“Stiamo producendo a caro prezzo.” E’ con queste parole che Stefano Franchi, Direttore generale di Federmeccanica, l’associazione delle imprese metalmeccaniche e meccatroniche aderenti a Confindustria, ha dato ieri avvio alla presentazione dell’edizione n. 166 dell’Indagine congiunturale sull’industria metalmeccanica italiana. Laddove, chiariamolo subito, con “a caro prezzo” non voleva dire “con prezzi alti” alla vendita, ma, al contrario, con margini di guadagno ridotti fra costi di produzione sensibilmente cresciuti e prezzi di vendita meno dinamici.
“I dati della nostra indagine”, ha infatti precisato Franchi, hanno messo in luce “una situazione che sembra essere diventata strutturale”, ovvero “una nuova normalità nella quale i costi sostenuti dalle imprese si sono assestati su un livello superiore di circa 20 punti percentuali a quelli che venivano sostenuti nella fase antecedente ai grandi stravolgimenti iniziati con la pandemia e poi proseguiti con la guerra” e con le successive “dinamiche del commercio mondiale.”
“Quando si dice che niente sarà più come prima – ha proseguito Franchi – forse si inquadra bene la realtà con cui dobbiamo e dovremo confrontarci. La contrazione dei margini che le nostre imprese stanno vivendo da tanto, troppo, tempo, non può che ripercuotersi sulle loro prospettive.” Per Franchi, è dunque “necessario tener conto di questo scenario per definire in maniera consapevole e responsabile le azioni da intraprendere ad ogni livello”. Di più: “Invertire la rotta diventa determinante per intraprendere un percorso di crescita”.
Partiamo dunque dallo scenario richiamato da Franchi. Facendo però, prima, un passo indietro, ovvero ricordando, in estrema sintesi, le tre edizioni più recenti fra quelle che hanno preceduto la nuova indagine trimestrale presentata ieri dalla stessa Federmeccanica.
A proposito dei risultati dell’indagine n. 163, quella presentata il 15 settembre dell’anno scorso, lo stesso Franchi aveva parlato di segnali contrastanti rilevando che nel terzo mese del secondo trimestre 2022, ovvero in giugno, si erano avuti alcuni segnali in controtendenza rispetto all’andamento positivo dei primi cinque mesi dell’anno. Successivamente, e cioè il 14 dicembre 2022, presentando l’indagine congiunturale n. 164, Federmeccanica aveva parlato esplicitamente di un peggioramento verificatosi, per ciò che riguarda l’insieme dell’attività produttiva metalmeccanica, nel terzo trimestre dello stesso 2022. Infine, l’indagine n. 165, presentata il 2 marzo scorso, rilevava un incremento produttivo verificatosi nel quarto trimestre 2022 rispetto al trimestre precedente. Allo stesso tempo, però, veniva osservato che questa ripresa congiunturale, verificatasi nella parte finale del 2022, non era stata sufficiente a scongiurare un leggero calo dell’intero 2022 rispetto al 2021.
Ed eccoci all’indagine n. 166, quella presentata ieri e i cui dati sono stati illustrati da Ezio Civitareale, il nuovo responsabile di quell’Ufficio Studi di Federmeccanica che, per anni, è stato guidato da Angelo Megaro.
Vediamo, dunque: in primo luogo va detto che, da un punto di vista congiunturale, la produzione metalmeccanica realizzata nel primo trimestre del corrente anno rimane invariata rispetto a quella del quarto trimestre 2022. Invece, da un punto di vista tendenziale, tale produzione cresce del 2,2% rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso, ovvero rispetto al primo trimestre 2022.
Ciò si spiega perché, nonostante i cali produttivi verificatisi fra giugno e settembre del 2022, la crescita dei primi cinque mesi dell’anno scorso è stata tale da consentire alla produzione del primo trimestre 2023 di partire comunque avvantaggiata, e di potersi dunque collocare a un livello superiore a quella del primo trimestre 2022.
Va poi rilevato che, sempre nel primo trimestre 2023, l’andamento produttivo verificatosi nel comparto metalmeccanico è stato nettamente migliore di quello realizzatosi nell’insieme della nostra industria manifatturiera. Al +2,2% che, come abbiamo già visto, segna la crescita tendenziale del comparto metalmeccanico del primo trimestre 2023, corrisponde il -0,6% rilevato nell’analogo confronto riferito all’insieme della nostra industria manifatturiera.
Tuttavia, questa posizione – relativamente migliore – del comparto metalmeccanico, non ha fatto sorridere i rappresentanti di Federmeccanica che hanno tenuto ieri, a Roma, la conferenza stampa di presentazione dell’indagine trimestrale. Infatti, è stato rilevato ancora da Stefano Franchi, le imprese metalmeccaniche italiane non devono competere con le altre imprese industriali del nostro Paese, ma con quelle attive, in ambito UE, nello stesso settore. Ma, purtroppo, neanche questi dati sono confortanti. Infatti, mentre nel primo trimestre 2023 la nostra industria metalmeccanica ha avuto una crescita 0 in termini congiunturali, ovvero rispetto al quarto trimestre 2022, la Francia, nello stesso periodo, ha avuto una crescita pari al +0,8%, la Spagna al +1,4% e la Germania al +2,0%. Inoltre, considerando in termini tendenziali ciò che è avvenuto in Italia nello stesso primo trimestre 2023, ovvero confrontando tale periodo col primo trimestre 2022, si vede che in Italia, come già detto, si è verificata una crescita del +2,2%. Ebbene, se si effettua lo stesso confronto per altri grandi Paesi UE, si vede che la Francia ha segnato un +6,9%, la Germania un +7,5% e la Spagna un +7,7%.
Addentrandosi poi nelle specificità del nostro sistema produttivo, è interessante prendere nota del fatto che, come spesso accade, i dati medi del settore metalmeccanico sono il frutto di andamenti anche abbastanza differenziati dei vari sub-settori che lo compongono. Andamenti rispetto ai quali si sono adesso verificati alcuni capovolgimenti. Infatti, mentre in rilevazioni precedenti era visibile un andamento insoddisfacente del raggruppamento Autoveicoli e rimorchi che contrastava con la tenuta della Metallurgia, adesso siamo di fronte a un quadro rovesciato. Confrontando il primo trimestre 2023 con l’analogo periodo del 2022, si vedrà che la Metallurgia decresce del 7,2% e che i Prodotti in metallo calano dell’1,7%, mentre gli Autoveicoli e rimorchi crescono del +5,1% e gli Altri mezzi di trasporto addirittura del +13,3%.
Gettando poi uno sguardo sull’export delle nostre imprese metalmeccaniche, sempre confrontando il primo trimestre 2023 con l’analogo periodo del 2022, si vedrà che i cali relativi più significativi sono quelli concernenti le esportazioni dirette verso Russia e Cina. All’opposto, le crescite relative maggiori sono quelle concernenti le esportazioni dirette in Turchia e in India.
Con i dati, per questa volta, possiamo fermarci qui. Ma restano da fare un paio di considerazioni.
La prima. Quando i dati di una rilevazione trimestrale non segnano un cambiamento netto della situazione precedente, per cogliere il senso di ciò che sta comunque accadendo, può essere utile inserire tali nuovi dati in una prospettiva temporale più lunga.
Nel nostro caso, ci pare di poter riproporre questa sequenza. Dalla primavera del 2020, le conseguenze della pandemia da Covid-19, a partire dai lockdown e dalla rarefazione della componentistica, specie elettronica, hanno determinato drammatiche riduzioni della produzione manifatturiera, e segnatamente di quella metalmeccanica. Una prima fase di ripresa a livello globale è stata poi accompagnata da un repentino rialzo dei prezzi dei noli marittimi, con aggravamento dei costi di materie prime e componentistica.
A febbraio del 2022, la Russia di Putin ha poi lanciato l’invasione dell’Ucraina. Una guerra, questa, che, per una somma di conseguenti fattori, ha portato a un’impennata del prezzo delle materi prime energetiche (gas e petrolio). Impennata che ha avuto l’effetto di ostacolare la ripresa che si stava delineando tra la fine del 2021 e gli inizi del 2022. Fatto sta che già ai primi di marzo di quest’anno, l’edizione n. 165 dell’Indagine congiunturale di Federmeccanica segnalava che il 64% delle imprese metalmeccaniche del nostro Paese lamentava una riduzione dei propri margini per effetto del rincaro dei prodotti energetici e per la conseguente crescita delle bollette energetiche.
Nella presentazione dell’edizione n. 166 della stessa indagine, diffusa ieri, si poteva leggere che “si conferma molto alta (72%) la percentuale di chi dichiara un impatto significativo dei rincari dei prezzi delle materie prime e dell’energia sui costi di produzione. Inoltre, il 57% delle imprese ha registrato una riduzione del Margine Operativo Lordo”.
Nel pomeriggio di ieri, durante un’intervista andata in onda su Radio 24, il conduttore di Focus Economia, Sebastiano Barisoni, ha obiettato a Diego Andreis, Vicepresidente di Federmeccanica, che i prezzi dell’energia sono ormai in calo. Ma Andreis ha sostenuto che Federmeccanica non si riferiva solo al prezzo attuale dell’energia, ma ai costi energetici che sono stati ormai incorporati nelle altre materie prime e nella componentistica che vengono correntemente acquistate dalle imprese metalmeccaniche. Inoltre, nel corso della conferenza stampa di ieri, Civitareale aveva osservato che, quando si parla di costi, bisogna pensare anche agli effetti di certe scelte di politica monetaria. Scelte che “stanno facendo crescere il costo del denaro”.
Seconda considerazione. Se i margini operativi si riducono mentre il costo del denaro è aumentato, è quasi inevitabile che si verifichi qualche conseguenza negativa sui progetti di investimento. E infatti, secondo Federmeccanica, rispetto alla rilevazione precedente “diminuisce di tre punti percentuali (dal 70% al 67%) la quota di imprese che prevede di attuare forme di investimento nei prossimi sei mesi”.
Passando dall’analisi economica alla proposta politica, lo stesso Andreis, in mattinata, aveva anche dichiarato che “le nostre imprese non possono essere lasciate da sole o comunque senza strumenti adeguati in uno scenario profondamente mutato con costi stabilmente più alti”. Aggiungendo poi che, con l’Indagine n. 166, Federmeccanica ha “voluto anche analizzare gli impatti degli incentivi esistenti”, e ciò “soprattutto con riferimento agli investimenti in ricerca e sviluppo”. Aggiungendo, subito dopo, che “c’è ancora molto da fare” dal momento che “tante imprese ci riferiscono che non hanno utilizzato” tali incentivi “perché non rispondenti alle loro esigenze”, o “a causa di difficoltà burocratiche”.
Ed ecco la conclusione che Andreis ricava da queste osservazioni (e indirizza, se ben comprendiamo, al Governo): “Serve un confronto costante con il mondo delle imprese per comprendere appieno quali sono le misure di supporto più efficaci e per mettere in campo strumenti facili da utilizzare. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo”.
Fernando Liuzzi