Un cambiamento notevole trasformerà la strategia sindacale della Federmeccanica, la più forte delle associazioni di categoria di Confindustria. L’assemblea degli industriali del settore ha varato un Manifesto che indica le prossime relazioni industriali che punteranno al coinvolgimento del sindacato, ma parallelamente anche dei lavoratori per un miglioramento della competitività del comparto. Relazioni sindacali e relazioni interne che dovranno fondersi per rispondere finalmente alle reali esigenze delle imprese e dei lavoratori.
Franchi, dove si dirigono le relazioni industriali?
E’ questa la domanda da porsi oggi, perché la realtà impone di chiarirsi a cosa servono le relazioni industriali. Noi di Federmeccanica abbiamo stilato un Manifesto, un documento programmatico, che abbiamo portato alla nostra assemblea annuale, che indica proprio quale direzione devono prendere le relazioni industriali.
E qual è questa direzione?
Per capire dove vogliamo dirigere i nostri sforzi si deve tener presente che a nostro avviso le relazioni industriali sono fatte di due componenti, le relazioni sindacali e le relazioni interne. Che non sono in contrasto tra loro, ma devono diventare due componenti dello stesso corpo omogeneo, due corsie della stessa strada. Le relazioni con gli interlocutori sindacali e le relazioni tra l’imprenditore e i lavoratori. Due momenti che devono integrarsi perfettamente e che devono portare a includere, mai a escludere.
Quale sarà la prima tappa di questo percorso?
Identificare nei territori casi concreti di relazioni interne, casi virtuosi di rapporti tra imprenditori e lavoratori, di effettivo coinvolgimento, per studiarli e trasformarli in metodologie da mettere a fattor comune. Perché chi fino a questo momento chi abbia dato poco spazio alle relazioni interne ne tragga ispirazione.
L’obiettivo deve essere il coinvolgimento.
Sì, e riteniamo che la comunicazione sia la prima cosa da curare per ottenere risultati di rilievo. Il rapporto diretto tra imprenditori e lavoratori nasce dalla comunicazione, che deve caratterizzare le relazioni interne, perché dalla conoscenza viene il coinvolgimento, che prende consistenza nel momento in cui le persone si sentono integrate nel sistema imprenditoriale e fanno propri gli obiettivi delle imprese.
C’è molta distanza oggi tra gli imprenditori e i lavoratori?
Non penso ci sia una distanza notevole, ma si può migliorare e rafforzare questo collegamento e soprattutto lo si può fare in maniera strutturale. Perché questi atti devono inserirsi in schemi che vadano al di là del contingente, devono essere parti della strategia dell’imprenditore.
E relazioni sindacali e relazioni interne devono fondersi.
Deve essere un unico circuito virtuoso, che possa essere caratterizzato da un livello di confronto più elevato. Noi spesso ci troviamo a discutere di temi che in effetti non rispondono ai reali bisogni dei lavoratori e delle imprese. Discutiamo anche di principi di civiltà, come l’esigibilità dei contratti o della rappresentanza, e così facendo c’è il rischio che si perdano di vista i bisogni reali, ci si allontani dalla realtà.
Quali sono i problemi reali?
La competitività, in primis. Capire quali sono i problemi e trasformarli in altrettante opportunità. Dare delle risposte alle persone e alle imprese. Sempre con un approccio non ideologico e per questo pensiamo di farci supportare dall’accademia, per realizzare un approccio scientifico, elevando così il confronto. Io credo che sia giunto il momento di un confronto positivo e costruttivo.
Questa strategia porta alla partecipazione?
Non a caso il sottotitolo del nostro manifesto è proprio “Partecipazione e Coinvolgimento”. Dove partecipazione è responsabilizzazione, è avere il coraggio di confrontarsi con primari interessi per i lavoratori, le imprese e il nostro paese.
Questo è un cambiamento epocale della vostra strategia.
Direi che è un’evoluzione, un passo avanti nella strada che battiamo da anni. Importante è discutere di cose che non ci allontanino dalla realtà, dai temi centrali, come può essere quello della competitività. Temi che abbiamo sempre davanti a noi, ma che non abbiamo potuto dibattere finora, non come dovremmo.
Che tipo di contrattazione servirà?
Il contratto nazionale dovrebbe soffermarsi sui temi centrali , i temi chiave del settore. e lasciare grande spazio alla contrattazione aziendale per affrontare le specificità laddove ci siano le condizioni e le volontà.
Non c’è il rischio che in questo modo si salti il confronto con sindacato per dirigersi direttamente ai lavoratori?
Non vogliamo saltare nessuno. Alcune cose le imprese le possono fare con il sindacato, altre direttamente con i lavoratori, ma i due momenti devono integrarsi, proprio perché sono complementari. Vogliamo includere, non escludere. Importante è che il confronto non diventi conflitto e per questo è necessario elevare il livello della discussione. Questo è il momento giusto per percorrere questa strada. E spero che tutti vogliamo percorrerla.
Il sindacato è in grado di compiere questo salto?
Sì, assolutamente. Mi auguro ci siano anche le volontà.
Avete qualche timore rispetto alla partecipazione della Fiom a questo progetto?
Noi invitiamo tutti al confronto, e auspichiamo che nessuno si chiami fuori.
Il vostro progetto è molto coraggioso, ricorda lo sforzo che sta facendo Renzi per fare finalmente le riforme sempre rinviate.
Il presidente del Consiglio sta facendo delle cose che giudicheremo dai risultati. Noi crediamo in quello che proponiamo perché siamo convinti che oggi è necessario dare risposte concrete alle persone. Per questo presto convocheremo i sindacati e inizieremo a cercare gli esempi virtuosi di relazioni interne da mettere a fattor comune.