Nessuno li ha letti e nessuno, probabilmente, li leggerà mai. Ma noi del Diario, quanto meno a futura memoria, abbiamo deciso di dare un’occhiata ai programmi elettorali presentati dai principali partiti per le Europee di sabato e domenica. Cercando, in particolare, le proposte relative a lavoro ed economia. Con una avvertenza ai lettori: qualunque modello di Europa si preferisca o si abbia in mente, sabato e domenica è necessario andare a votare. Per chi si vuole, chiaramente: la scelta è ampia. Ma l’importante è votare.
Ed ecco i nostri riassunti, liberamente tratti dai programmi di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Partito democratico, Movimento 5 stelle, Avs, Azione e Stati uniti d’Europa.
Fratelli d’Italia
Nel programma del partito della premier Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, spiccano innanzi tutto due elementi: la difesa degli stabilimenti balneari dalla odiata Bolkenstein, e dei taxi dalle insidie di Uber o simili, due baluardi tradizionali della destra. Ma anche due temi sui quali proprio l’Unione europea da tempo chiede all’Italia di risolvere le proprie inadempienze. Il partito di Meloni, tuttavia, mette al punto primo del programma proprio il lavoro: ma al di la di frasi fatte come “favorire la creazione di nuova occupazione” e “sostenere l’imprenditorialità”, non c’è molto oltre a una successione di propositi generici. Molto più dettagliato il capitolo successivo sull’agricoltura e qui spicca la solita “difesa del made in Italy”: a partire dal vino, così amato dal ministro Lollobrigida. Nel terzo capitolo, dedicato all’ambiente, si chiede invece di “cancellare”, tout court, la decisione europea sul motore a benzina e di modificare “radicalmente” quella sulle case green. E ancora, sulla salute, si ammicca ai no vax: rispolverando la querelle sui green pass (che noia), chiedendo “giustizia” per le “persone che hanno subito danni permanenti dai vaccini anti covid, e, in caso di nuove minacce alla salute, di intervenire senza “violare i diritti fondamentali dei cittadini” o “scavalcare le prerogative degli stati membri”. Insomma, nel caso di nuova pandemia, che dio ci aiuti. E che ci aiutino anche gli investimenti sulla sanità, che i Fratelli, dopo aver sostenuto che mai nessun governo prima d’ora ha messo così tanto soldi sul capitolo salute, nel programma elettorale finalmente ammettono che vanno “aumentati”: segno che fin qui non bastavano. Sull’economia, altra ammissione: il patto di stabilità “dovrà essere migliorato”, afferma il partito principale del governo che nei mesi scorsi lo aveva approvato e firmato. Quanto alla concorrenza: “assicurare la qualità del servizio taxi’”, si legge, ma no alla “concorrenza sleale” di Ncc, Uber e simili; e soprattutto “difendere le imprese balneari italiane”. E ancora, la spesa pubblica destinata alla natalità dovrà essere considerata “investimento produttivo”. Ultimo capitolo dedicato alla Ai: con l’obiettivo di “regolare e governare”.
Lega
Passiamo al secondo partito della coalizione, la Lega. Primo capitolo intitolato “Più Italia meno Europa”, e già non è male come enunciazione per una elezione per l’appunto europea. Seguono varie elucubrazioni su patria e dintorni, fino ad arrivare al capitolo dedicato all’ambiente: qui si chiede “il ritorno al buonsenso’”, promettendo che “il primo atto” della nuova legislatura europea sarà “un provvedimento omnibus che riveda da cima a fondo il Green deal”. La direttiva sulle case green va “cancellata” così come va “salvaguardato il motore a scoppio”, per “garantire a tutti i cittadini il sacrosanto diritto di possedere veicoli privati a prezzi sostenibili”. E ancora, si invoca la “fine delle politiche di austerità e svalutazione salariale”(?), a favore di soluzioni “volte all’incremento sostanziale degli investimenti pubblici e privati”, con l’obiettivo di “una crescita economica virtuosa, guidata dall’aumento del potere d’acquisto dei lavoratori”. E poi tutti nei campi con la zappa in mano, perché “l’agricoltura deve tornare ad essere fattore di sviluppo”, puntando però sulla “agricoltura di precisione” (?). Dulcis in fundo, un sostanziale via libera ai cacciatori di “fauna selvatica”, ovvero lupi, orsi, eccetera, “per inaugurare una stagione di misure di gestione più efficaci sul territorio”.
Forza Italia
Terzo e ultimo partito della maggioranza di governo è Forza Italia, e già si nota una profonda differenza rispetto alla Lega (ma anche a FdI) già nell’incipit: “L’Europa è la nostra casa” si legge nel programma del partito di Antonio Tajani, che del resto proprio in Europa ha compiuto, e con onore, una non breve parte della sua carriera. I temi economici iniziano dal terzo punto, subito dopo la Difesa comune, al punto uno e, al due, l’Immigrazione, che va “controllata” ma coniugando “umanità, ordine e sicurezza”. Insomma, quanto meno, Tajani le navi delle Ong non le vuole affondare. E vediamo il Capitolo terzo, dunque, dove si parla di “incentivare libertà di impresa e competitività”, con ben 15 proposte che spaziano dalle politiche fiscali alla politica industriale, alla collaborazione tra ricerca e impresa, alla tassazione dei “Giganti del web”. E ancora: messa in comune del debito, unione bancaria, semplificazione dell’accesso ai fondi Ue, fino all’Ai, settore nel quale vanno “rafforzati gli investimenti”. Anche nel programma di FI c’è la bocciatura delle case green, e la tutela della filiera automotive “dopo le follie ideologiche della sinistra” (stessa frase che compare nei programmi degli alleati, se la saranno copiata a vicenda), sostenendo i carburanti alternativi. Sempre sul green deal, si chiede di “rivedere il pacchetto” per non “danneggiare settori chiave della nostra economia, dall’auto alla casa dall’agricoltura alla siderurgia” (e il pensiero qui corre allo sfacelo dell’Ilva, di cui il governo sembra non occuparsi affatto). Seguono vari capitoli su agricoltura e pesca, sui trattati europei, eccetera. Tema lavoro non pervenuto, salvo un generico “contrastare la disoccupazione dei giovani e delle donne”, tutelando la maternità. Difficile cogliere il nesso.
Partito democratico
Passando ai partiti di opposizione: lavoro e welfare aprono il programma del Partito democratico, dove si ricorda che si tratta, appunto, della ‘’base su cui abbiamo costruito il modello europeo’’. Lavoro, welfare e diritti, “che significano uguaglianza, ricchezza culturale e democrazia”. Si ricordano anche strumenti validissimi come il Next Generation Ue e il Sure, “100 miliardi sugli ammortizzatori sociali che hanno salvato milioni di posti di lavoro”, e si chiede di cambiare il modello di sviluppo economico oggi insostenibile”, causa di “diseguaglianze e di profonda crisi ambientale’”. Ma soprattutto, il Pd propone un “Patto sul progresso sociale”: salario minimo, rafforzamento della contrattazione collettiva, nuovi diritti per nuovi lavori, regolamentazione dell’Ai e delle piattaforme. E ancora, potenziare Sure per la protezione dei lavoratori, abolire gli stage gratuiti in tutta Europa, rafforzare Next generation Ue facendolo diventare “una vera leva di politica industriale europea”, realizzare un “Industrial Act” e una revisione degli aiuti di stato per “accompagnare e sostenere l’industria europea nelle grandi transizioni”. E poi, istituire un “fondo europeo sull’efficientamento energetico del patrimonio edilizio” e potenziare la politica di coesione per ridurre le differenze nord-sud. Infine, il programma del Pd chiede una governance economica che “superi definitivamente l’austerity”, con regole di bilancio che guardino prima di tutto a “investimenti comuni e tutela dei posti di lavoro”.
Movimento Cinque Stelle
Passando al Movimento Cinque Stelle l’impresa si fa ardua: il programma degli ex Grillini oggi Contiani è di ben 105 pagine. Ma bisogna ammettere che le proposte, condivisibili o meno, sono ben dettagliate e spiegate. Il lavoro arriva al punto 7, a sua volta suddiviso in otto paragrafi. C’è un po’ di tutto, a partire dal reddito di cittadinanza: fallito in patria, il Movimento si propone di reintrodurlo a livello Ue, variandolo sul “livello di povertà relativa di ciascun paese”. Come finanziarlo? Semplice: “con una tassazione sui capitali delle società, sulle corporate tax a livello europeo, minima e uguale per tutti”. E ancora, il M5s chiede un fondo europeo per gestire le transizioni, specie in vista dell’Ai, e una “direttiva dignità” sulla scia di quella da loro introdotta in Italia contro la precarietà del lavoro. Non poteva mancare il salario minimo, tema sul quale del resto proprio l’Ue ha da tempo diramato una direttiva specifica, che l’Italia però non ha ancora applicato. Il modello proposto dal M5s è quello di una “soglia minima retributiva, fissata per legge”, e “calibrata sulle specifiche condizioni economiche dei diversi stati europei”, ma nello stesso tempo anche “oggetto di contrattazione tra le parti”, tenendo conto dei contratti collettivi. Il M5s si propone di realizzare anche in Italia la settimana corta, realtà già in diversi paesi: nel concreto, trentadue ore settimanali spalmate su quattro giorni a settimana. Non con una reale parità di salario cash, ma con una compensazione in voucher per buoni pasto e spesa, o servizi come asili nido. Le aziende sarebbero supportate a loro volta, con la defiscalizzazione totale della quota di salario versata come welfare aziendale. E ancora, molta attenzione alle donne, con la realizzazione di una vera parità salariale rispetto ai colleghi uomini, identica parità nei congedi legati alla maternità e, infine, anche la possibilità di avere ogni mese tre giorni di congedo retribuito legato ai disturbi del ciclo (c’è già in Spagna, del resto, e nessuna azienda è ancora fallita per questo).
Alleanza Verdi Sinistra
Passando ai partiti minori (quelli a rischio quorum) ecco il programma di Avs, ovvero Alleanza Verdi Sinistra. Uno dei primi capitoli si chiama proprio “Europa fondata sul lavoro”, mutuando l’articolo uno della nostra Costituzione. Nella premessa, si citano la precarietà e i morti sul lavoro, affermando che ‘’l’Europa può e deve fare molto’’ in questa direzione, “cambiando il verso della storia”. E come? Per esempio, “adottando una direttiva per indicizzare i salari all’inflazione in tutti gli stati”: in pratica una scala mobile europea. E poi uno Statuto europeo del lavoro, una riduzione della settimana lavorativa a parità di salario, l’obbligo della contrattazione collettiva europea nelle grandi imprese, ma anche disporre una norma che stabilisca “il limite di temperatura massima nei luoghi di lavoro”. E ancora, creare “un ente di parti sociali europee, che annualmente fornisca una analisi delle retribuzioni fornite da ogni piattaforma, sia per i lavoratori dipendenti che per creatori e artisti”. E poi vietare gli stage gratuiti, e garantire il diritto al contratto a tempo indeterminato a tutti.
Concludiamo la carrellata con i due partiti dell’ex terzo polo, cioè Azione di Carlo Calenda, e Stati Uniti d’Europa di Matteo Renzi. Se uniti avrebbero facilmente doppiato il quorum, separati chissà.
Azione- Calenda
Il partito di Calenda apre il suo programma con tredici pagine sulle 53 totali dedicate alla difesa comune europea, esercito, armamenti vari, ecc. D’altra parte, nella premessa del programma, si afferma che “la lista Siamo Europei ha come obiettivo prioritario che l’Ue continui a sostenere l’Ucraina e assicuri a Kiev i mezzi per contrastare l’aggressione russa e riconquistare il suo territorio”. Dunque, le armi, in quanto necessarie, sono a loro volta priorità della lista di Calenda. Segue la transizione ecologica e infine, a pagina 28, arriva il capitolo Competitività e industria. Tra i punti qualificanti: rivedere e riformare tutto l’impianto del green deal, a partire dalla direttiva sulle case green, definita “insostenibile finanziariamente”, nucleare per garantire energia elettrica, politica industriale comune. E ancora, va rilanciato “il pilastro sociale” con particolare attenzione “alla sanità, all’istruzione, alla demografia e alla parità di genere”. Calenda propone poi un Pnrr “dedicato ai diritti sociali”, e un “New deal per l’uomo nell’era digitale”. In quest’ottica, occorre un “Welfare 4.0” con un sussidio di disoccupazione europeo e un “Erasmus Plus” accessibile a tutti gli studenti europei. Inoltre, l’Ue deve riportare le produzioni “nel proprio territorio”, e alzare l’aliquota fiscale della global minimum tax, oggi al 15%. Quanto al lavoro in senso stretto, il programma considera soprattutto la attuale “carenza di mano d’opera qualificata” e le conseguenze della crisi demografica, proponendo soluzioni per attrarre talenti in Ue, tra cui semplificare le procedure di accesso per migranti “qualificati e specializzati”, ma anche aumentando le quote di immigrati regolari. Infine, una curiosità: Azione propone di escludere dall’etichettatura nutrizionale europea, la famigerata Nutriscore, alcuni alimenti come: “aceto balsamico di Modena, parmigiano reggiano, mortadella di Bologna”.
Stati Uniti d’Europa- Renzi
Quanto a Matteo Renzi, il programma di Stati Uniti d’Europa è sintetizzato in 14 pagine e 12 punti. Al punto 9 troviamo L’Europa dei giovani e del lavoro, al punto 12 l’Europa del sociale. Nel primo, si propongono “politiche mirate a promuovere l’imprenditoria giovanile su tutto il territorio dell’unione”, l’accesso ai fondi europei per le start up, e soprattutto “un mercato unico del lavoro, introducendo un quadro di regole comuni” per favorire la mobilità dei lavoratori tra gli stati, favorendo anche “una maggiore armonizzazione dei diritti sociali per superare le disparità tra i diversi sistemi di welfare”. Si propone anche un “sussidio di disoccupazione europeo”, con quale intervenire in aree depresse o crisi localizzate. Relativamente all’ambiente, si afferma che la sua difesa deve essere uno degli obiettivi prioritari, ma con “ragionevolezza e gradualità”, tutelando nel contempo “l’industria e i posti di lavoro”. Dal punto di vista dell’economia nel suo complesso, il programma di Stati Uniti d’Europa afferma di assumere come proprie le linee indicate da Mario Draghi. Sul sociale, infine, avverte che “povertà sanitaria, alimentare, educativa stanno diventando una emergenza sempre più diffusa”, indicando pertanto alcune contromisure, tra cui un più forte coinvolgimento del Terzo settore. E sul tema sanità, ovviamente, Renzi non rinuncia a battere sul tasto del Mes Sanitario, valore 37 miliardi, chiedendo di “riaprire le linee di credito” per arginare e risolvere il desolante crollo del nostro sistema sanitario nazionale.
Nunzia Penelope