A Latina i 400 lavoratori della ex cooperativa Agri Amici di Sezze hanno vinto la battaglia, grazie al contributo del sindacato Uila, per ottenere, dopo un anno, il riconoscimento dei diritti previdenziali con il pagamento della disoccupazione agricola e dei relativi assegni familiari relativi al 2019 da parte dell’Inps.
Il sindacato ha ripercorso i momenti salienti della vicenda Agriamici, tramite in una videoconferenza stampa tenuta oggi da Latina alla quale hanno partecipato Giorgio Carra, segretario generale Uila Latina, Guglielmo Loy, presidente Civ INPS, Luigi Garullo, segretario generale Uil Latina e alla quale è intervenuto anche il direttore dell’Inps di Latina Maurizio Mauri.
Tutto inizia il 14 novembre del 2018 quando l’Inps di Latina conclude i propri accertamenti presso la cooperativa Agri Amici di Sezze e, senza alcuna notifica ai lavoratori, annulla d’ufficio tutti i rapporti di lavoro agricolo dei suoi dipendenti e respinge le domande di disoccupazione e per gli assegni familiari presentate nel 2019. I lavoratori, quasi tutti di nazionalità rumena e africana (Senegal, Congo, Guinea, ecc.) venivano assunti con contratto di lavoro a termine dalla cooperativa, che operava in regime di appalto a favore di decine di imprese agricole delle province di Latina e Roma presso le quali prestavano la loro attività i lavoratori assunti.
Nei mesi precedenti, Agri Amici era stata oggetto di accertamenti giudiziari per caporalato e sfruttamento del lavoro agricolo, ma nei controlli disposti successivamente dall’Inps (senza nessun raccordo con l’Ispettorato del Lavoro), anziché accertare le modalità con cui venivano sfruttati i lavoratori e far emergere irregolarità retributive e contributive e, nel contempo, accertare anche le corresponsabilità delle aziende agricole che usufruivano dei servizi in appalto erogati dalla cooperativa, veniva messa in dubbio la correttezza dei rapporti di lavoro agricolo instaurati dalla cooperativa. Il verbale di accertamento, quindi, anziché accertare l’evidente reato di intermediazione illecita, imputabile sia al datore di lavoro diretto (la cooperativa) che alle aziende agricole che usufruivano dei servizi in appalto, si limitava a colpire e punire duramente i lavoratori, già vittime dello sfruttamento.
Nell’estate 2019 i lavoratori di Agri Amici erano in attesa della liquidazione della indennità di disoccupazione agricola maturata nel 2018, con le giornate di lavoro regolarizzate dalla cooperativa che, peraltro, risultavano già accreditate nell’estratto conto individuale dell’Inps. Aspettativa rafforzata dal fatto che l’Inps di Latina aveva già provveduto a liquidare il 90% delle circa 12.000 domande di disoccupazione presentate entro il 31 marzo 2019. Al contrario, tutti i lavoratori ex dipendenti dalla cooperativa Agri Amici, anziché l’accredito dell’indennità di disoccupazione, ricevevano una comunicazione dall’Inps che li informava della “reiezione” della domanda per mancanza del requisito contributivo.
Nei giorni, settimane e mesi successivi, e dopo aver presentato i ricorsi amministrativi per alcuni dei lavoratori coinvolti, inizia una intensa interlocuzione tra la Uila, l’Inps – a tutti i suoi livelli a partire dal Presidente Pasquale Tridico – e con il Ministero del Lavoro, in particolare con la Ministra Nunzia Catalfo che si è mostrata particolarmente sensibile alla questione sollevata dal sindacato.
In questo contesto di dialogo costruttivo maturano le condizioni che porteranno, nel mese di aprile 2020, alla emanazione della Circolare Inps n. 56/2020 in tema di “iscrizione delle aziende non agricole alla contribuzione agricola unificata”, nella quale viene chiarito che, a prescindere dall’inquadramento del datore di lavoro, è l’attività agricola effettivamente svolta dal lavoratore che fa fede ai fini della sua identificazione previdenziale. La Circolare rafforza ed estende un principio giusto contenuto nella lettera e) dell’art. 6 della legge n.92 del 31 marzo 1979 che prevede l’attribuzione dell’inquadramento previdenziale agricolo per i lavoratori che svolgono attività nel settore anche se dipendenti da imprese non agricole.
“L’obiettivo che abbiamo raggiunto, ovvero il riaccredito dei contributi previdenziali agricoli per i 400 lavoratori, è stato possibile grazie alla costante partecipazione dell’INPS, l’attento ascolto di Guglielmo Loy e la sensibilità e disponibilità della dirigenza regionale e provinciale dell’istituto” ha sottolineato Giorgio Carra, segretario nazionale Uila. “Questa vicenda dimostra a tutte le vittime di caporalato e sfruttamento che, attraverso la denuncia e l’intervento del sindacato, è sempre possibile trovare una strada per essere risarciti e non rimanere vittime degli sfruttatori in eterno”.
Per la Uila, la soluzione trovata per la vertenza sarà utile anche come apripista per i diritti di tutti i braccianti che si trovano in situazioni simili. “Questa storia a lieto fine, – ha sottolineato il segretario generale Uila Stefano Mantegazza – di cui la Uila è stata protagonista sin dall’inizio sostenendo i lavoratori coinvolti, apre la strada a una soluzione positiva per tutti quei braccianti dipendenti da aziende o cooperative non agricole che, in Italia, si sono visti rigettare le domande di disoccupazione agricola e che oggi possono vedere riconosciuti i loro diritti”.
Emanuele Ghiani