accordo che dovrà prevedere precise responsabilità tra Stellantis, le aziende di componentistica, le istituzioni e i sindacati. Il documento segnala ancora forti ritardi nelle infrastrutture per la mobilità elettrica e costi dell’energia che, seppur contenuti rispetto al passato, continuano ancora incidere negativamente sulla produzione. Anche sulla siderurgia si sente il peso del caro energia e a questo si aggiunge un rallentamento della domanda d’acciaio, mentre il mondo dell’elettrodomestico è alle prese con importanti operazioni di ricambio dell’assetto societario e ristrutturazioni.
Sul versante finanziario, la stretta sui tassi d’interesse voluta dalla Bce ha causato non poche difficoltà soprattutto per le piccole e medie imprese, che dimostrano una minore capacità di posizionamento nei nuovi mercati e una minore liquidità da poter investire. Mentre si allenta la morsa legate alla difficoltà nel reperire materie prime, innescata prima dalla pandemia, poi dal conflitto ucraino e dalle tensioni nel Golfo Persico e nel Medio Oriente. Tuttavia alcune regioni, Lombardia, Veneto e Friulia Venezia Giulia, risentono ancora degli effetti della guerra in corso in Ucraina.
Il report si concentra, inoltre, sulla situazione di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, che conta 10.700 lavoratori diretti e 20mila tra appalti e forniture, che dopo il commissariamento da parte del governo entra in una nuova fase. Una fase che per i meccanici della Cisl dovrà essere gestita con la massima attenzione, perché da questa vertenza storica passa gran parte della capacità del paese di traghettare il resto dell’industria nella transizione verde. Mentre resta immutato il quadro delle crisi aperte al ministero dell’Industria, con oltre 50 tavoli che interessano, principalmente, aziende sopra i 200 addetti, come Blutec, Sider Alloys, Jsw Piombino e molte altre.
La prima parte del 2024 fotografa dunque un settore che ancora tiene ma in rallentamento, per fattori interni ma anche esterni, come le crisi legate allo scacchiere geopolitico. Per la Fim sono necessari interventi pubblici strutturali, che superino la logica del bonus, per investire nelle nuove tecnologie e rafforzare le competenze dei lavoratori. Se infatti la transizione tecnologica può essere un fattore di crescita e incremento della produttività, nell’immediato avrà delle ripercussioni sui perimetri occupazionali. Un processo reso ancora più rapido dall’introduzione dell’intelligenza artificiale. Questa profonda rivoluzione, sostiene l’indagine della Fim, dovrà essere governata con politiche di formazione e di gestione e organizzazione del tempo di lavoro, temi al centro della piattaforma presentata dai sindacati per le trattative, da poco avviate, per la firma del nuovo contratto.
Per Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim, “l’aumento sostanziale delle aziende in crisi che registriamo in questo primo semestre 2024 che si è determinato nelle filiere metalmeccaniche, ha prodotto un allargamento dei lavoratori che vivono criticità. Ai tradizionali settori e casi irrisolti di crisi aziendali si sono aggiunti nel corso dei mesi fattori non direttamente legati all’industria a partire dalle tensioni geopolitiche e dalle incertezze, che sommati alla fase di transizione green e digitale stanno determinando effetti negativi anche rispetto alla domanda. A queste si somma un quadro europeo complessivamente in brusca frenata, in particolare nell’industria metalmeccanica tedesca che aveva cominciato a dare i primi segnali a fine anno”.
Tommaso Nutarelli