I contratti nazionali dei lavoratori dipendenti da imprese che operano nel settore dell’edilizia, del legno e boschivo, del cemento, fibrocemento, calce e gesso, dei laterizi, della calce e gesso, dei materiali lapidei, e nei settori affini e simili scadranno tutti il 31 dicembre 2012. I sindacati di categoria, Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil cominceranno a lavorare seriamente all’elaborazione delle piattaforme già a partire da settembre. L’intenzione è quella di procedere unitariamente, dopo aver stabilito le priorità contrattuali all’interno di ogni federazione. Intanto passi avanti si sono fatti per la contrattazione integrativa con rinnovi territoriali in tutta Italia. Entro fine luglio, infatti, sono stati rinnovati la metà dei contratti integrativi in quasi tutte le Regioni italiane. Rimangono indietro l’Emilia-Romagna, che ha visto rinnovato solamente l’integrativo di Parma, e la Lombardia, dove è stato rinnovato solo il contratto di Milano. Chiusi invece i grandi integrativi delle città di Roma, Bari, Palermo, Catania. (Per un’analisi dettagliata rimandiamo a un Focus, curato dalla Feneal Uil, sui vari integrativi territoriali sottoscritti pubblicato nella sezione Documentazione).
Entrando nello specifico dei singoli comparti, drammatica risulta la situazione del settore del cemento. Infatti il settore risente particolarmente della crisi, ancora di più del settore edile che, pur avendo registrato un calo della produzione del 6% nel 2012, è riuscito in qualche modo a sopravvivere grazie alle ristrutturazioni. Ovviamente la diminuzione delle costruzioni edili ha generato una domanda minore di cemento, la cui produzione si è più che dimezzata nel 2012 e un ulteriore calo del 10% è previsto per il 2013. La conseguenza è stata quella, da parte dei principali gruppi del cemento, di ridurre il premio di risultato, in alcuni casi del 50%.
Tra le vertenze più significative segnaliamo quella di Italcementi che ha ritirato le procedure di mobilità per 180 lavoratori annunciate precedentemente, ma ha confermato la chiusura degli stabilimenti di Porto Empedocle e Vibo Marina. Per i 180 lavoratori è stato richiesto il ricorso agli ammortizzatori sociali.
Una crisi particolarmente profonda quella che sta investendo il distretto del mobile imbottito della Murgia, tra Matera, Bari e Taranto. Erano 500 le aziende che occupavano 14mila lavoratori oggi sono un centinaio e danno lavoro a circa 6mila addetti, il tutto con un utilizzo della cassa integrazione che ormai è strutturale (90%). Mercato in frenata, difficoltà nel credito con le banche e un accordo di programma che resta sulla carta: sono questi i maggiori problemi per il settore.
Si aggiunge, inoltre, la Natuzzi di Santeramo (Matera), produttrice di salotti, che ha comunicato ai sindacati la volontà di richiedere la cassa integrazione a zero ore per 1.300 dipendenti (su 2.700 totali), modificando gli accordi sottoscritti a Roma l’ottobre scorso. Inoltre l’azienda vorrebbe ridurre da otto a sei le ore giornaliere di lavoro per tutti i dipendenti in servizio. La motivazione sarebbe una diminuzione della produzione in cantiere. Ad oggi sono 700 i lavoratori in cassa integrazione a zero ore, mentre gli altri sono a rotazione. (FRN)