Il ministro Sacconi invita la Cgil a riflettere sui rischi dell’isolamento. A Corso d’Italia, afferma, criticano pesantemente tutte le iniziative del Governo, viene da pensare in maniera preconcetta. Ma Cisl e Uil, aggiunge, esprimono sugli stessi provvedimenti considerazioni molto diverse. Parole sacrosante, perché l’impressione generale è che la Cgil stia ripetendo un film già visto che in passato non è piaciuto per nulla, nemmeno agli iscritti alla confederazione.
Il pericolo vero, lo ha detto lo stesso ministro, è che la Cgil finisca per stressare il rapporto unitario con le altre due confederazioni e si trovi appunto isolata, quindi più debole. Ipotesi tanto più disgraziata considerando che il sindacato nel suo complesso non sta vivendo una facile stagione, come testimoniano gli attacchi frontali che deve fronteggiare. Sul fronte istituzionale non trova più nessuna sponda, le confederazioni imprenditoriali trattano, ma a fronte alta, ponendo le loro esigenze e senza grandi disponibilità a prendere in considerazione le esigenze e le posizioni dei sindacati. Lo prova l’andamento della trattativa sul modello contrattuale, dove la Confindustria porta avanti il suo punto di vista senza deflettere, nonostante il parere negativo delle confederazioni.
Ma nemmeno tra i lavoratori il sindacato sembra molto di moda. I dati sul tesseramento fanno ben sperare perché negli ultimi anni si è invertito un ciclo che durava da almeno quindici anni e stanno fiorendo un’altra volta le adesioni tra i lavoratori attivi. Ma resta il nodo dei nuovi lavori e delle alte professionalità, oltre a quello endemico delle adesioni dei lavoratori delle piccole imprese e ancor più delle microimprese, sempre più maggioranza. Ma soprattutto il rapporto tra sindacato e lavoratori è sempre più basato sulle politiche concrete del lavoro e non sulle posizioni politiche. Il disgiungimento tra voto politico e adesione al sindacato prova che le parole stanno a zero, contano solo i fatti, la difesa degli interessi.
Ciò detto, va sottolineato che la Cgil ha tutte le ragioni per protestare considerando che il Governo sta progressivamente rivedendo, e quindi smantellando tutta la costruzione che era stata messa in piedi con il protocollo del welfare del luglio dell’anno passato. I pilastri di quella manovra attinenti al mercato del lavoro stanno cadendo uno a uno e la Cgil, che quell’accordo volle e firmò, non può adesso che difenderlo. Ecco allora come Epifani sia stretto tra l’incudine dell’obbligo verso i lavoratori di difendere quelle conquiste, che lui ritiene a torto o a ragione tali e quindi deve difendere, e il martello della necessità di non perdere le alleanze per non indebolirsi troppo, con il rischio di non poter più combattere e perdere non una battaglia, ma l’intera guerra.
Per fortuna Epifani è abituato a stare con i piedi ben saldi a terra e troverà il sentiero stretto per contrastare il Governo senza alienarsi il consenso delle altre confederazioni. E infatti continua a dire che ogni protesta sarà comune a tutto il sindacato. Ma sarà difficile, molto difficile resistere alle sirene dell’oltranzismo. La confederazione, la gran parte della confederazione, quella che conta e su cui lui deve contare, però è con lui.
16 luglio 2008
Massimo Mascini