“Noi ci siamo e con noi dovete fare i conti. Tra pochi giorni ci troveremo di fronte di fatto ad una nuova società con il perfezionamento dell`accordo tra Governo e ArcelorMittal. La nuova società sarà partecipata per il 50% dal capitale pubblico dello Stato. L`ingresso e la partecipazione dello Stato attraverso Invitalia non possono essere semplicemente una decisione di natura finanziaria. È indispensabile che lo Stato assuma un ruolo e una funzione di indirizzo e di controllo nelle scelte strategiche di politica industriale del gruppo”. Ad affermarlo è la leader della Fiom, Francesca Re David.
“Non vorrei che si pensasse che abbiamo fatto una trattativa di un anno con il vicolo occupazionale e zero esuberi con un’azienda privata e che ora si possa trattare gli esuberi con un’azienda per metà pubblica. Anche perché a noi non è arrivata nessuna disdetta dell’accordo sindacale firmato al Mise il 6 settembre del 2018. L`accordo del 2018 prevedeva 10.700 occupati subito e la clausola di salvaguardia occupazionale con il rientro dei 1700 lavoratori in amministrazione straordinaria entro il 2023”, ha aggiunto.
La Fiom trova “inaccettabili l’atteggiamento del Governo e anche il comportamento dell’azienda. C`è una totale mancanza di rispetto nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori e nei confronti delle organizzazioni sindacali.
In Italia le multinazionali non rispettano gli accordi, gli unici che rispettano gli accordi sono le lavoratrici e i lavoratori, che oggi hanno scioperato con un`altissima adesione e presidi negli stabilimenti del gruppo, a cui sono pervenute manifestazioni di solidarietà di tutti i sindacati europei dei Paesi in cui sono presenti impianti di ArcelorMittal”.
“Siamo preoccupati per un possibile slittamento sui tempi, probabilmente al 2025, e siamo di fronte ad una trattativa tutta da fare. Chiediamo un cronoprogramma preciso degli investimenti in grado di accelerare le ricadute positive in termini ambientali, industriali e occupazionali”, ha concluso.
Il Segretario Generale della Fim Cisl Roberto Benaglia ha precisato nel corso della conferenza stampa, come questa scadenza già da tempo segnata.
“Oggi rispetto a quella che possiamo considerare la madre di tutte le vertenze, non abbiamo ancora avuto risposte sui contenuti dell’intesa che da quanto ci è stato riferito dall’incontro di ieri dell’ad Morselli, si formalizzerà il 30 novembre prossimo con un nuovo assetto societario del Gruppo che vedrà la partecipazione pubblica attraverso Invitalia”. Ha detto il segretario generale della Fim-Cisl, Roberto Benaglia.
“A fronte di ciò ci aspettiamo risposte precise su: investimenti, piano produttivo, ambientale e occupazione. Quest’anno il sito di Taranto, che ricordiamo è il più grande siderurgico di Europa, che fino a qualche anno fa contribuiva a generare l’1% del Pil nazionale, chiuderà il 2020 con la produzione al minimo storico , 3 mln e 300 tonnellate di produzione, un livello mai raggiunto, meno della metà di quello che produceva prima di questa vertenza”.
“Rilanciare uno stabilimento di queste dimensioni e in uno stato di grande abbandono sul piano manutentivo, significa fare grandi sforzi, non solo finanziari. In questo senso dopo il 30 novembre si apre una partita fondamentale quella per l’accordo sindacale. L’intesa sarà possibile solo se non ci saranno esuberi. Ma non ci basta sapere che da qui al 2025 saranno tutti a lavoro, vogliamo avere certezze su tempi e cose da fare. Non solo sui volumi produttivi ma anche investimenti industriali e ambientali, commerciali sulle manutenzioni e sui tempi di realizzazione. Non possiamo dimenticare, in questo senso, la situazione dei 1700 lavoratori ad oggi in amministrazione straordinaria che sono stati messi in cassa integrazione in vista di progetti che ad oggi non si sono mai realizzati”.
“Per questo – ha proseguito Benaglia – pensiamo sia necessario anche alla luce degli annunci di investimenti per oltre un miliardo su Taranto del premier Conte che ci sia un coinvolgimento del sindacato per dare una ricollocazione lavorativa a tutti questi lavoratori. C’è poi sul tavolo, anche la valorizzazione dei siti di Genova e Novi Ligure e di tutte le altre realtà del Gruppo presenti nel Paese e su cui bisognerà investire e realizzare piani di rilancio concreti”.
“Da questi fattori dipenderà la sostenibilità e il rilancio industriale e ambientale del Gruppo e del sito di Taranto. Il 30 novembre, quindi, si apre una partita fondamentale su cui sono tutti chiamati a partecipare, un segnale di buona volontà sarebbe quello di rendere esplicito il pieno coinvolgimento dei lavoratori. Creare dei comitati strategici e di sorveglianza per discutere con i lavoratori il futuro del sito e le cose da fare, sarebbe un forte segnale di speranza e di volontà”.
“Oggi è una giornata importante perché i lavoratori dell`ex Ilva, nonostante le restrizioni dovute alla pandemia, hanno scioperato in massa in tutti gli stabilimenti per difendere il lavoro, la sicurezza, la salute e l`ambiente. L`ex Ilva rappresenta la vertenza madre non solo della siderurgia ma del futuro del nostro Paese. L`accordo del 6 settembre 2018, firmato al Mise da Governo, ArcelorMittal e sindacati è stato disatteso per responsabilità sia dell`Esecutivo che della multinazionale e questo è insopportabile. Sia l`intesa del 4 marzo che quella che ci sarà il 30 novembre ci hanno visti solamente spettatori e per questo non ci sentiamo vincolati in nessun modo. Vogliamo conoscere e discutere, senza accordi pre confezionati, del piano industriale e occupazionale, con l’imprescindibile salvaguardia sia dei dipendenti, che dei 1.700 in Ilva AS e quelli dell`indotto. Non firmeremo mai accordi che prevedono esuberi, riduzioni salariali e tempi lunghi per il piano industriale e ambientale”. Lo dichiara Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm.
“Vogliamo garanzie chiare e immediate dal Governo sull`occupazione e sugli interventi che si vogliono mettere in campo. Questa vertenza va avanti dal 2012 e non si può perdere più tempo, i lavoratori e la città sono stremati” esorta.
“Vogliamo un piano che concili salute, lavoro e ambiente, che rispetti sia i diritti dei lavoratori che quelli dei cittadini di Taranto. Solamente con la riconciliazione tra fabbrica e città saremo in grado di costruire un futuro ecosostenibile e occupazionale dell`ex Ilva” prosegue.
“La prospettiva occupazionale dei lavoratori all`interno dell`ex Ilva è una cosa seria. Vogliamo il lavoro e non gli ammortizzatori sociali” continua.
“Non possiamo fidarci a scatola chiusa dell`ingresso dello Stato nella società con ArcelorMittal, perché è lo stesso che ha gestito gli stabilimenti dal 2012 al 2018 con un fallimento sotto ogni punto di vista. Inoltre si rischia che l`ex Ilva venga strumentalizzata a fini politici tra le diverse fazioni presenti nella maggioranza. Serve univocità dal Governo e non dichiarazioni contrastanti e incompatibili” prosegue.
“Non accetteremo un accordo da prendere o lasciare, vogliamo dare il nostro contributo per rilanciare la più grande acciaieria d’Europa e salvaguardare la siderurgia italiana” conclude.
TN