“Su una cosa penso che siano tutti d’accordo: se alcune forme di lavoro prevedono meno diritti per i lavoratori e soprattutto costano di meno alle aziende, è ovvio che il ricorso a queste forme sia esteso. Si mette però in pratica una forte distorsione del mercato del lavoro e si compiono vere ingiustizie sociali, che è indispensabile sanare introducendo un’unica aliquota previdenziale per tutti i lavoratori, autonomi e subordinati”. Lo ha detto Domenico Pesenti, segretario generale della Filca-Cisl, intervenendo al seminario di questa mattina sulla riforma del sistema previdenziale, organizzato dalla Filca, dalla Cisl e dall’Inas. “Non capiamo – ha aggiunto – l’atteggiamento delle associazioni artigiane, che si oppongono all’aumento dell’aliquota per i lavoratori autonomi, di fatto danneggiandoli, perché avranno una pensione tutt’altro che dignitosa, ma danneggiando anche i lavoratori dipendenti, che rischiano di dover pagare la pensione agli autonomi. Poi bisogna introdurre il principio della flessibilità di uscita dalla pensione, con vantaggi economici per chi resta più a lungo. Ma è bene fare distinzioni: ci sono lavori, come quelli in edilizia o nel settore delle cave, che dal punto di vista dell’età pensionabile non possono essere considerati alla stregua del lavoro intellettuale, sia per la pesantezza del lavoro che per le aspettative di vita”. “Sulla previdenza integrativa – conclude – la Filca e la Cisl chiedono l’obbligatorietà dell’adesione per via legislativa. Oggi in edilizia aderisce al Fondo Prevedi circa il 5% degli addetti, una platea già di per sé ristrettissima ma che avrebbe numeri da prefisso telefonico, e quindi ancor più bassi, senza il ruolo fondamentale della bilateralità”. (LF)
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