“Non ci sono più alibi per ArcelorMittal, non ci sono più alibi per il Governo.” Parole di Gianni Venturi, segretario nazionale e responsabile siderurgia della Fiom-Cgil. “Sono finiti alibi di ogni tipo per la politica e per l’Azienda. Non c’è più tempo da perdere”, incalza Rocco Palombella, segretario generale della Uilm-Uil. “Occorre ora recuperare il troppo tempo perso attraverso atti concreti che consentano il rilancio del gruppo Acciaierie d’Italia”, affermano Roberto Benaglia e Valerio D’Alò, rispettivamente segretario generale e segretario nazionale della Fim-Cisl.
Queste, in estrema sintesi, le prime reazioni sindacali a quella che, forse, è stata la notizia più importante della giornata in campo industriale: la Sezione IV del Consiglio di Stato ha annullato l’ordinanza del 27 febbraio 2020 con cui il sindaco di Taranto aveva intimato la “sospensione/fermata” delle attività produttive dello stabilimento ex-Ilva di Taranto.
E’ quindi venuta meno quella condizione di incertezza giuridica che, fin qui, ha sostanzialmente bloccato l’entrata in funzione e quindi ogni operatività strategica di Acciaierie d’Italia, la nuova società formata nell’aprile scorso da AM InvestCo Italy e Invitalia.
Come si ricorderà, la decisione relativa a un ingresso di capitale pubblico a fianco di AM InvestCo Italy, la società costituita dal colosso siderurgico ArcelorMittal per gestire quale affittuaria le strutture industriali dell’ExIlva in Amministrazione Straordinaria, era stata presa nel dicembre 2020, quando il Governo in carica nel nostro Paese era ancora il Conte bis. La decisione era stata poi perfezionata da Governo Draghi, come si è detto, nell’aprile 2021. Il 13 maggio di questo stesso anno, però, la sezione IV del Consiglio di Stato aveva tenuto la sua udienza dedicata a esaminare una sentenza del Tar di Lecce, la n. 249 del 2021, con cui lo stesso Tar aveva confermato la validità di una precedente ordinanza del Sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci: quella che, in sostanza, intimava lo spegnimento dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto.
Da quel 13 maggio, sono dunque passati più di due mesi. Un lasso di tempo molto lungo, in termini industriali, durante il quale, in attesa della nuova sentenza, una condizione di sostanziale paralisi ha bloccato l’entrata in funzione della nuova società. Senza tema di esagerare, si può anzi dire che le uniche decisioni che sono state prese sono quelle relative a ampliamenti quantitativi e prolungamenti temporali del ricorso alla Cassa integrazione. Un ricorso, a dir poco, paradossale in una fase in cui si manifesta una ripresa della domanda mondiale di acciaio. E contro cui proprio ieri, martedì 22, e oggi, mercoledì 23, sono scesi in lotta i lavoratori dello stabilimento di Cornigliano, a Genova.
Di qui l’impazienza dei sindacalisti che, ormai da mesi, sono rimasti sostanzialmente privi di un interlocutore. “Si apra un negoziato vero sul piano industriale con Acciaierie d’Italia e i Ministri interessati”, ha dunque chiesto il citato Venturi (Fiom) nella sua dichiarazione. Ciò, innanzitutto, allo scopo di rilanciare “un asset strategico per l’industria di questo paese”. Venturi ha anche auspicato che “si completi l’assetto societario” di Acciaierie d’Italia e che “si definisca una transizione ambientalmente credibile e socialmente sostenibile”.
Dal canto suo, Palombella (Uilm) ha affermato che “l’unica soluzione per garantire contemporaneamente il risanamento ambientale, la salute dei cittadini e dei lavoratori, l’occupazione e un futuro industriale ecosostenibile, è l’accelerazione della transizione ecologica, prevedendo, sin da subito, un cronoprogramma di tutti gli interventi da mettere in campo”.
Quanto alla Fim, Benaglia e D’Alò hanno detto di aspettarsi dall’Azienda “responsabilità e capacità di indirizzare le scelte dì investimento, con priorità su valorizzazione e salvaguardia dell’occupazione”; ciò mentre dal Governo si aspettano “attenzione per una strategia industriale sulla siderurgia sostenibile” che sia però anche volta a “mantenere sull’acciaio una sovranità industriale”.
A tutti questi appelli, il Governo ha indirettamente risposto per bocca del Ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. “Alla luce del pronunciamento del Consiglio di Stato sull’ex-Ilva, pronunciamento che chiarisce il quadro operativo e giuridico, il Governo – ha affermato il Ministro – procederà in modo spedito su un piano industriale ambientalmente compatibile e nel rispetto della salute delle persone.” L’obiettivo, ha specificato Giorgetti, è quello di “rispondere alle esigenze dello sviluppo della filiera nazionale dell’acciaio, accogliendo la filosofia del Pnrr recentemente approvato”. Una frase, questa, che sembra un modo per alludere al tema della transizione ambientale senza invadere il campo delle responsabilità attribuite ad altri Ministeri.
Infine, l’Azienda. In giornata, Acciaierie d’Italia ha dichiarato di essere “pronta a presentare già dalla prossima settimana, insieme con i suoi partner industriali Fincantieri e Paul Wurth, la propria proposta di piano per la transizione ecologica dell’intera area a caldo dello stabilimento di Taranto”.
Tale transizione sarà basata su “l’applicazione di tecnologie innovative ambientalmente compatibili” e si porrà “l’obiettivo di una progressiva e costante riduzione delle quote emissive, che vada anche oltre le attuali prescrizioni”.
Insomma, attorno alla ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, tutto sembra essere tornato in movimento. E, come si diceva un tempo, il seguito alla prossima puntata.
@Fernando_Liuzzi