La proposta del Presidente della regione Toscana Enrico Rossi, di abolire la libera professione dei medici (intramoenia) attraverso un referendum abrogativo, è irricevibile per questioni di metodo e di merito. E dunque, non solo ha regione il Sen Federico Gelli , responsabile sanità del PD, nel definire la proposta il frutto della demagogia del presidente Rossi, ma a questo si dovrebbe aggiungere che essa è il segno di quel cinismo politico che caratterizza spesso i conterranei del Machiavelli e di cui si ha avuta ampia dimostrazione in tempi recenti
Al primo punto pongo la questione che l’intramoenia è un istituto contrattuale e che come tale deve trovare la sua disciplina nella sede che le è proprio ovvero sia all’ARAN; perlomeno fintanto che il contratto di lavoro continuerà ad essere il frutto della negoziazione delle parti. Ricordo anche che la CGIL ha dato un contributo decisivo nel disciplinare la materia con la firma del CCNL della dirigenza medica del 2000.
La sigla del contratto avvenne, infatti, al termine di una nottata convulsa e la trattativa si arenò quando i sindacati autonomi modificarono il testo appena prima della firma. La CGIL Medici, di cui ero il responsabile Nazionale, dichiarò che quel contratto non sarebbe stato firmato e il delegato della Emilia Romagna, Mauro Pirazzoli, aggiunse senza esitazioni che se la CGIL non avesse firmato, il contratto non c’era più. Fu allora che il Prof. Dall’Arringa, presidente dell’ARAN, convocò in sede separata la nostra delegazione e quella dell’ANAAO e si definì un nuovo testo che fu poi sottoscritto da tutte le sigle.
Se ora CGIL, CISL e UIL hanno deciso che si deve cambiare e ritornare ai vecchi DPR di definizione del contratto, lo dicano chiaramente; e soprattutto lo dicano agli oltre 15.000 medici che, nonostante tutto, continuano a versare ogni anno oltre 300 euro pro capite di tessera sindacale e che forse dovrebbero essere preventivamente consultati prima di apprendere dai media che i loro dirigenti ( del comparto si badi bene) propongono la disapplicazione di alcuni istituti contrattuali specifici della loro area negoziale.
Nel merito della proposta, l’assunto da cui questa muove è universalmente considerato risibile. Secondo Rossi infatti le lunghe liste di attesa deriverebbero dal fatto che i medici riescono a deviare i pazienti dal regime pubblico a quello privato essendo la loro attività in intramoenia direttamente proporzionale alla difficoltà di accedere ai servizi in regime tradizionale. E che quindi, per proprietà transitiva, sarebbe sufficiente eliminare la libera professione per azzerare i lunghi tempi di attesa. Parola di Rossi che su questo si gioca tutto (come da lui dichiarato)
Per Rossi dunque il blocco delle assunzioni con la riduzione degli organici del 20% in soli pochi anni e il definanziamento del SSN che il Tribunale dei diritti del malato ha calcolato in 54 miliardi, sarebbe del tutto ininfluente. Sembra il racconto del paradosso dell’asino di Buridano, purtroppo morto dopo essersi abituato a non mangiare. E così del disservizio, sarebbero responsabili i medici che dovrebbero lavorare, rinunciando ai pochi spiccioli che mediamente dà loro l’intramoenia, aumentando il loro carico di lavoro senza nemmeno essere pagati in più perché lo straordinario non viene più loro corrisposto dal quasi un decennio.
Una proposta che non dovrebbe essere nemmeno attenzionata e che invece ha avuto il plauso convinto di CGIL, CISL e UIL che confermano così il loro totale disinteresse per tutte quelle qualifiche che vanno oltre il comparto.
E’ chiaro che se il SSN fosse in grado di erogare ogni prestazione in tempo reale, e in tutta comodità per l’utente, nessun ricorrerebbe alla intramoenia, ma questo è solo un aspetto della questione. I cittadini pagano già di tasca loro oltre 35 miliardi di euro per prestazioni sanitarie mentre il fatturato complessivo dell’intramoenia è di poco superiore al miliardo. Considerato poi che la fatturazione è orma gestita al 90% dalle stesse ASL, l’intramoenia diventa una partita di giro che porta nelle tasche del professionista non più del 40% del fatturato. Nel 2013,infatti l’introito annuale globale è stato di circa 1,15 miliardi di €, di cui circa 400 milioni € sono stati incamerati dallo Stato come tasse, mentre la quota a favore delle aziende sanitarie è stata di circa 220 milioni di € (fonte: Osservatorio nazionale per l’attività libero professionale del Ministero della Salute).Per quanto attiene poi i volumi di prestazioni erogabili in intramoenia questi vengono disciplinati dalla legge 120 del 2007 e nei fatti le prestazioni ambulatoriali rese in intramoenia sono state sempre per il 2013 solo l’8% del totale mentre la quota relativa ai ricoveri non ha superato lo 0.4%
I medici, Rossi dovrebbe saperlo bene, sono valutati per i volumi di lavoro svolto in regime pubblico e se questo non avviene è perché le ASL non sono in grado o non hanno alcun interesse a creare un sistema di valutazione dei propri dirigenti degno di questo nome.
Se dunque le basi su cui Rossi ha lanciato la sua OPA sulla libera professione dei medici non sono all’altezza di un politico che per anni è stato assessore alla salute di una delle regioni con migliore servizio sanitario qual è la ragione profonda di questo suo ballon d’essai?
Non si tratta ovviamente di fare l’ermeneutica del Presidente Rossi, cosa che non interessa nessuno. ma di cercare la ragione di questa proposta così smaccatamente demagogica
E la ragione è che il Presidente Rossi ha rotto una tradizione fortemente sedimentata nella sua regione di coinvolgimento attivo dei cittadini nelle scelte pubbliche.
Il presidente Rossi, infatti, senza sentire nessuno ha stravolto il servizio sanitario regionale emanando una legge contestatissima, la numero 28, che ha accettato i tagli del governo e ha ridotto a tre le ASL della regione, creando così un centralismo che offende la tradizione toscana
Contro questa scelta medici e cittadini, con alla testa una delle menti più lucide di cui disponga il servizio sanitario nazionale, Gavino Maciocco, è stata indetta una raccolta di firme per un referendum abrogativo che ha raggiunto quota 50000 e che porterà, questo si all’abrogazione della legge. Un referendum che vuole essere, nelle intenzioni dei suoi promotori, la risposta al tentativo di Rossi di depotenziare il servizio sanitario regionale pubblico, strizzando l’occhio al privato presente nella regione Toscana
Questi dunque i fatti e il tentativo del presidente della Toscana è quello di uscire dall’angolo in cui lo hanno cacciato le sue scelte politiche sbagliate e il suo protagonismo fuori misura che spesso lo ha negativamente caratterizzato.
Errore clamoroso quello delle confederazioni che oltre a subire la linea politica dei collegi e delle sigle autonome del comparto, nella speranza di contenere la perdita di iscritti, danno credito a una proposta che mistifica la realtà e svilisce la vita democratica all’interno del sindacato dove parte degli iscritti non vengono nemmeno consultati prima di assumere posizioni su aspetti importanti della loro vita professionale
Roberto Polillo