“Siamo dentro una crisi senza precedenti.” E ancora: “Neanche nelle più gravi crisi del passato la produzione metalmeccanica ha chiuso un anno con una perdita a doppia cifra”. Ma “è ormai certo” che ciò “accadrà quest’anno”. Infatti, “i pochi segnali positivi degli ultimi mesi non riusciranno a compensare i tanti segni meno del 2020”; segni meno che “hanno interessato tutti gli indicatori economici più importanti, dal Pil alla produzione industriale”. Parole di Filippo Astori, Vice Presidente di Federmeccanica, diffuse oggi in occasione della presentazione dell’edizione n. 155 dell’indagine che la stessa Federmeccanica conduce, con cadenza trimestrale, sulla congiuntura nell’industria metalmeccanica.
“La pandemia da coronavirus – ha sottolineato ancora Astori – si è abbattuta sull’economia mondiale e sulle catene globali del valore con un’intensità senza precedenti colpendo, anche se in misura diversa, tutte le principali economie sia dei Paesi industrializzati che di quelli emergenti.” In quest’ambito, per quanto riguarda il nostro Paese, nel 2020 “il Prodotto interno lordo dovrebbe registrare una contrazione media pari a circa il 10%”, ma ciò “con un’evoluzione nell’ultima parte dell’anno strettamente legata all’entità dell’aggravamento della pandemia in corso”.
Ebbene, sempre secondo Federmeccanica, se si considerano i primi otto mesi dell’anno in corso, ovvero quelli che vanno da gennaio ad agosto e i cui dati sono già noti, si vedrà che mentre “l’attività produttiva nel suo complesso risulta diminuita del 15,4% nel confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente”, le aziende metalmeccaniche hanno avuto dei risultati peggiori. Infatti, rispetto al 2019 queste aziende “hanno registrato una contrazione della loro attività mediamente pari al 19,8%”.
I risultati dell’indagine trimestrale sono stati illustrati oggi a Roma, in un salone dell’hotel Massimo D’Azeglio, nei pressi della stazione Termini, dal Direttore generale di Federmeccanica, Stefano Franchi, e dal responsabile del suo Ufficio studi, Angelo Megaro.
Passando dall’aggregato metalmeccanico ai suoi subsettori, si è visto così che in termini tendenziali, ovvero paragonando il periodo gennaio-agosto del 2020 allo stesso periodo del 2019, tale contrazione è stata fin qui meno grave nel comparto della metallurgia (- 17,6), ma assai più grave in quello degli autoveicoli e rimorchi (-3 4,7%).
D’altra parte, se le cose sono andate male in Italia, non è che siano andate meglio all’estero. Considerando qui il periodo gennaio-luglio del corrente anno, e paragonandolo con lo stesso periodo dell’anno scorso, si vedrà che la produzione industriale nei 27 Paesi dell’Unione Europea ha registrato un – 18,1%. Tale contrazione è peraltro risultata più forte in Francia, con un calo del 25,1%, e meno rilevante in Germania, con un calo del 19,1%. A metà strada fra questi due estremi si collocano l’Italia e la Spagna, che hanno registrato, rispettivamente, un calo del 21,2 e del 20,7.
Ma di fronte a questi confronti, non si può dire “mal comune, mezzo gaudio”. Infatti, ha sottolineato Stefano Franchi, l’industria metalmeccanica italiana è fortemente vocata alle esportazioni e quindi, non per caso, in precedenti crisi l’export è l’attività che “ci ha consentito di sopravvivere”. Il fatto che adesso, ovvero nei primi 7 mesi del corrente anno, l’export metalmeccanico italiano sia calato del 16,7% costituisce una delle cause principali di quella grave contrazione della produzione di cui oggi ha parlato Federmeccanica. Le altre, evidentemente, sono le chiusure connesse al lockdown e la caduta della domanda interna.
Dal canto suo, Angelo Megaro ha ricordato che quest’anno i dati relativi all’andamento mondiale dell’economia sono i peggiori dalla fine della Seconda Guerra mondiale. E ha poi osservato che quando le cose vanno male a livello globale, vanno peggio nell’area dell’Unione Europea e ancora peggio nel nostro Paese. Sottolineando, peraltro, che quest’annata così critica si chiuderà con un’unica rilevante eccezione: la Cina. Rispetto all’Impero di mezzo, infatti, ci si aspetta una crescita dell’1,8%. Che è certo poco rispetto alle medie cui la Repubblica Popolare ci ha abituati, ma rischia comunque di essere l’unica crescita economica rilevabile e fine anno.
Tornando in Italia, a questo punto non stupiscono le attese negative registrate da quella parte dell’indagine trimestrale che Federmeccanica svolge direttamente sondando un campione di imprese metalmeccaniche. Ebbene, il 39% di tali imprese considera negativo il proprio portafoglio ordini, mentre il 14% dichiara di avere già riscontrato una situazione di liquidità cattiva o pessima. Il 27% prevede poi una contrazione dei volumi produttivi, mentre il 19% teme un ridimensionamento dei propri livelli occupazionali.
Chi vivrà, vedrà.
@Fernando_Liuzzi