di Uliano Stendardi – Segretario Generale Aggiunto Fai Cisl
Il contratto nazionale è morto, anzi no: è vivo ed indispensabile strumento del sistema contrattuale. Questa potrebbe essere una prima sintesi, aggiornata a valle del rinnovo del CCNL dell’industria alimentare, rispetto al dibattito sulla riforma della struttura della contrattazione.
Perché è vivo e vegeto?
1) Di fronte ad una crescente e sempre più invasiva azione regolatrice delle legge sulle materie del lavoro, serve uno strumento in grado di recepire ed adeguare le normative dei vari decreti alle caratteristiche oggettive dei vari settor4i (modelli organizzativi, tecnologie, mercati, professionalità dei lavoratori ecc.). Evitando, così, che le varie leggi piombino come una livella (solo la morte lo è, diceva Totò) indiscriminata sulle varie realtà appiattendo regole e verificando diritti.
2) La concertazione e la politica dei redditi sono in sofferenza. Le modalità con cui il governo ha gestito il percorso di preparazione del DPEF 2003 ne sono una chiara rappresentazione. Rischia di venir meno la pratica, mentre resta in piedi l’esigenza. I contratti nazionali non possono, probabilmente, surrogare la concertazione a livello macro, ma rappresentano sicuramente un valido strumento di politica dei redditi a livello settoriale. E se funzionano in tutti i settori, può darsi che dal micro si ricomponga il macro.
3) Nel quadro della politica dei redditi e delle crescenti funzioni regolatrici dell’economia da parte dell’Unione Europea si è, nel recente passato, sostenuto che l’inflazione non era più un problema e che, quindi, una delle funzioni principali dei contratti nazionali veniva meno. A quanto pare non è proprio così e, quindi, uno strumento di tutela dei salari in termini di solidarietà generale si rivela irrinunciabile.
4) La revisione già in atto di alcune leve del welfare consegna a nuovi strumenti la possibilità di tutelare i redditi e le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici. La previdenza complementare e l’assistenza sanitaria integrativa sono gli aspetti più rilevanti, ma non unici, di un fronte di tutele solidaristiche che non può essere spezzettato sul territorio (abbiamo già visto a cosa possono portare suggestioni di “federalismo” previdenziale ed assistenziale), ma che deve avere un collante nazionale anche per ragioni di efficienza ed efficacia gestionale.
5) La struttura della contrattazione ha bisogno di un centro regolatore che abbia, da un lato, una valenza nazionale unificante e, dall’altro, una capacità di cogliere, nell’articolare i rinvii al secondo livello di contrattazione, le specificità settoriali. Pensando in prospettiva, ad un secondo livello di contrattazione sempre più articolato tra azienda, territorio e settore, ancora di più si pone l’esigenza di un centro regolatore che disciplini le tipologie di articolazione e ne verifichi costantemente la coerenza. E questo centro regolatore ben si identifica col contratto nazionale.
6) L’ultima considerazione riguarda lo sviluppo in prospettiva, di un sistema di relazioni a livello europeo. Certamente necessario e forse, già in ritardo e che ha nei CAE e nel dialogo sociale settoriale due presupposti di grande potenzialità. Ma se questi restano gli unici presupposti il rischio ed il limite sono lo sviluppo di un sistema di relazioni europeo focalizzato solo sulla grande impresa e sulle politiche settoriali e priva un anello di raccordo con il complesso dei vari sistemi d’impresa nazionale. Questo raccordo può essere rappresentato da un’evoluzione di ruolo in questa direzione dei contratti nazionali.
Come al solito quando si rinnova un contratto si cerca di valorizzarlo e, magari, di stiracchiare il significato in termini politici. A noi sta a creare una valutazione tutta sindacale e contrattuale che posiziona, giustamente ci pare di aver dimostrato, il CCNL come elemento centrale della struttura della contrattazione. Da questo punto di vista la contrattazione nazionale dell’industria alimentare ha registrato un’evoluzione costante del proprio ruolo, interpretando, nel 1994, la trasposizione settoriale dell’accordo del 23 luglio, nel 1999 l’identificazione del contratto nazionale come centro regolatore del sistema a favore dello sviluppo della contrattazione di secondo livello, nel 2003 lo strumento di contrattazione dei decreti legislativi nonché la forte ripresa di tutela normativa a e di politica dei redditi per la difesa dei salari reali.