Lunedì’ 5 novembre 2018: non una data storica nel senso più classico dell’espressione, ma comunque una data destinata a entrare almeno nelle cronache delle vicende sindacali del mondo ex Fiat. Oggi, infatti, si sono prodotti due eventi che hanno ricordato a tutti i protagonisti, dall’azienda ai lavoratori, che il contratto di lavoro attualmente vigente in questo mondo, ovvero nelle fabbriche e negli uffici targati Fca, CnhI e Ferrari, scadrà il 31 dicembre di quest’anno. Il che significa che, quanto prima, dovranno essere avviate le trattative per il rinnovo del cosiddetto Ccsl, il contratto collettivo specifico di lavoro che riguarda, attualmente, i circa 90 mila dipendenti dei tre gruppi accomunati dal fatto di avere in Exor, il gruppo finanziario guidato da John Elkann, il proprio azionista di riferimento.
Al mattino, a Roma, i sindacati firmatari del Ccsl – e cioè Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic-Confsal, Ugl Metalmeccanici e Aqcf – hanno riunito circa 500 fra delegati e dirigenti sindacali al Teatro Italia, in via Bari, non lontano dalla storica sede ex Flm di corso Trieste. Qui i sindacati citati hanno presentato la piattaforma rivendicativa che nella seconda metà di questa settimana, e cioè nelle giornate di giovedì 8 e venerdì 9 novembre, sarà sottoposta al voto delle rappresentanze sindacali in tutti gli stabilimenti di Fca, CnhI e Ferrari.
Diverso il percorso scelto dalla Fiom-Cgil che, pur non essendo firmataria del Ccsl, ha comunque elaborato una propria piattaforma e l’ha già sottoposta al voto dei lavoratori, iscritti o meno alla stessa Fiom, nelle settimane scorse. E ha poi tenuto, nel pomeriggio di oggi, una conferenza stampa nella suddetta sede di corso Trieste.
Con l’inizio della prossima settimana, dunque, i sei sindacati presenti nel mondo ex Fiat saranno idealmente schierati ai nastri di partenza, pronti a scattare verso un nuovo traguardo contrattuale. Anche se, prima dell’avvio di qualsiasi trattativa, Fca ha già comunicato le date di due incontri in qualche modo preliminari, anche se formalmente non correlati, alle trattative stesse.
Per giovedì 29 novembre, infatti, Fca ha fissato un incontro con i cinque sindacati firmatari in cui presenterà loro il piano industriale relativo agli stabilimenti italiani. Lo stesso piano sarà poi illustrato alla Fiom il giorno successivo, venerdì 30 novembre.
E su questo punto la Fiom ha lanciato il suo primo messaggio. La segretaria generale della Fiom, Francesca Re David, ha infatti detto, nel corso della conferenza stampa, che il sindacato dei metalmeccanici Cgil chiede che il piano industriale sia presentato lo stesso giorno a tutti i sindacati, riuniti con l’Azienda attorno a un unico tavolo. Un gesto, questo, che, a quanto si comprende, nei disegni della Fiom dovrebbe essere propedeutico a una trattativa che potrebbe svolgersi secondo quello che potremmo definire come il “modello Federmeccanica”. La stessa Re David, infatti, ha citato come esempio quanto avvenuto, nel 2016, per il Contratto nazionale dei metalmeccanici, quando Fim e Uilm da una parte, e Fiom dall’altra, presentarono due piattaforme diverse, che furono però poi oggetto di un’unica trattativa che portò, nel novembre dello steso anno, alla firma di un contratto unitario.
Per quanto riguarda i contenuti delle piattaforme, ci sarà modo di fare un confronto più ravvicinato quando entrambe saranno state presentate alla controparte aziendale. Anche se, a una prima occhiata, non sembra che vi siano differenze insormontabili. Nel comunicato dei sindacati firmatari, assume infatti un forte rilievo la rivendicazione salariale che “consiste in un aumento pari al 10% della paga base a regime in quattro anni”. Un aumento che, per i lavoratori inquadrati nel 3° gruppo, I fascia, sarebbe pari, al quarto anno, a un incremento medio mensile di 175 euro lordi per 13 mensilità.
Nelle parole di Francesca Re David, d’altra parte, è emersa in modo netto la richiesta di un adeguamento della paga base dei dipendenti di Fca e CnhI a quella prevista dal Contratto dei metalmeccanici. Infatti, secondo la Fiom, la paga base media dei lavoratori ex Fiat sarebbe inferiore di 327,99 euro all’anno rispetto a quella dei lavoratori cui viene applicato il contratto Federmeccanica. Una differenza modesta, si dirà. Ma dalla Fiom replicano che quando il Ccsl è nato, e cioè nel 2011, i vecchi premi aziendali sono stati inseriti nella nuova paga contrattuale che, quindi, costituisce il totale della retribuzione di fatto. La differenza tra lavoratori cui viene applicato il Ccsl modello Fca e quelli cui viene applicato il Ccnl della Federmeccanica non sta quindi tanto nelle due diverse paghe base, quanto nel fatto che alla paga base Federmeccanica vanno poi aggiunti i vari premi aziendali che fanno lievitare le retribuzioni di fatto. Mentre dunque, inizialmente, la paga base media del Ccsl è stata superiore a quella del Ccnl Federmeccanica, successivamente il contratto Federmeccanica ha superato quello Fca. Alla richiesta di aumento della paga base del Ccsl, la Fiom aggiunge quindi quella della rinascita di un doppio livello di contrattazione – aziendale e, per così dire, nazionale – anche all’interno del mondo ex Fiat.
In sostanza, la richiesta di un aumento retributivo come punto rilevante sembra essere presente sia nella piattaforma già approvata dalla Fiom che in quella oggi presentata da Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcf.
A ciò si può aggiungere che, anche se espresse con accenti diversi, sia nella Fiom che tra i sindacati firmatari del Ccsl sono presenti delle preoccupazioni più o meno rilevanti sul futuro industriale, e quindi occupazionale, degli stabilimenti di Fca e CnhI presenti in Italia. Preoccupazioni, va detto, probabilmente accresciute dalla congiuntura non positiva che l’industria dell’auto sembra aver imboccato, nel nostro Paese, a partire dal mese di settembre, con qualche aggravamento nell’appena conclusosi mese di ottobre. Infatti, la frenata avviatasi dopo le ferie estive porta gli osservatori a prospettare l’ipotesi che il 2018 si chiuda registrando un calo, rispetto al 2017, per ciò che riguarda il numero delle auto immatricolate in Italia nel corso dell’anno.
A mantenere la divisione tra sindacati firmatari, da una parte, e Fiom, dall’altra, non sono dunque tanto le richieste da rivolgere alla controparte aziendale, né le preoccupazioni sul futuro produttivo degli stabilimenti italiani. A mantenere la divisione è dunque, se così possiamo dire, il passato, ovvero l’asprezza dello scontro che, a partire dall’accordo del 2010 relativo allo stabilimento di Pomigliano, ha lacerato, da un lato, i rapporti tra la Fiom e la Fca e, dall’altro, quelli tra Fiom e sindacati firmatari del Ccsl. Un accordo, questo, cui la Fiom non ha mai voluto aderire.
L’aspetto paradossale della vicenda sta nel fatto che mentre un qualche rapporto, anche se essenzialmente formale, è stato riallacciato tra Fiom e Fca, le distanze fra i due fronti sindacali quando si parla della stessa Fca permangono invariate.
Non resta quindi che attendere la fine del mese per vedere se i sindacati cominceranno a trovare la forza di superare le divisioni che, negli ultimi otto anni, li hanno portati a contrapporsi frontalmente nel mondo ex Fiat. Un mondo a governare il quale non c’è più la figura, carismatica e divisiva, di Sergio Marchionne.
@Fernando_Liuzzi