“Oggi doveva essere il giorno della verità sull’accordo tra Invitalia e ArcelorMittal, ma è diventato il giorno del rinvio.” Parola di Rocco Palombella, Segretario generale della Uilm, il sindacato metalmeccanici della Uil.
Mesi fa, parlando delle annose vicende della Ex-Ilva, ci eravamo permessi, qui sul Diario del lavoro, di usare l’espressione inglese neverending story, ovvero storia infinita. Ma ormai siamo arrivati anche oltre.
Per la giornata di oggi, infatti, era stato messo in calendario, alle ore 12:00, un incontro che avrebbe dovuto svolgersi a Roma presso il Ministero dello Sviluppo economico, in via Veneto. Incontro cui avrebbero dovuto partecipare, da un lato, i sindacati dei metalmeccanici e, dall’altro, il Ministro Patuanelli, titolare dello stesso Mise, il Ministro Catalfo, titolare dell’altro dicastero sito in via Veneto, quello del Lavoro, e Domenico Arcuri, Amministratore delegato di Invitalia, l’agenzia partecipata dal Ministero dell’Economia.
Scopo dell’incontro, quello di avviare il confronto sulle conseguenze più rilevanti per i rappresentanti dei lavoratori dell’altro appuntamento previsto per la giornata di oggi: quello che avrebbe dovuto portare alla firma dell’accordo in base al quale Invitalia dovrebbe entrare, tramite una ricapitalizzazione, nel capitale di ArcelorMittal Italia, l’azienda creata ad hoc dal colosso siderurgico franco-indiano ArcelorMittal. E ciò con una partecipazione iniziale paritaria, ovvero del del 50%, che, a partire dal giugno del 2022, dovrebbe diventare maggioritaria, passando al 60%.
E’ però accaduto che quando lo stesso Palombella è arrivato alla sede del Mise, all’angolo tra via Veneto e via Molise, ha avuto l’amara sorpresa di apprendere che l’incontro Governo-Invitalia-sindacati era stato rinviato. E ciò, peraltro, non per un qualche disguido, ma per un motivo, quanto meno, inquietante. Ovvero a causa del fatto che era stata rinviata, anche se solo di dieci giorni, la firma dell’accordo fra Invitalia e ArcelorMittal.
Ora si tenga presente che la data di oggi non era stata scelta a caso per la firma di tale accordo. Infatti, in base a quanto pattuito il 4 marzo scorso, presso il Tribunale di Milano, fra il Governo e la stessa ArcelorMittal Italia, il 30 novembre era l’ultimo giorno in cui AM Italia avrebbe potuto esercitare il diritto di recesso dal contratto di acquisto dell’ex Ilva definito nel 2017, alla conclusione della gara internazionale lanciata in precedenza dal Governo italiano, e poi perfezionato nel settembre 2018, dopo la sigla dell’accordo con i sindacati.
Ora è ben vero che, qualora AM Italia avesse esercitato entro oggi tale diritto di recesso, avrebbe poi dovuto pagare una penale. Ma il punto è proprio questo: la misura contenuta di tale penale, pari a 500 milioni di euro, la rendeva assai ben sopportabile per quella che è non solo una importante multinazionale, ma la più grande impresa siderurgica del mondo.
Ebbene, nella tarda mattinata di oggi si è dunque saputo che, evidentemente, non c’erano ancora le condizioni che rendessero possibile alle parti – AM Italia e Invitalia – di mettere nero su bianco le proprie firme in calce all’accordo sopra ricordato. Tutto andato a monte, quindi? No. O almeno, non ancora. Perché l’escamotage che è stato trovato in extremis, evidentemente di fronte all’insorgere di nuove difficoltà i cui contorni non sono stati ancora resi noti, è stato questo: per oggi le parti, secondo una dichiarazione attribuita da fonti di agenzia allo stesso Arcuri, si accontentano di firmare un “memorandum per gli elementi principali dell’accordo di coinvestimento che ha come termine il 10 dicembre”.
Quest’ultima frase, ammettiamolo, non è elegantissima. Ma, a occhio e croce, significa che la data entro cui AM Italia può esercitare il suo diritto di recesso dovendo poi pagare solo la penale sopra citata è stata spostata al 10 dicembre.
Per conseguenza, l’appuntamento con i sindacati, che era stato inizialmente convocato, come oggi si usa dire, “in presenza”, si è trasformato in un incontro via Internet. Incontro che è iniziato verso le 12:45 ed è durato almeno quattro ore.
Naturalmente, ciò che interessava ai sindacati era l’insieme di problemi in relazione ai quali, venerdì scorso, avevano indetto due ore di sciopero e che era stato illustrato nella conferenza stampa tenuta a Roma in coincidenza con questa iniziativa di lotta: il piano industriale con i suoi addentellati ambientali e con le sue conseguenze occupazionali.
Uno scambio di idee, dunque, c’è stato. Resta però appesa sulla vertenza la spada di Damocle costituita dal rinvio della firma che conta: quella dell’accordo “di coinvestimento”. “Per questo – ha dichiarato Roberto Benaglia, il sindacalista che di recente ha sostituito Marco Bentivogli alla guida della Fim-Cisl – abbiamo proposto, e il Ministro Patuanelli ha accettato, che, dopo la firma del 10 dicembre dell’accordo di coinvestimento di Invitalia in ArcelorMittal, si dia vita ad un tavolo per la definizione dell’accordo sindacale che accompagna questa operazione con tutti i soggetti coinvolti.”
“Per quanto ci riguarda – ha poi detto Francesca Re David – segretaria generale della Fiom-Cgil, l’accordo sindacale non potrà prescindere dalla piena occupazione in tempi e modalità sostenibili.”
Oltre che dall’inatteso rinvio della firma dell’accordo fra Invitalia e AM Italia, la giornata della ex Ilva è stata segnata da un allarmante incidente verificatosi nello stabilimento di Cornigliano, a Genova. Qui, infatti, è crollata una torre-faro, anche se va detto che, fortunatamente, il crollo non ha causato perdite umane.
Infine, va rilevato che dall’odierno incontro “virtuale” è emerso con maggiore chiarezza ciò che già si sapeva, e cioè che il traguardo temporale del nuovo piano industriale si sta spostando dal 2023 al 2025. Mettendo insieme questa consapevolezza con l’incidente sopra ricordato, la stessa Re David ha quindi osservato che “tempi così lunghi di implementazione del piano industriale non sono compatibili con una condizione degli impianti e degli stabilimenti in cui cresce l’insicurezza dovuta alla mancanza di investimenti sulla manutenzione ordinaria e straordinaria come”, appunto, “dimostra anche il crollo della torre faro avvenuto oggi a Genova”.
@Fernando_Liuzzi