Di male in peggio. Nel senso che il parziale recupero produttivo, realizzato dalla nostra industria metalmeccanica nel terzo trimestre del corrente anno, non ha costituito l’avvio di una nuova fase economicamente più positiva, ma solo un breve intervallo fra un primo semestre assai negativo e un quarto trimestre segnato da un nuovo calo.
In estrema sintesi, è questo il quadro delle tendenze in atto nel comparto più importante della nostra industria manifatturiera. Quadro che è stato illustrato oggi in una conferenza stampa “da remoto”, nel corso della quale Federmeccanica ha presentato i risultati dell’edizione n. 156 della sua indagine trimestrale su La congiuntura nell’industria metalmeccanica.
Ebbene, secondo i dati oggi esposti, la produzione del comparto registra, nei primi 9 mesi del corrente anno, una perdita del 17,9%. Questa perdita, va detto, è inferiore a quella registrata a consuntivo dei primi 8 mesi del 2020, perdita che si attestava su un 19,8%. Resta però il fatto che la leggera ripresa registrata nei mesi estivi non è riuscita a invertire significativamente la pesante tendenza negativa manifestatasi repentinamente, nella primavera scorsa, a seguito dell’esplosione della pandemia da Covid19. E ciò, oltre che per le modeste proporzioni di tale ripresa, a causa del fatto che la cosiddetta seconda ondata della pandemia ha nuovamente depresso l’attività produttiva nel quarto trimestre, quello che finirà tra meno di due settimane.
Secondo la stima avanzata oggi da Federmeccanica, il 2020 potrebbe concludersi, per la nostra industria metalmeccanica, con un calo produttivo del 15% sull’anno precedente, stabilendo così il record negativo dell’intero periodo iniziato con la fine della Seconda Guerra mondiale. Il che significa che la crisi generata dalla pandemia avrebbe, su questa industria, un effetto più negativo di quelle generate dalla crisi dei mutui subprime o da quella dei debiti sovrani.
Va poi considerato un altro fatto richiamato oggi nel corso della conferenza stampa che è stata tenuta da Fabio Astori, Vice Presidente di Federmeccanica, Stefano Franchi, Direttore generale, e Angelo Megaro, responsabile dell’Ufficio Studi. Ci riferiamo al fatto che l’anno precedente a quello che si sta concludendo, ovvero il 2019, aveva già costituito un periodo tutt’altro che brillante per la nostra produzione metalmeccanica. Negli ultimi due trimestri dell’anno, infatti, era già stata registrata una tendenza negativa.
Mentre dunque si sperava che il 2020 avrebbe potuto costituire un momento di ripresa, l’arrivo della pandemia non solo ha cancellato simili speranze, ma ha dato luogo ad un ulteriore, più grave arretramento.
Ora qui va sottolineato che se le conseguenze produttive della pandemia sono state negative per l’insieme delle attività economiche a livello globale, e che se tali conseguenze, da noi, hanno colpito in maniera particolarmente forte il settore dei servizi privati, l’industria metalmeccanica, nel nostro Paese, sta registrando risultati più negativi dell’insieme del settore industriale. Infatti, mentre nei primi 9 mesi del 2020 la produzione industriale ha segnato, nel nostro Paese, un calo del 14%, il settore metalmeccanico, come si è visto, ha registrato una contrazione più forte, pari al -17,9%.
In particolare, mentre nel terzo trimestre 2020 la produzione è calata, rispetto allo stesso periodo del 2019, di un 4,2% nel complesso dell’industria, tale calo è stato pari a un più grave -5,2% nell’industria metalmeccanica.
Questa contrazione è frutto dell’assommarsi di una caduta della domanda interna e di una parallela caduta delle esportazioni. Quest’ultimo elemento è particolarmente preoccupante perché, come è noto, l’export costituisce un tradizionale volano per le nostre imprese metalmeccaniche. D’altra parte, il carattere globale della pandemia non poteva avere effetti diversi. Basti pensare che, come è stato ricordato oggi nella conferenza stampa, il Fondo Monetario internazionale ha stimato che, nel 2020, la domanda mondiale subirà un calo di oltre 10 punti percentuali.
D’altra parte, anche sul piano della domanda interna gli effetti della pandemia non potevano non riverberarsi sul settore metalmeccanico. Con esempi efficaci, Megaro ha ricordato che anche gli impianti di risalita o i grandi frigoriferi dei ristoranti sono prodotti dell’industria metalmeccanica. Ma se la gente non va più a sciare e i ristoranti restano chiusi, anche la crisi dei servizi legati al turismo e alla ristorazione finirà per avere effetti sulla domanda di prodotti metalmeccanici. Quanto meno rallentando tale domanda, a causa dell’incertezza delle prospettive che determina una fortissima prudenza per molti imprenditori, piccoli o grandi che siano. Lo stesso può valere per le navi da crociera, in un periodo in cui le crociere sono sospese. E via andando.
Per ciò che riguarda poi i comparti su cui si articola l’industria metalmeccanica, il risultato peggiore è quello relativo al comparto definito come “autoveicoli e rimorchi”. Qui, comparando i primi 9 mesi del 2020 allo stesso periodo del 2019, è stato registrato un pesantissimo -30,7%. Ma ciò che è stato presentato da Megaro come un dato, per certi aspetti, più preoccupante è il -17,9% del comparto “macchine e apparecchi meccanici”. Tale dato, relativo a un analogo confronto temporale, sembra infatti alludere a un calo degli investimenti produttivi nel settore metalmeccanico come in altri settori dell’industria manifatturiera. Perché è questo comparto metalmeccanico quello che produce i macchinari che saranno poi impiegati nelle diverse attività manifatturiere.
Infine, l’occupazione. Prendendo a riferimento anche qui i mesi che vanno dal gennaio al settembre del corrente anno 2020, si vedrà che in tale periodo, comparato allo stesso periodo del 2019, l’occupazione è calata, nella grande industria metalmeccanica, dell’1,4%. Un dato, questo apparentemente modesto. Megaro ha fatto però osservare che, in un periodo in cui c’è una moratoria sui licenziamenti, questo calo è dovuto al solo turn over. In pratica, alla differenza fra lavoratori assunti e lavoratori che si sono dimessi, probabilmente avendo raggiunto l’età della pensione.
Dopo aver ricordato che la somma dei lavoratori equivalenti alle ore di Cassa integrazione richieste per questo stesso periodo raggiunge l’imponente cifra di 560.975 dipendenti, Megaro si è chiesto, allarmato, cosa potrà succedere quando l’attuale blocco dei licenziamenti verrà rimosso. Per adesso, sappiamo che, secondo l’indagine congiunturale di Federmeccanica, il 19% delle imprese intervistate “pensa di ridurre la propria forza lavoro nei prossimi sei mesi”.
Data il quadro fortemente negativo sin qui esposto, è comprensibile che, anche nelle domande dei giornalisti, il negoziato per il rinnovo del contratto della categoria, attualmente in corso, sia rimasto in secondo piano. Stefano Franchi, sostanzialmente, ha ricordato due date. Quella del 26 novembre scorso, in cui, dopo una fase di interruzione delle trattative, Federmeccanica è tornata al tavolo negoziale per presentare una sua proposta complessiva. E quella del prossimo 22 dicembre, in cui le delegazioni sindacali e imprenditoriali torneranno a incontrarsi. Per il resto, ha affermato che, in ogni negoziato, “tutto si tiene”. Anche in vista dell’appuntamento di martedì prossimo, Franchi non ha quindi ritenuto opportuno entrare nel merito dei singoli aspetti della trattativa.
@Fernando_Liuzzi