Un impianto contrattuale diverso che riesca a contenere i costi del contratto nazionale e faccia crescere la produttività. E’ questa la richiesta avanzata oggi da Confindustria Energia nel corso di un convegno nel corso del quale sono stati affrontati i problemi che si stanno facendo sempre più forti nel settore della raffinazione e che, non risolti, comporterebbero gravi conseguenze per le aziende del settore. Una richiesta che i sindacati non hanno respinto, ma che può creare dei problemi in un settore nel quale pure la tradizione di buone relazioni industriali è fortissima. Alberto Morselli per la Cgil, Sergio Gigli per la Cisl, Augusto Pascucci per la Uil hanno rilanciato il metodo della contrattazione, condividendo le preoccupazioni degli imprenditori, ma sostenendo l’opportunità di cercare un rilancio della produttività a livello di aziende più che sul piano nazionale.
Per Confindustria Energia bisogna soprattutto fare presto, come ha sostenuto il presidente Pasquale De Vita e il responsabile della linea di relazioni industriali Alfredo Pasquali. Non c’è più tempo, hanno rilevato, ricordando come il calo dei consumi di carburante e le politiche ambientali sempre più costose abbiano creato uno stato di necessità che va aggredito al più presto. L’attuale sistema di produzione è in eccesso almeno per il 20% della sua capacità e un stabilimento, a Cremona, ha già dovuto chiudere. La realtà difficile del settore è stata del resto nel corso del convegno illustrata con dovizia di particolari da Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni, da Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, dall’economista Marcello Messori dell’Università Tor Vergata.
Il pericolo è che la crisi si aggravi senza che le parti sociali siano riuscite a trovare una soluzione che faccia risparmiare sui costi e alzare la produttività. Questo costringerebbe a prendere atto che il contratto nazionale è uno strumento inadeguato e porterebbe magari anche alla disdetta anticipata del contratto nazionale, che scade a fine 2012, per cercare in questo modo di agevolare una rapida definizione di soluzioni locali. In pratica il fallimento di una lunga consuetudine a cercare assieme i problemi che nemmeno tanto tempo fa, nello scorso mese di luglio, aveva portato le parti a un accordo proprio sul modello contrattuale: accordo che doveva però essere definito con delle indicazioni atte proprio a risolvere il tema della produttività nel settore della raffinazione, che però non sono arrivate.
Ma cosa chiede Confindustria Energia per far crescere la produttività e abbassare i costi? Soprattutto un nuovo impianto retributivo che preveda al livello nazionale la conferma di una quota fissa integrata da una quota variabile in relazione al’apporto individuale, mentre al livello aziendale la garanzia della variabilità dei premi in collegamento con la redditività dell’impresa. Ancora, il livello aziendale dovrebbe prevedere che ogni due cicli contrattuali sia inserita nel salario una quota in relazione all’apporto del singolo negli ultimi sei anni precedenti. In questo modo, come ha spiegato Pasquali nella sua relazione, ci sarebbe un apprezzamento diretto e puntuale dell’apporto individuale, ma anche una variabilità effettiva legata ai risultati dei premi aziendali, ma anche dell’apporto individuale. E parallelamente si otterrebbe uno spostamento dei pesi dal livello nazionale all’aziendale.
Di qui la richiesta di un negoziato a breve termine che riesca a contenere i costi del contratto nazionale e realizzi incrementi di produttività, consenta di rinegoziare i premi aziendali, ma anche di arrivare a una modifica dell’impianto contrattuale che valorizzi l’apporto individuale del lavoratore, a una revisione della normativa sul lavoro a turni, alla definizione di linee guida per i premi di produttività.
I sindacati, tutti e tre, da un lato hanno sottolineato l’opportunità di non arrivare mai alla disdetta dei contratti, che vanno invece rispettati, dall’altro hanno sostenuto la necessità di discutere di produttività e risparmio sui costi al livello aziendale. Non esiste una sola ricetta valida per tutti gli impianti, hanno detto, ogni intervento va calibrato sulla base delle peculiarità del sito produttivo. Così, hanno rilavato i tre sindacalisti, si possono ottenere coesione sociale e risultati pratici, anche sui temi caldi della produttività e dei costi di produzione.
Massimo Mascini