Come è andata la Fca nel 2017? Bene, anzi benissimo. Lo ha annunciato oggi la stessa Fca con un comunicato emesso a Londra, la città in cui si è riunito il suo Consiglio di amministrazione. Un comunicato piuttosto lungo (9 pagine) e, ovviamente, molto dettagliato che inizia parlando, già dalla sua prima riga, di “risultati record”, conseguiti nell’anno appena trascorso.
Ora non saremo noi a sostenere che questa enfasi sia frutto solo di una scelta comunicativa, per così dire, aziendalista, tipica della comunicazione d’impresa. In effetti, nei risultati ottenuti da Fca nell’esercizio 2017 ci sono molte luci. Tuttavia, va detto anche che c’è qualche ombra. Inoltre, il 2018 si annuncia non privo di rischi, come del resto ha ammesso saggiamente il Ceo di Fca,Marchionne, nella “conference call” con analisti e investitori che si è tenuta a partire dalle 13:00 di oggi (ora di Londra).
Vediamo dunque. Dalla selva di cifre contenute nelle 9 pagine del comunicato, ne prendiamo subito una che sembra particolarmente significativa: quella relativa all’utile netto. Utile che, a fine 2017 , ha toccato la cifra di 3 miliardi e 510 milioni di euro, contro il miliardo e 814 milioni del 2016. In pratica, rispetto al 2016, l’utile netto è cresciuto di 1 miliardo e 696 milioni di euro, ovvero del 93%. Effettivamente, niente male.
Secondo dato molto positivo è quello relativo alla riduzione dell’indebitamento. Infatti, a fine 2017 l’indebitamento netto industriale è sceso a 2 miliardi e 390 milioni di euro, ovvero di ben 2 miliardi e 195 milioni rispetto ai 4 miliardi e 585 milioni di fine 2016. In altre parole, l’indebitamento netto industriale, nel corso del 2017, si è quasi dimezzato rispetto al 2016. E ci pare indubbio che queste cifre sembrino giustificare la sicurezza con cui la settimana scorsa, a Detroit, Marchionne ha dichiarato di ritenere effettivamente raggiungibile l’obiettivo dell’azzeramento del debito entro il 2018; se non, anzi, con qualche mese di anticipo. Un obiettivo, quest’ultimo, posto, è bene ricordarlo sempre, come una delle mete principali del piano industriale 2014-2018.
Quanto al debito complessivo, anch’esso è sceso di ben 6 miliardi di euro, passando dai poco più di 24 miliardi del 2016 ai poco meno di 18 miliardi del 2017. Ma qui va rilevato che anche la liquidità disponibile complessiva è scesa di quasi 3 miliardi e 500 milioni, passando dai 23 miliardi e 801 milioni del 31 dicembre 2016, ai 20 miliardi e 377 milioni del 31 dicembre 2017.
Troppe cifre? O.K., con milioni e miliardi di euro ci fermiamo qui. Per passare ai numeri relativi agli autoveicoli effettivamente usciti dagli stabilimenti di Fca. Ebbene, dalla prima riga della tabella che campeggia nella prima pagina del comunicato sopra citato, si apprende che le consegne complessive di autoveicoli effettuate nel 2017 sono pari a 4 milioni e 740mila unità. Una cifra che è di appena 20mila unità superiore a quella del 2016. Soprattutto, una cifra che è di molto inferiore a quei 6 milioni di autoveicoli prodotti e venduti all’anno che Marchionne si proponeva come obiettivo da raggiungere (con una Fiat che fosse riuscita a fare le alleanze giuste) fin dalla seconda metà del 2008. Ma non basta. Una cifra che, come ha notato su Automotive News Larry P. Vellequette, è di gran lunga inferiore ai 7 milioni di autoveicoli che, secondo quanto previsto dal piano industriale quinquennale lanciato nel 2014, Fca avrebbe dovuto essere in grado di vendere proprio nell’anno ormai iniziato, il 2018.
Ora è vero che dal 2008 molte cose sono cambiate. Prima di tutto, infatti, c’è stata la crisi che ha devastato l’economia globale e, in particolare, il mondo dell’auto a stelle e strisce. Di quella crisi, peraltro, proprio Marchionne ha saputo profittare, realizzando la fusione di Fiat e Chrysler nella nuova Fca, la multinazionale da lui stesso creata. Ma è anche vero che la dimensione complessiva del nuovo gruppo è rimasta inferiore alle ambizioni originarie di Marchionne. Così come è vero che, stando a ciò che il Ceo di Fca ha dichiarato alla vigilia dell’apertura del salone di Detroit, al momento Fca ha rinunciato a cercare un partner con cui realizzare l’agognata crescita dimensionale.
Ci si potrebbe allora chiedere: se le consegne nel 2017 sono rimaste ai livelli del 2016, come è possibile che l’utile sia raddoppiato? A questa domanda risponde, nella sua analisi, l’esperto e attento Vellequette. Il quale osserva che gli “obiettivi finanziari” di Fca “saranno raggiungibili” nel 2018, nonostante la distanza tra i volumi indicati come obiettivo nel 2014 e i volumi realizzati nel 2017, a causa dei “livelli di profittabilità” che caratterizzano oggi i prodotti che portano su di sé i marchi Maserati, Jeep e Ram. Livelli di profittabilità che, par di capire, non erano immaginabili con le produzioni tipiche di altri marchi tradizionali dell’attuale Fca, quali Fiat e Chrysler. In altri termini, risulterebbe confermata dall’analisi che può essere letta su Automotive News quanto già avevamo scritto sul Diario del lavoro, ovvero che una scelta fondamentale della strategia elaborata da Marchionne negli anni più recenti è appunto quella che consiste nel privilegiare la produzione di autoveicoli di una gamma nettamente più alta sia rispetto alle “utilitarie” tipiche della Fiat in Italia, sia rispetto alla collocazione “media” delle vecchie berline Chrysler o Dodge negli Stati Uniti.
Né va dimenticato che, a tutto ciò, si aggiungeranno negli Stati Uniti, a partire dal 2018, i vantaggi finanziari derivanti dalla riforma fiscale recentemente lanciata dal Presidente Trump. Torniamo quindi a dire che non appare impossibile ciò che, nella conference call, è stato affermato, oltre che da Marchionne, anche, – se ci perdonate il bisticcio fonico – dal Cfo di Fca, ovvero dal direttore finanziario (Chief Financial Officer) Richard Palmer. I quali hanno detto di aspettarsi che, a metà 2018, la società potrebbe avere disponibilità di cassa superiori al debito industriale.
Tutto bene, dunque. No, non tutto. Certo, ha ragione Marchionne quando sottolinea che “cinque anni fa, quando abbiamo lanciato il piano” 2014-2018, “nessuno credeva” che gli obiettivi da esso indicati sarebbero stati raggiunti dalla Fca. Ma il punto è proprio questo. Ovvero che non tutti questi obiettivi sono stati raggiunti. In particolare, mentre negli Stati Uniti cresceranno investimenti, produzione e salari, la piena occupazione negli stabilimenti italiani non appare come un obiettivo a portata di mano.
Molte delle attese per il 2018, negli Stati Uniti, sono comunque legate al lancio delle nuove versioni di due modelli di successo, la Jeep Wrangler e il pickup Ram 1500. Lanci il cui eventuale fallimento, per Marchionne, va assolutamente evitato. E l’Italia? L’Alfa Romeo Stelvio e la Maserati Levante sono, indubbiamente, due belle macchine, nonché i primi due Suv dei due nobili marchi della sponda italiana di Fca. Insomma due autovetture ad alto valore aggiunto che ben si inseriscono nella strategia attualmente perseguita dal manager dei Due Mondi. Ma tutto spinge a pensare che sarà difficile saturare, con questi e con un numero limitato di altri modelli, le fabbriche attualmente sottoutilizzate, come la storica Mirafiori, che Fca possiede in Italia.
@Fernando_Liuzzi