La disfida di Sardegna, ovvero le elezioni per il nuovo governatore che si terranno a febbraio, sta diventando una sorta di prova generale degli equilibri politici nazionali futuri. Forse per la prima volta, infatti, la destra è divisa quanto la sinistra; e se per quest’ultima è ormai la prassi, per l’attuale maggioranza di governo è una discreta novità. Lo scontro tra la Lega di Salvini, che vuole ricandidare il governatore uscente, Christian Solinas, e i Fratelli d’Italia di Meloni, che ha invece già messo in campo il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, sta assumendo toni epici. Tuttavia Fausto Durante, segretario generale della Cgil Sardegna – un osservatorio chiave per capire l’aria che tira sull’Isola – ridimensiona la sfida: è tutto ancora aperto, anche se è vero che il centro sinistra non si presenta compatto.
Andiamo con ordine, Durante, e iniziamo dalla disfida a destra.
Tutto ruota intorno a due figure sulle quali l’opinione pubblica ha già espresso un giudizio negativo: il governatore uscente è l’ultimo in una classifica di venti regioni per apprezzamento dei cittadini, e il sindaco è penultimo in una classifica analoga.
Lei, come segretario della Cgil regionale, come valuta l’operato del governatore uscente?
La legislatura che si chiude, purtroppo, è stata caratterizzata da un’azione politica inconcludente, che ha peggiorato le condizioni economiche e sociali dell’Isola: gli indicatori socio-economici ufficiali certificano il bilancio negativo che anche noi abbiamo tracciato. Per ripartire sarà indispensabile governare con un piglio diverso, con una visione che tenga conto dei ritardi accumulati e dello scatto necessario per trasformare in opportunità i cambiamenti in atto. Il disastro della sanità è un esempio eclatante di una gestione che ha mostrato tutte le sue falle.
Lo è in tutta Italia, purtroppo.
Sì, ma in Sardegna si muore più che nel resto d’Italia: secondo dati Crenos, nel 2022 l’incremento dei morti sfiora il 22 per cento e non ha eguali in altre regioni. E ancora, un altro primato negativo: il 12,3 per cento dei sardi rinuncia alle cure sanitarie, la più alta percentuale in Italia (rapporto Bes-Istat). Le liste d’attesa hanno tempi doppi rispetto alla media nazionale. Non abbiamo nemmeno una terapia intensiva pediatrica. L’assessore alla Sanità sostiene che costa meno pagare un Falcon per trasportare un piccolo paziente fuori dall’Isola che aprire una terapia intensiva. I pronto soccorso chiudono uno dopo l’altro, i medici se ne vanno, i pochi che arrivano mollano in breve tempo perché la situazione è ingestibile. Aumentano i Comuni che non hanno più nemmeno un medico di base e i cittadini sono costretti a migrare da un paese all’altro, con la speranza di acchiappare quelle poche ore al mese in cui ne arriva uno di passaggio.
Come sindacato avete avuto confronti diretti con il governatore?
Come segretario generale della Cgil Sardegna l’ho incontrato ufficialmente due sole volte in quindici mesi. Abbiamo sollecitato più volte un confronto ma hanno scelto di lasciar cadere nel vuoto le nostre richieste. L’idea del dialogo sociale del resto non è proprio nel Dna di questa coalizione di centro destra, in Sardegna come a Roma.
E invece tra imprese e Regione che rapporti ci sono?
La percezione è che ci sia un dialogo più forte ma se ci si confronta con una sola parte sociale non si risolvono i problemi: basta guardare alle questioni aperte in Sardegna dal punto di vista industriale, che sono tante, drammatiche e chiamano in causa il governo regionale. Penso al Sulcis Iglesiente, per fare un esempio che accomuna anche le altre aree industriali, da Nord a Sud dell’isola passando per il Centro: l’ex Alcoa, Portovesme, Eurallumina, rappresentano il polo industriale nazionale di alluminio, zinco e piombo ma le aziende di questi tre settori strategici sono in uno stato di crisi al momento senza soluzione.
Da cosa dipendono queste crisi?
Dal fatto che la Sardegna non ha una politica energetica adeguata a rispondere alle esigenze di queste aziende energivore. Per dire: è l’unica regione in cui non c’è il metano, una fonte energetica indispensabile per raggiungere gli obiettivi della de-carbonizzazione e della transizione.
E questo è responsabilità della Regione?
È senza dubbio responsabilità delle scelte non fatte da chi governa la Regione, c’è una totale assenza di idee e di programmazione, non solo in ambito energetico. All’inerzia con cui è stata gestita la partita su metano e dorsale si aggiungono: le leggi impugnate dalla Corte costituzionale, la mancata spesa delle risorse certificata dalla Corte dei Conti, i continui rinvii a esercizi provvisori di bilancio, i ritardi nella programmazione dei fondi a disposizione (dal Just Transition Fund per l’industria del Sulcis alle altre risorse europee), l’assenza di indirizzi su materie strategiche come l’industria e i settori produttivi, l’istruzione e la formazione. Della sanità ho già detto.
Il giudizio sulla guida della Regione da parte della destra è chiaro. E a sinistra?
Se la Sardegna, dopo il 25 febbraio, avrà un governo di centro sinistra, lo giudicheremo dai fatti. Il sindacato ha una visione e delle proposte chiare, siamo pronti a confrontarci. Intanto ci sono alcune priorità: un intervento urgente sulle emergenze della sanità, rinforzare il personale e potenziare i servizi sul territorio, ridurre le liste d’attesa, garantire il diritto alla salute alle tante, troppe persone, che oggi purtroppo sono costrette a rinunciare alle cure perché il sistema pubblico è imploso; un piano regionale dei trasporti capace di assicurare una vera ed efficace continuità territoriale e garantire il diritto alla mobilità interna ed esterna; un piano straordinario sulla scuola e l’istruzione che preveda sostegno per il diritto allo studio e risorse per l’edilizia scolastica oltre a interventi per rendere la formazione professionale capace di rispondere alle esigenze di nuove competenze per il lavoro nell’era digitale; una politica credibile e autonoma sulle questioni dell’energia e dell’industria, per superare il gap di competitività che frena lo sviluppo industriale e impedisce di realizzare la giusta transizione ecologica e ambientale dell’apparato produttivo; la costituzione di un comitato sardo di supporto alla candidatura di Sos Enattos per il telescopio Einstein, perché serve che tutta l’Isola senta propria questa sfida e metta a disposizione le sue energie migliori.
Vede ancora margini per una vittoria del centro sinistra in Sardegna, o la partita è da considerarsi chiusa?
La partita è aperta, ci auguriamo che il risultato elettorale consegni all’Isola in affanno un buon governo per ripartire”.
Nunzia Penelope