Incertezza. La mente corre a un paio di anni fa. Per essere precisi, a quel 29 maggio del 2020, quando Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, tenne le sue prime Considerazioni finali dell’era Covid. Come è noto, un minimo di capacità previsiva è il pre-requisito che sta alla base, se non di tutte, certo di molte decisioni assunte in campo economico. E ciò vale non solo per i Governi ma anche, se non di più, per imprese e operatori finanziari.
A fine maggio 2020, i lockdown erano il principale strumento che era stato possibile usare per bloccare la rapidissima espansione del Covid 19. L’attività produttiva ne risultava quindi sconvolta. Inoltre, non si poteva ancora sapere quale sarebbe stata l’evoluzione della pandemia, né quali strumenti sarebbe stato possibile approntare per combatterla. Soprattutto, non si poteva sapere quando tali eventuali strumenti sarebbero stati messi a punto e sarebbero quindi divenuti efficaci.
A un osservatore attento della scena economico-finanziaria come Visco, non poteva quindi sfuggire che gli attori presenti su tale scena avrebbero dovuto subire la compagnia di una protagonista indesiderata: l’incertezza.
Ieri, le parole pronunciate allora dal Governatore sono tornate alla mente di chi ha potuto ascoltare ciò che ha detto il Presidente di Federmeccanica, Federico Visentin, nel corso della presentazione alla stampa dei risultati dell’edizione n. 161 dell’Indagine congiunturale realizzata, con cadenza trimestrale, dall’associazione delle imprese metalmeccaniche aderenti alla Confindustria. Solo che, mentre due anni fa la parola incertezza era associata alla parola pandemia, adesso si è ripresentata insieme alla parola guerra.
“Stiamo vivendo una fase molto instabile”, ha esordito Visentin. Il quale ha poi aggiunto che “ogni giorno lo scenario può mutare”. Infatti, ha ancora osservato, “quanto sta accadendo in Europa a seguito dell’aggressione da parte della Russia all’Ucraina, costituisce un fatto gravissimo dalle conseguenze non prevedibili”. Nonché, aggiungiamo noi, un fatto che va a impattare su una situazione congiunturale particolarmente complessa e, allo stesso tempo, delicata.
Lo si capisce bene se si guarda ai risultati dell’indagine che sono stati illustrati, nel corso della conferenza stampa tenuta a Roma in presenza – come oggi si usa dire – da Stefano Franchi, Direttore generale di Federmeccanica, e da Angelo Megaro, Direttore del suo centro Studi.
Cosa dicono, dunque, tali risultati? Cominciamo dalle buone notizie. “Nel 2021, la produzione metalmeccanica è cresciuta del 15,9% rispetto all’anno precedente”. Tale risultato “ha consentito di recuperare completamente il crollo osservato nel corso della pandemia”. Di più: i “volumi di produzione” registrati nel 2021 sono risultati alla fine addirittura superiori, anche se di poco (+0,3%), a quelli del 2019. E ciò nonostante che “l’intero comparto industriale” abbia registrato, nello stesso confronto, un calo dello 0,6%.
Inoltre, va sottolineato il fatto che “la performance dell’industria metalmeccanica italiana” è stata “migliore di quella a cui abbiamo assistito nei principali Paesi” della Unione Europea. Infatti, in Francia e in Germania “i volumi risultano ancora inferiori di circa 10 punti rispetto ai livelli pre-pandemici”.
Va poi rimarcato il fatto che “il recupero osservato nel 2021 nel nostro Paese, oltre che da un miglioramento della domanda interna”, sia stato favorito “da una marcata ripresa dell’export, cresciuto in media del 18,4% rispetto al 2020”. Si è confermato così, aggiungiamo noi, quello che, da anni, è un punto di forza della nostra industria metalmeccanica. Un’industria che è capace di sfornare prodotti che vengono poi apprezzati sui mercati esteri per la loro qualità.
A questi dati, indiscutibilmente positivi, se ne affiancano però anche altri che rendono la situazione meno solida. Infatti, i risultati sopra citati sono stati ottenuti, principalmente, grazie all’andamento positivo verificatosi nei primi 6 mesi del 2021. Già nel terzo trimestre dell’anno scorso si era verificato un “rallentamento”. Nel quarto trimestre, poi, i “volumi di produzione”, se considerati in termini congiunturali, ovvero in confronto col trimestre precedente, “sono diminuiti dell’1,8%”. Passando a una valutazione in termini tendenziali, ovvero in confronto con gli stessi periodi dell’anno precedente, e cioè del 2020, si vedrà che la crescita, attestatasi al +6,4% nel terzo trimestre 2021, è scesa al +1,2% del quarto trimestre.
Un altro elemento preoccupante, che è diventato sempre più visibile nel corso periodo ottobre-dicembre del 2021, sta nel fatto che a un “diffuso rallentamento di tutte le attività metalmeccaniche”, si sono aggiunti i “risultati fortemente negativi del comparto Automotive, che ha segnato un calo di oltre 13 punti percentuali rispetto all’analogo periodo del 2020″, nonché “da un decremento più contenuto del comparto Altri mezzi di trasporto” (pari, sempre su base tendenziale, al -2,4%).
In sostanza, pare di potere dire che, nel corso del 2021, la nostra industria metalmeccanica, grazie anche all’apporto delle sue lavoratrici e dei suoi lavoratori, ha fatto anche più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare in termini di ripresa produttiva dal crollo verificatosi nel 2020 a causa degli effetti della pandemia. Nel quarto trimestre 2021, però, si sono scaricate su questa industria le conseguenze complesse, e, almeno in parte inattese, di una ripresa che, a livello globale, è stata particolarmente disordinata. E’ così accaduto che, nello stesso quarto trimestre, “quasi tutte le aziende” abbiano dovuto registrare “ulteriori rincari dei prezzi delle materie prime”, mentre “è salita la percentuale” di quelle che “hanno dichiarato difficoltà di approvvigionamento”. Si sono così generate delle dinamiche che “si stanno ripercuotendo sui prezzi alla produzione dei prodotti industriali, dato che, nel 2021, l’aumento medio per il settore metalmeccanico è stato di quasi l’8%”. Federmeccanica rileva quindi che tali “incrementi di costo (…) impattano negativamente sulla competitività di molte imprese” e “stanno ridimensionando molto i margini di profitto”.
Concludendo. “La pandemia ha stravolto molti paradigmi”, ha detto, sempre ieri, Diego Andreis, Vicepresidente di Federmeccanica. E dopo aver ricordato che “ci siamo trovati ad affrontare difficoltà mai viste”, ha anche affermato che “continuiamo a dover fronteggiare l’incremento esponenziale dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici, oltre alle difficoltà di reperimento delle stesse”. Infine, con un evidente riferimento alla guerra in corso, Andreis ha osservato che “quello che ora sta accadendo non potrà che amplificare queste criticità che già apparivano fuori controllo”.
E qui si torna al tema dell’incertezza. Dopo aver ricordato che Federmeccanica ha tenuto a esprimere “la propria vicinanza alla popolazione colpita dalla guerra”, l’osservatore non può non rilevare che, al di là di problemi specifici come quelli relativi al settore dell’acciaio, denunciati due giorni fa in un documento congiunto da Fim, Fiom e Uilm, il rischio è che il clima di incertezza, generato dalla guerra ormai in corso, diventi esso stesso un fattore negativo, generatore di nuovi problemi.
@Fernando_Liuzzi