Prudenti, ma ferme nel ribadire le proprie ragioni, le reazioni sindacali alla nascita, annunciata mercoledì 14 aprile, di Acciaierie d’Italia Holding e di Acciaierie d’Italia, le due nuove società che, grazie anche all’investimento di 400 milioni di euro effettuato da Invitalia, prenderanno il posto di AM InvestCo Italy e di ArcelorMittal Italia.
In pratica, la prima, come dice il suo stesso nome, è una holding pubblico-privata del cui capitale sociale Invitalia, l’Agenzia per l’attrazione degli investimenti di proprietà del Ministero dell’Economia, possiederà, in questa prima fase, il 38%, con diritti di voto pari, però, al 50%. Se tutto andrà bene, nel 2022, dopo un secondo investimento che potrà raggiungere i 680 milioni di euro, e dopo che ArcelorMittal avrà – a sua volta – investito altri 70 milioni di euro, Invitalia raggiungerà la maggioranza del capitale sociale di Acciaierie d’Italia Holding, con una quota pari al 60%. A quel punto, comunque, ArcelorMittal e Invitalia manterrebbero il controllo congiunto sulla nuova società.
Quanto ad acciaierie d’Italia, si tratterà, invece, della società operativa cui spetterà il compito di gestire direttamente i vari stabilimenti della ex Ilva.
Come si può comprendere facilmente, ci troviamo di fronte a una grossa novità. L’ex gruppo Ilva, messo in Amministrazione straordinaria nel 2015, e poi gestito da ArcelorMittal, il colosso franco-indiano dell’acciaio, in seguito all’accordo del settembre 2018, approda adesso a una gestione mista in cui il comando spetterà in modo congiunto, come si è appena detto, a un soggetto privato e a uno pubblico. Ma, pur consapevoli della rilevanza di questa novità, i sindacati confederali dei metalmeccanici, forse perché già scottati più volte nel corso delle complesse evoluzioni delle vicende relative alla ex Ilva, non esprimono, prima di aver sperimentato direttamente l’auspicabile propensione al confronto del nuovo interlocutore, valutazioni genericamente ottimistiche. Al contrario, pur aprendosi a qualche speranza di miglioramento, mantengono un atteggiamento guardingo, puntando, da una lato, a difendere l’occupazione e, dall’altro, a riaprire un percorso di confronto che sia basato su relazioni industriali degne di questo nome.
Vediamo, dunque. Per il Segretario generale della Fim-Cisl, Roberto Benaglia, “con l’annuncio della nascita di Acciaierie d’Italia, partecipata dallo Stato, registriamo finalmente, dopo mesi, un atto concreto che deve sbloccare la situazione di stallo della vertenza”. Ora si tratta di “recuperare il troppo tempo perso”.
A tale fine, Benaglia avanza due richieste. Innanzitutto, chiede all’Azienda di “dar vita al piano di potenziamento produttivo e manutenzione per riattivare gli impianti e riassorbire al più presto i troppi lavoratori in Cassa integrazione”. “Contemporaneamente”, lo stesso Benaglia chiede di “riprendere a breve il confronto sindacale sulle scelte del piano industriale” e su una “gestione dell’occupazione che eviti esuberi strutturali”.
Dopo aver sottolineato che “il raggiungimento di un accordo sindacale è condizione fondamentale per dare gambe” al succitato piano, Benaglia si rivolge anche al Governo, chiedendo “una ripresa del dialogo sociale” e “un concreto impegno di garanzia sul fronte occupazionale”. Impegno, quest’ultimo, che, secondo lo stesso Benaglia, deve riguardare anche i lavoratori ancora dipendenti dall’Amministrazione straordinaria.
Più esplicitamente critico nei confronti della recente gestione targata ArcelorMittal, si mostra Rocco Palombella, Segretario generale della Uilm-Uil. “Con l’ingresso dello Stato – ha dichiarato infatti Palombella al TgCom24 – si chiude una fase di disastri, con licenziamenti, repressioni e un controllo autoritario degli stabilimenti.” Conseguentemente, il leader della Uilm si augura che “ora” possa essere ristabilito “un normale rapporto (…) con i lavoratori, con le organizzazioni sindacali e con i cittadini”.
Anche Palombella, come Benaglia, avverte l’esigenza di “recuperare il tempo perso”. A tale scopo, servono “azioni concrete”. Si tratta cioè di “evitare” che vi siano “migliaia di lavoratori in Cassa integrazione”, di “avviare un solido percorso di transizione ecologica e di produzione ecosostenibile attraverso l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund”, nonché di avviare “un piano industriale che preveda zero esuberi, la massima occupazione e l’accelerazione del piano di risanamento ambientale” .
“Bisogna aprire una nuova fase di distensione”, ha concluso un Palombella sempre più critico verso ArcelorMittal. Aggiungendo, non a caso, di auspicare che “il Governo segua direttamente questa vertenza”.
Per la Fiom-Cgil, la Segretaria generale, Francesca Re David, e il Segretario nazionale responsabile per la siderurgia, Gianni Venturi, partono, in una loro dichiarazione congiunta, da una constatazione: “La conclusione formale della prima fase del percorso di ingresso di capitale pubblico in ArcelorMittal, attraverso Invitalia, rappresenta un passo nella direzione tracciata dall’accordo con il Governo” del dicembre scorso. Ne segue che “da oggi l’ex Ilva è formalmente una società pubblico-privata e può avviarsi e consolidarsi un percorso che consenta di recuperare i colpevoli ritardi nel rilancio delle strategie industriali, ambientali, e occupazionali del gruppo siderurgico”.
Dopo aver osservato che anche nel ragionamento di Re David e Venturi, come in quelle dei loro colleghi di Fim e Uilm, è presente il tema dei ritardi accumulati dopo l’accordo di dicembre 2020, proseguiamo nella lettura della loro nota: “Le conseguenze di questa operazione, che porterà a maggio 2022 alla separazione delle attività e delle passività di bilancio (comprese le quote di passività residua dell’affitto e dell’acquisto dei rami di azienda ex Ilva), carica sul nuovo soggetto societario, Acciaierie d’Italia, un’eredità sicuramente pesante”. “Un’eredità pesante – proseguono i due dirigenti Fiom – non solo in termini finanziari”, ma anche in termini di “condizione generale degli impianti, di mancata innovazione tecnologica, di condizioni di ambiente e sicurezza”, nonché di “incertezza occupazionale appesantita anche da recenti decisioni inaccettabili e surreali nella gestione delle relazioni sindacali e industriali”.
Come si vede, anche la Fiom non lesina le sue critiche al modo in cui, nei tempi più recenti, la conduzione dell’ex Ilva è stata esercitata da ArcelorMittal. Ma andiamo avanti.
“Per queste ragioni – scrivono Re David e Venturi – la decisione di oggi deve essere parte di una scelta più generale che collochi le prospettive di Acciaierie d’Italia dentro il piano nazionale per la siderurgia e l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund, da discutere in un confronto urgente con le parti.”
E tutto ciò tenendo presenti sia “la necessità di difendere gli impegni e i vincoli occupazionali dell’accordo di settembre del 2018”, sia quella di “garantire una transizione sostenibile sul piano industriale e ambientale”.
@Fernando_Liuzzi