“E’ recessione. Non vorremmo mai dire queste due parole. E ci auguriamo di non doverle più pronunciare. Ma oggi ci vediamo costretti ad affermare che sono queste le due parole che devono risuonare nella mente di tutti.” E’ stato questo l’esordio, davvero poco incoraggiante, della conferenza stampa con cui Federmeccanica ha presentato stamattina, a Roma, la sua indagine trimestrale sulla congiuntura nell’industria metalmeccanica.
“Dopo un inizio d’anno appesantito dalle difficoltà registrate nel quarto trimestre del 2018, i primi tre trimestri del 2019 ci hanno consegnato tre segni meno consecutivi. La teoria economica – ha spiegato Stefano Franchi, direttore generale della stessa Federmeccanica – ci dice quindi che siamo effettivamente in recessione.”
Infatti, considerando la dinamica settoriale della produzione metalmeccanica in termini tendenziali, secondo i dati presentati oggi, si vede che nel primo trimestre del corrente anno è stata registrato un calo del 2,2% rispetto al primo trimestre del 2018. A questo dato, ha fatto seguito, nel secondo trimestre 2019, un calo del 3,1% rispetto al secondo trimestre 2018. Infine, nel terzo trimestre 2019 si è verificato un calo del 2,0% rispetto all’analogo periodo del 2018.
Insomma, tutto cala, nel mondo metalmeccanico italiano: produzione, ore lavorate, occupazione. L’unica cosa che cresce è la Cassa integrazione e, in particolare, quella straordinaria: +94,5% nei primi 9 mesi dell’anno in corso.
Come di consueto, anche oggi la presentazione dell’indagine trimestrale – giunta all’edizione n. 152 – è stata tenuta da Federmeccanica all’hotel Nazionale, sito in piazza di Monte Citorio, a pochi passi sia dalla sede della Camera dei Deputati, che da palazzo Chigi, sede del Capo del Governo. Si può quindi legittimamente pensare che quel “tutti”, relativo ai soggetti nella cui mente dovrebbe risuonare l’allarma lanciato da Federmeccanica, si riferisca, in primo luogo, ai nostri governanti e, in senso più ampio, ai legislatori attivi nelle due Camere.
Infatti, Fabio Astori, il Vice Presidente di Federmeccanica che ha concluso l’incontro stampa, ha esplicitamente espresso un accorato “Bisogna che qualcuno ci ascolti”. Ricordando poi le classiche richieste di Federmeccanica al mondo politico. Primo, ridurre il carico fiscale che appesantisce il costo del lavoro. Secondo, rendere più semplice il modo di fare impresa, riducendo il carico burocratico. A queste due richieste – per così dire – tradizionali, se ne è poi aggiunta una terza: facilitare l’accesso al credito per incoraggiare l’innovazione. E ciò prevedendo misure che non si limitino a riduzioni di imposte che intervengono a valle delle innovazioni realizzate (e qui il pensiero del cronista va alle misure relative alla cosiddetta Industria 4.0), ma ripensando all’esperienza di strutture come l’Imi, l’antico Istituto mobiliare italiano, che erogava credito a medio e lungo termine.
Ma torniamo ai dati di oggi e a qualche primo tentativo di interpretarli. Innanzitutto, va ricordato che già nelle ultime edizioni dell’indagine trimestrale precedenti a quella odierna, Federmeccanica aveva denunciato la debolezza, quando non un calo, della domanda interna. Calo relativo sia ai beni di consumo durevole, tipo le autovetture, che – cosa più preoccupante – ai beni strumentali, ovvero a macchinari e impianti di uso industriale.
La novità allarmante dell’indagine odierna è che, per la prima volta, viene registrato un calo anche nelle esportazioni, ovvero in quella parte della domanda di beni che, fin qui, aveva sostenuto la produzione di diversi sub-settori della nostra industria metalmeccanica. Invece adesso, ovvero nei primi nove mesi dell’anno in corso, è stata registrata una contrazione del valore delle esportazioni che, secondo le elaborazioni di Federmeccanica, è “pari allo 0,8%”
E qui Astori ha evocato una serie di fattori che possono aver inciso in modo particolarmente negativo su un paese che, come l’Italia, può essere considerato come un paese “a forte vocazione esportatrice”. Fattori geo-politici, certo, come la guerra dei dazi fra Stati Uniti e Cina, le accresciute tensioni nel Medio Oriente, in ampio senso inteso, e, per venire più vicino a noi, l’incombere della Brexit.
A questi fattori se ne aggiungono però altri due, forse perfino più preoccupanti, di natura economica. Da un lato, c’è l’inattesa e, ancora abbastanza inspiegata, crisi industriale della Germania. Secondo Astori, infatti, “la caduta produttiva metalmeccanica” verificatasi in Germania, “pari a 5 punti percentuali nell’arco di un anno”, si ripercuote “inevitabilmente sulle nostre dinamiche”. Dall’altro, c’è un altro dato fornito da Astori; un dato relativamente ancora poco conosciuto, ma, a parere di chi scrive, veramente allarmante. Ci riferiamo al calo dei prezzi di materie prime quali ottone, rame e nichel. Un calo che deriva, a sua volta, da un precedente calo della domanda mondiale e che segnala, quanto meno, un rallentamento economico in atto, appunto, a livello globale.
Infine, in una giornata già poco allegra, un ulteriore elemento di preoccupazione in cui fattori tutti interni al sistema-Paese, e fattori connessi alle dimensioni necessariamente globali raggiunte oggi da molti settori produttivi, si intrecciano in un viluppo quasi inestricabile: la questione Ilva.
“Ci preoccupano – ha detto Astori – gli scenari relativi all’ex-Ilva, perché le sorti di quest’ultima sono determinanti per l’industria metalmeccanica, per tutta l’industria e, più in generale, per il Paese.” E, rispondendo a una specifica domanda del Diario del lavoro, Franchi ha chiosato: “L’acciaio è strategico. E’ vitale che l’Ilva rimanga. Ci auguriamo che non accada l’irreparabile.”
Va infine notato che sia Astori che Franchi, mentre hanno evocato l’interlocutore politico, inteso come somma di Parlamento e Governo, si sono ben guardati dall’evocare l’interlocutore sindacale. Il che non poteva non suscitare la curiosità dei giornalisti presenti, visto che per martedì 10 dicembre è fissato un incontro tra la Federmeccanica e i sindacati di categoria Fim, Fiom Uilm in merito al rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Quello attualmente in vigore, infatti, scade il prossimo 31 dicembre.
A chi ha chiesto quali conseguenze la Federmeccanica trarrà dai dati oggi esposti rispetto al modo in cui si posizionerà nella trattativa, Franchi ha risposto dicendo, in termini un po’ sibillini: “Venite all’incontro di martedì prossimo”.
Gli osservatori più attenti hanno però preso nota della parte conclusiva dell’esposizione di Franchi. Quella in cui ha comunicato i dati di un’altra indagine condotta recentemente da Federmeccanica. Indagine da cui risulta che il 57% delle aziende metalmeccaniche ha un premio di risultato con cui incrementare le retribuzioni dei propri dipendenti. Inoltre, Franchi ha sottolineato che il 13% di queste imprese ha istituito il Premio di risultato dopo il 2016, ovvero dopo il varo del contratto attualmente in vigore. Quasi a voler far capire che il modello contrattuale disegnato appunto a fine 2016 funziona e che l’estensione ormai raggiunta dal salario aziendale non va sottovalutata. Restiamo in attesa delle eventuali repliche sindacali.
@Fernando Liuzzi