La vertenza Gkn si arricchisce di un nuovo, incredibile, capitolo: ovvero la cessione per 7 milioni di euro della struttura di Campi Bisenzio a due società immobiliari, Toscana Industry (Ti) e Società Immobiliare Toscana (Sit), e questo all’insaputa, sembra, di tutti. Ma per capire esattamente di che si tratta occorre fare un passo indietro, ripercorrendo le tappe fondamentali.
Siamo nel dicembre del 2021 quando Francesco Borgomeo prende le redini della Gkn di Campi Bisenzio. Ed è singolare che tra le sue prime azioni ci sia il cambio del nome dello stabilimento in Qf, Quattro effe: “Fiducia nel Futuro della Fabbrica a Firenze”. È un’amarissima ironia, perché l’idea era che quel futuro fosse roseo e condiviso da tutti i 422 operai che nel luglio dello stesso anno hanno ricevuto una mail dall’allora proprietà, il fondo Melrose, che comunicava il licenziamento in tronco e la chiusura dello stabilimento. Una fiducia guardata comunque con sospetto, nonostante le promesse di risanamento ventilate da Borgomeo: i 422 lavoratori, infatti, non sciolgono l’assemblea permanente istituita già all’indomani della tristemente nota mail di Melrose.
L’operazione Borgomeo, infatti, si rivela presto essere un grande bluff finanziario. Intanto, il 27 dicembre 2023 arriva la sentenza del tribunale che boccia per la quarta volta come “comportamento antisindacale” il provvedimento della proprietà, scongiurando così il licenziamento dei 185 lavoratori rimasti in organico. Una vittoria per i sindacati e per i lavoratori, ma solo a metà, perché resta il nodo dello stabilimento, perenne oggetto della bramosia degli speculatori. Già tra il 2020 e il 2021, come denunciato dal quotidiano Domani, il fondo Melrose aveva effettuato una rivalutazione dell’immobile, il cui valore era schizzato da 2 a 30 milioni di euro. Inoltre la Pvar srl, facente capo a Borgomeo e detentrice del 100% della Qf, nell’ottobre 2023 cede il 50% del suo capitale alla Tuscany Industry S.r.l, fondata appena un mese prima. Entrambe le società lavorano nell’immobiliare con obiettivo di “acquisto, la vendita, la permuta, la costruzione, la ristrutturazione, la gestione di beni immobili”.
È presto svelato qual è lo scopo dello smembramento della Gkn, ma i lavoratori non si arrendono e presentano un piano di reindustrializzazione dal basso – grazie all’aiuto di tanti solidali, tra cui avvocati e ingegneri, che prevede la produzione cargo-bike per la logistica urbana sostenibile e lo sviluppo di pannelli solari e batterie di nuova generazione – che finisce addirittura come proposta di legge sul tavolo della Commissione sviluppo economico.
Ma nella cronologia di questa estenuante vicenda, la data del 12 marzo 2024 -giorno nel quale si dovrebbe tenere un importante incontro, poi saltato, col governo- è quella che in narratologia si chiama turning point: perché quello stesso giorno, all’insaputa di tutti, lo stabilimento di Campi Bisenzio viene venduto per 7 milioni di euro a Toscana Industry (Ti) e Società Immobiliare Toscana (Sit), entrambe facenti capo allo stesso amministratore delegato e create, questo il sospetto della Rsu, “forse a scopo” il 22 settembre 2023, poco prima che Qf riaprisse i licenziamenti il 18 ottobre dello stesso anno.
L’incontro del 12 marzo intanto viene spostato al 26 e, a quanto pare, tutti continuano a ignorare la compravendita dello stabilimento, Mimit compreso. E il 20 marzo salta anche l’udienza al Tribunale del lavoro di Firenze sull’istanza di sequestro conservativo di tutti i beni mobili e immobili della società presentata da 43 lavoratori Gkn. Il collettivo spiega che “due giorni prima il liquidatore Franchi deposita istanza di ricusazione della giudice in questione, motivata da una ‘grave inimicizia della giudice nei confronti della società’. Il 22 marzo la compravendita è trascritta nei registri immobiliari, il bene non è più di Qf ed è definitivamente sottratto alla richiesta di sequestro conservativo. L’istanza di ricusazione mossa verso la giudice verrà mesi dopo giudicata totalmente infondata”.
E arriviamo al 21 ottobre 2024, quando il collettivo, la Rsu e le organizzazioni sindacali “scoprono” un po’ per caso della vendita dello stabilimento. “Chi sapeva?”, si domandano. Le accuse sono velate, ma sottendono un indice puntato in particolare verso i vertici ministeriali. Sta di fatto che la struttura di Campi Bisenzio è stata venduta all’insaputa di tutti.
Ma come è possibile che un’azione così clamorosa sia stata tenuta segreta per sette mesi, da marzo a ottobre? “Ce lo stiamo chiedendo anche noi”, risponde a Il diario del lavoro il segretario nazionale della Fiom-Cgil, Samuele Lodi, “ma purtroppo questo fatto non stupisce rispetto a tutta la vicenda che ha coinvolto la Gkn”. Considerati i precedenti, “è evidente che siamo di fronte a un’operazione di vera e propria speculazione edilizia attraverso realtà e aziende che sono riconducibili appunto allo stesso lo stesso gruppo”.
Per Lodi in realtà la domanda più giusta riguarda il perché ancora non ci sia stato un intervento istituzionale di commissariamento di un’azienda “il cui titolare sostanzialmente sta lasciando a casa i lavoratori ormai da un anno senza copertura alcuna, quindi non pagati e senza ammortizzatori sociali che li coprano. Un quesito che abbiamo posto anche durante l’ultimo incontro ministeriale, ma sta di fatto che non c’è stata alcuna conseguenza. Noi abbiamo chiesto il commissariamento nonostante siamo consapevoli del fatto che l’azienda non abbia il numero minimo di dipendenti per poter avviare la procedura secondo la normativa vigente, però un’iniziativa in deroga era assolutamente plausibile. Quindi, allo stato delle cose, anche il tema della vendita dell’immobile in qualche maniera si inserisce in questo contesto che, da una parte, è fortunatamente unico, dall’altra però proprio perché è unico e proprio perché è molto grave abbiamo il timore che si determini come un precedente. Una vicenda che è doppiamente pericolosa”.
Venuta allo scoperto, la Qf, in liquidazione e non più proprietaria del bene, ha chiarito che l’operazione “è stata eseguita, con atto pubblico e in una logica infragruppo, al fine di reperire le risorse finanziarie necessarie per permettere alla Qf di far fronte al pagamento integrale degli emolumenti maturati e maturandi dai lavoratori dipendenti”. Una proposta bollata da Lodi come “assolutamente improbabile e improponibile. Tra l’altro negli anni la proprietà si è dimostrata assolutamente inaffidabile e quindi non noi non diamo credito alle loro parole”. Non solo. Per Qf “l’operazione infragruppo, stante lo stato di occupazione che impedisce alla società di essere finanziata dal sistema bancario, permetterà alla Qf di recuperare le risorse necessarie a pagare tutto il dovuto, restando ferma la imprescindibile destinazione a sviluppo industriale dell’insediamento produttivo”. Ma questo tema della “liberazione dello stabilimento”, per Lodi, è del tutto infondata: “Non c’è nessuna occupazione: siamo in presenza di una assemblea permanente e direi anche per fortuna, perché ha mantenuto vivo quel tessuto e quella realtà e soprattutto ha mantenuto viva quella vertenza che altrimenti sarebbe già chiusa da anni”.
Eppure la società mostra anche la sua mano di piuma, offrendo la disponibilità “a fornire un sito produttivo alla cooperativa per il suo piano industriale nei termini che verranno discussi con la Regione e le Parti”. Quando? L’incontro, intanto, è stato rimandato di 15 giorni. Ma, appunto, cosa ne sarà della proposta di legge sulla reindustrializzazione presentata dal collettivo e per la quale la campagna di azionariato popolare ha raggiunto proprio in questi giorni la cifra considerevole da 1 milione di euro? “Formalmente – spiega Lodi – la proposta di legge è ancora in piedi”. Un piano molto interessante nel segno della transizione ecologica e legato a doppio filo al territorio, “che avrebbe sì bisogno di interventi di correzioni, implementazioni e anche soprattutto di risorse, però fino a quando non c’è la possibilità di confrontarsi seriamente è chiaro che il tutto non decolla. Anche su questo punto stiamo sollecitando per un intervento a livello istituzionale. Dal punto di vista dell’interlocuzione con la Regione il confronto sta andando avanti e non registriamo particolari problemi. A mancare è solo il contributo fondamentale del Governo”.
L’accusa più pesante, infatti, è rivolta ancora una volta al Mimit, che “dovrebbe avere un ruolo, ma purtroppo ha deciso di non averlo. Durante l’ultimo incontro noi abbiamo chiesto esplicitamente il commissariamento e successivamente anche la Regione Toscana ha chiesto sostanzialmente un intervento sulla falsariga, però non c’è stata nessuna nessuna conseguenza. È evidente come il Mimit dovrebbe essere parte in causa in questa vicenda e non lo è per sua scelta, e questo è un fatto molto grave”.
Ed è proprio la latitanza del Ministero che solleva altri dubbi. La vicenda di Gkn ricorda, in sostanza, quanto avvenuto con il Gruppo La Perla gestito in prima battuta dal fondo olandese Tennor capitanato dal finanziere tedesco Lars Windhorst – già noto per la sua fama di scommettitore audace su aziende dal futuro incerto. Ma alla luce di questi due casi, tra i tanti nelle cronache degli ultimi venti anni, come possono le istituzioni fidarsi di questi avventurieri travestiti da risanatori i cui curricula sono già di per sé eloquenti in tema di cattiva gestione aziendale? “Purtroppo da un punto di vista della giurisprudenza e della legislazione nel nostro Paese mancano le opportune protezioni – spiega ancora Lodi -. Su Borgomeo la Rsu per prima, all’inizio di questa vicenda, ha subito evidenziato con preoccupazione il profilo non rassicurante dell’imprenditore”. Ma nulla è stato fatto per impedirne l’entrata in scena.
Tuttavia, “non è finita finché non è finita” e sindacato, collettivo e Rsu non hanno alcuna intenzione di mollare, a partire da una ennesima manifestazione, fissata per il 17 novembre. “In questi giorni – spiega Lodi – stiamo facendo le valutazioni insieme alla Rsu e alla Fiom-Cgil di Firenze per capire cosa mettere in campo. Né noi e né la Rsu, al momento, abbiamo avuto comunicazioni legate direttamente alla vendita dell’immobile, non abbiamo avuto un contatto diretto con l’azienda e lo abbiamo appreso per vie informali. Da parte nostra non vorremmo aspettare che sia l’azienda a prendere qualsivoglia tipo di iniziativa, quindi ci stiamo interrogando per capire come agire”.
Ma al di là di tutto, questi lunghissimi tre anni stanno logorando i lavoratori, che attualmente sono senza copertura né di salario né di ammortizzatori sociali, generando frustrazione e delusione. “La situazione è questa ed è giusto riconoscerlo. Non siamo nelle stesse condizioni di qualche di qualche anno fa, perché soprattutto questi ultimi mesi sono stati pesantissimi per i lavoratori”.
Inoltre, l’impressione è che sindacato, collettivo e Rsu, cui Lodi assegna “un grande merito delle azioni”, stiano portando avanti questa battaglia da soli. “Per quanto ci riguarda non ci spaventa tanto portare avanti una vicenda in maniera solitaria, è capitato e capiterà anche in futuro. La questione è che questa vicenda è ormai lunga di anni e chi dovrebbe in qualche maniera prendere il governo di questa vicenda, cioè il Mimit, non lo sta facendo. Noi continueremo ad andare avanti, anche perché abbiamo il supporto fondamentale della magistratura, così come continueremo a dire che qui manca Governo”.
Elettra Raffaela Melucci