Potere alla tecnologia. Sembra essere questo il nuovo corso mondiale sancito durante l’insediamento di Donald Trump. Ma verso quale orizzonte ci stiamo muovendo? Ne abbiamo parlato con Adriano Fabris, docente di filosofia morale all’Università di Pisa.
Professore perché, secondo lei, le destre subiscono il fascino di Elon Musk?
La fascinazione delle destre per Musk richiama tre elementi che hanno caratterizzato il fascismo e il nazismo: la fiducia e l’attrazione nei confronti della tecnologia, l’attenzione alle masse e l’idea che le decisioni debbano essere prese da un leader forte mentre i processi democratici e parlamentari risultano obsoleti e farraginosi. Musk e gli altri grandi delle Big Tech incarnano proprio questo: un’oligarchia di tecnocrati che ha il controllo esclusivo delle tecnologie e che si arricchisce a discapito delle masse. Se vogliamo ricercare degli antesignani culturali e filosofici nel 900 questi sono il Futurismo, con la sua estetica della velocità e del movimento, e il concetto di volontà di potenza di Nietzsche. La differenza sostanziale è che le tecnologie attuali sono molto diverse e più insidiose di quelle del secolo scorso.
Dove sta il salto?
L’intelligenza artificiale è una tecnologia autogenerativa che apre degli scenari inaspettati. Questo vuol dire che è in grado di elaborare delle soluzioni che vanno oltre le previsioni dell’essere umano e che può sostituire il fattore umano in molti ambiti. Il rischio è che l’intelligenza artificiale sfugga al nostro controllo e che in un contesto di esercizio della volontà di potenza, che altro non è se non autoaffermazione e dominio, la contesa sia tra l’essere umano e la stessa intelligenza artificiale. La ricerca sull’IA sta avvenendo, almeno negli Stati Uniti, in un contesto di totale deregulation. L’idea di Trump, e anche di chi detiene il controllo di queste tecnologie, è che tutto quello che è possibile fare si può fare, senza nessun tipo di remora. In questo l’Europa sta dimostrando una sensibilità diversa, scegliendo una via più saggia, quella dell’Human Centered AI. Il punto è che va bene mettere delle regole, ma poi bisogna anche agire e investire. E in questo il nostro continente dimostra tutta la sua debolezza.
Il fact checking è stato bandito dai social. E per molti questo è un bene perché gli utenti posso decidere da soli che cosa sia vero e cosa falso, senza che qualcuno lo faccia per loro. Cosa ne pensa?
Quello che si sta verificando è una sostituzione della realtà con la sua rappresentazione. In questa prospettiva arrivare alla definizione che un qualcosa è vero perché corrispondente alla realtà è molto difficile. Il vecchio Twitter aveva fatto della verifica dei fatti e della responsabilità degli utenti uno dei tratti distintivi della sua politica. L’X di Musk ha abbandonato tutto questo. Sono molto diffidente sul fatto che la maggioranza, in quanto tale, possa sempre controllare e stabilire che cosa sia vero. Ricordiamoci che Socrate, uomo giusto, è stato condannato a morte dalla maggioranza degli ateniesi sulla base di accuse false che, invece, sono state ritenute vere.
Il patron di Tesla non ha mai nascosto una simpatia per l’Afd che propugna programmi di reimmigrazione per i figli dei migranti. Cosa detta, nondimeno, anche da Trump. Pensa che oggi ci sia sempre più terreno fertile verso certi discorsi?
Oltre al fatto che oggi chi ha potere pensa di poter dire tutto senza nessun freno, certi messaggi stanno trovando terreno fertile perché sull’immigrazione le politiche di integrazione hanno sostanzialmente fallito. Integrare non vuol dire creare sacche culturali e linguistiche del tutto isolate rispetto al resto della società, né annullare ogni elemento identitario. La mancata integrazione genera paura in una parte della società e quindi terreno fertile per queste idee.
Che idea si è fatto ascoltando il discorso di insediamento di Trump?
Quello che mi preoccupa e mi spaventa di Trump è l’assoluta mancanza di un senso del limite. Mentre nel primo mandato aveva attorno a sé persone che potevano arginalo nelle sue decisioni, ora non è più così. E il problema è l’assoluta noncuranza delle conseguenze che questo può comportare. Finché dichiara di volere invadere la Groenlandia, la Danimarca può fare ben poco se ci si mette sul piano della forza. Ma che cosa potrebbe accadere con la Cina se Trump continuasse a insistere con il canale di Panama, dove il paese asiatico detiene il controllo di alcuni porti? Pensare che ci possa essere cooperazione e una convivenza pacifica tra potenze che si definiscono sovraniste è una grossa contraddizione.
Tommaso Nutarelli