Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della FenealUil, Vito Panzarella, sugli accordi firmati con il precedente governo relativi agli appalti, grazie ai quali si dovrebbero accelerare i lavori di numerose opere, a fronte di una maggiore occupazione. Per Panzarella, gli accordi firmati mettono in sicurezza il settore dal dumping contrattuale e di conseguenza dagli infortuni sul lavoro, obbiettivo primario del sindacato. Inoltre, per il sindacalista sono accordi che cambiano la filosofia stessa del settore, che spingono a una ristrutturazione del sistema delle imprese e a una migliore qualità del lavoro, disincentivando le vecchie logiche di risparmio sul costo del lavoro.
Panzarella, il sindacato ha firmato due importanti accordi con il governo sul settore edile. Partiamo dal primo accordo, cosa prevede in dettaglio?
L’accordo firmato l’11 dicembre contribuisce all’accelerazione dei cantieri delle sole opere commissariate. Il meccanismo è il seguente: a fronte di una disponibilità delle stazioni appalti sulle regole, controlli, formazione e sicurezza, il sindacato ha dato disponibilità di lavorare 24 ore al giorno, su turni, 7 giorni su 7. Chiaramente senza utilizzare gli straordinari, perché un maggiore carico di lavoro per accelerare le opere avrebbe come effetto un aumento degli infortuni. Quando si lavora 11 o 12 ore al giorno nei cantieri lo stress e la stanchezza aumentano, di conseguenza la sicurezza cala.
Un buon accordo per entrambe le parti insomma.
Si, noi volevamo garantire sicurezza e occupazione, in cambio si aumenta la velocità della realizzazione delle opere, dato che si lavora sempre, su turni. Inoltre, secondo i nostri calcoli, questo meccanismo porterebbe a circa 20.000 lavoratori in più nel sistema edilizio. Ma non è finita qui. Un altro punto importante è che in questi cantieri si utilizza il contratto dell’edilizia.
Non dovrebbe essere ovvio che nei cantieri edili si usi il contratto degli edili?
Purtroppo non lo è, il nostro settore infatti è un fiorire di dumping contrattuale. Nei cantieri ho visto utilizzare contratti dell’agricoltura, dei chimici, insomma è da anni che assistiamo a questo fenomeno e ovviamente lo combattiamo. Certo, è vero che il nostro contratto edile costa un poco di più ma per la semplice ragione che prevede norme più stringenti sulla sicurezza, la formazione dei lavoratori, la sicurezza e così via.
Arriviamo al secondo accordo, che avete firmato con il governo il 22 gennaio. Avete ampliato l’accordo di dicembre anche per le eventuali opere previste del Recovery Plan, è corretto?
Si, su nostra proposta la ministra delle infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli ha accettato e sottoscritto queste due paginette dove è previsto che le regole contenute nella intesa di dicembre, che avevo validità solo sulle opere commissariate, venissero applicate anche su tutte le opere sottoposte ai finanziamenti del Recovery Plan.
Due paginette che hanno una portata economica e occupazionale enorme, considerando i miliardi di euro che arriveranno con il Recovery Plan.
Infatti eravamo paradossalmente preoccupati dalla ripresa per via del probabile calo della sicurezza nei cantieri. Infatti, con l’aumento dei lavori grazie al Recovery Plan e nessun argine contro il dumping contrattuale, il rischio di un rimbalzo degli infortuni era forte e dovevamo intervenire subito. La nostra attività sindacale punta agli “infortuni zero”, e grazie all’accordo di gennaio siamo riusciti in tempo a mettere nero su bianco queste regole anche sui prossimi cantieri del Recovery Plan ed arginare questo fenomeno.
Nell’intesa di gennaio è specificato che i lavori previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza saranno eseguiti “previo specifico accordo”. Cosa significa?
Per quanto riguarda la scelta delle opere importanti e complesse per il Paese è chiaro che sarà oggetto di trattativa a livello confederale e non è nelle nostre disponibilità come categoria. L’intesa che abbiamo firmato è un accordo quadro generale. Poi, i vari sindacati territoriali, cantiere per cantiere, si accorderanno con accordi specifici sulla base del canovaccio che abbiamo stabilito a livello nazionale. Quindi Il protocollo è unico a livello nazionale, poi a livello territoriale i sindacati con gli enti appaltanti gestiranno in loco i lavori.
Facciamo un esempio. Dal Recovery Plan si decide di procurare alla città di Matera la sua stazione ferroviaria, opera che si attende da tempo. I costruttori possono decidere di usare gli straordinari per velocizzare i lavori?
No, noi abbiamo dato indicazione ai nostri territoriali di trattare e fare modifiche ma solo all’interno del protocollo di dicembre. Quindi non si possono inserire i turni in un cantiere e in un altro decidere di utilizzare invece gli straordinari. Se vuole, il costruttore può impiegare i 4 turni consecutivi e portare avanti i lavori 7 giorni su 7, 24 ore al giorno, e tutto questo andrà pianificato e concordato a livello territoriale, cantiere per cantiere. Uno degli obiettivi dell’accordo quadro è proprio evitare gli straordinari, argomento che ha fatto un po’ arrabbiare i costruttori.
Perché? Se l’opera costa di più utilizzando i 4 turni, il guadagno dei costruttori aumenta. È come se un barista si arrabbiasse perché pago di più chiedendo un cappuccino invece di un caffè.
È quello che gli abbiamo spiegato. Considerato che è l’Ente appaltante che inserisce nel capitolato queste voci, il valore economico dell’appalto sarà congruo a quel tipo di gara d’appalto. Mi metto nei panni dei costruttori: è chiaro che utilizzando i turni dovranno assumere più persone, e uno degli obbiettivi del protocollo è proprio questo, ma loro sono restii ad allargare la loro struttura produttiva. Inoltre, i costruttori si lamentano del fatto che i sindacati sono entrati nel campo di gestione dell’organizzazione del lavoro che è di norma competenza delle aziende. Ma si sono dimenticati che era proprio il decreto semplificazioni che forniva l’opportunità al governo di fare accordi con i sindacati su questa tematica.
Esiste il pericolo che il nuovo governo cambi le carte in tavola e non rispetti o addirittura ritratti gli accordi già firmati?
Speriamo di no, noi siamo chiaramente preoccupati, mi ricordo che qualche giorno fa in una intervista Salvini aveva proposto di sospendere il codice degli appalti. Dopo ha ritoccato questa dichiarazione. Vedremo cosa succederà con il nuovo governo. Saremo vigili. La sfida del Recovery Plan non è meramente economica, ma anche di ristrutturare le imprese e tutte le sue infrastrutture, soprattutto dal punto di vista qualitativo. Non si può pensare di rinnovare il settore edile con una media del 92% delle imprese che ha meno di 10 dipendenti. È qui che si deve rompere questo gioco, quindi bisogna certamente guardare alla qualità dell’opera ma si riesce a raggiungere questo obbiettivo solo se si aumenta anche la qualità del lavoro.
Emanuele Ghiani