Il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del TAR di Lecce consentendo la prosecuzione della produzione nello stabilimento ex Ilva di Taranto. Lo annuncia un comunicato Arcelor Mittal. “Il Consiglio di Stato, all`esito dell`udienza del 13 maggio 2021, ha pubblicato in data odierna la decisione che ha disposto l`annullamento della sentenza del TAR di Lecce n.249/2021 – si legge nella nota -. Vengono dunque a decadere le ipotesi di spegnimento dell`area a caldo dello stabilimento di Taranto di Acciaierie d`Italia e di fermata degli impianti connessi, la cui attività produttiva proseguirà con regolarità”.
In particolare, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto da Arcelor Mittal Italia S.p.a e quello incidentale proposto da Ilva S.p.a. in amministrazione straordinaria, contro la decisione del Tar, ed ha così annullato l’ordinanza contingibile e urgente n. 15, del 27 febbraio 2020, e la nota n. 173, del 29 marzo 2020, del Comune di Taranto. Con i provvedimenti il Comune pugliese ordinava all’Arcelor Mittal S.p.a. e all’Ilva S.p.a. di individuare entro sessanta giorni gli impianti interessati dai fenomeni emissivi e di eliminare “gli eventuali elementi di criticità e le relative anomalie” e “qualora siano state individuate le sezioni di impianto oggetto di anomalie e non siano state risolte le criticità riscontrate”, aveva ordinato “di avviare e portare a completamento le procedure di sospensione/fermata delle attività nei tempi tecnici strettamente necessari a garantirne la sicurezza, e comunque non oltre ulteriori 60 (sessanta) giorni dalla presente, degli impianti come sopra individuati” nonché “di procedere, laddove necessario per finalità legate a ragioni di sicurezza, alla sospensione/fermata delle attività inerenti gli impianti funzionalmente connessi agli impianti” I giudici amministrativi d’appello hanno dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, l’appello incidentale del Ministero della transizione ecologica.
L’accertamento giudiziale del Consiglio di Stato doveva concentrarsi unicamente sulla legittimità dell’ordinanza del Sindaco senza poter estendersi alle annose e travagliate vicende che hanno interessato lo stabilimento “ex Ilva” (oggetto di un piano di adeguamento adottato in base alla legislazione speciale post-2012, le cui tempistiche sono già state considerate legittime dal Consiglio di Stato con due pareri del 2019), la Sezione ha ritenuto che in concreto il potere di ordinanza d’urgenza fosse stato esercitato in assenza dei presupposti di legge, non emergendo la sussistenza di “fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria in essere nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie” dell’impianto.
Pertanto, pur senza negare la grave situazione ambientale e sanitaria da tempo esistente nella città di Taranto, già al centro di vicende giudiziarie penali e di una sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti Umani (relativa però alla precedente gestione dello stabilimento, rispetto alla quale le misure intraprese negli ultimi anni hanno segnato “una linea di discontinuità”), si è concluso che “nella specie il potere di ordinanza abbia finito per sovrapporsi alle modalità con le quali, ordinariamente, si gestiscono e si fronteggiano le situazioni di inquinamento ambientale e di rischio sanitario, per quegli stabilimenti produttivi abilitati dall’A.I.A.”, non essendosi evidenziato un pericolo “ulteriore” rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività industriale.
E.G.