Come noto a tutti, con questo verso Dante conclude l’Inferno della Divina Commedia.
In questa momento è stato più volte usato, non dico in riferimento all’incarico dato a Draghi per formare il nuovo Governo, anche se..Mi riferisco più propriamente all’uscita dal calvario della pandemia da Covid, che si intravvede con la possibilità di utilizzo dei vaccini.
Giustamente è una invocazione di speranza, di uscita dal tunnel, dentro il quale è stata messa a dura prova non solo la vita individuale di ciascuno di noi, ma quella collettiva e quella delle istituzioni, economiche, sociali e anche politiche.
Molti hanno rivolto la propria attenzione, anche giustamente, sui cambiamenti che avverranno o meglio che stanno già avvenendo soffermandosi soprattutto sul fatto che non saremo più quelli di prima e ciò è indubbiamente vero.
Io vorrei invece osservare altri cambiamenti in atto.
Per rimanere fedele all’ultimo verso del XXXIV Canto dell’Inferno quando usciremo a riveder le stelle sarà meglio che le osservassimo con una certa attenzione. Cosi scopriremmo che non appartengono allo stesso cielo di prima.
Non solo siamo cambiati noi soggetti individuali e collettivi che dir si voglia, ma è profondamente cambiato l’orizzonte nel quale dovremo di nuovo operare in condizioni di relativa normalità.
Intanto, e non è poco, l’Europa ha assunto un ruolo ormai imprescindibile. Se solo pensiamo a cosa sarebbe successo in assenza degli interventi Europei, avremmo l’assoluta dimostrazione che la nostra fragilità di “sistema Paese” si sarebbe risolta in una vera crisi di default, con tutte le implicazioni economiche e sociali devastanti che questo avrebbe comportato.
Occorre prenderne atto in modo irresolubile “Nula salus extra UE”, magari non ci piace del tutto, magari molto è ancora da migliorare, ma la pandemia e io credo anche la Brexit, hanno dimostrato che ogni avventura nazionalista, ogni nostalgia di un passato, che è meglio che sia appunto passato, è una forma di infantilismo culturale e peggio politico.
Quindi dovremo affrontare molti problemi cercando una soluzione solo su scala europea altrimenti non saremo in grado nemmeno di scalfirli.
Inoltre, per molti settori, penso alla ristorazione e a tutto il circuito ad essa collegato, nulla sarà come prima, se pensate a quanti Bar, ristoranti e tavole calde avevano prosperato sulla “pausa pranzo” ora, se anche solo una frazione di impiegati manterrà lo smart-working, molti operatori del settore dovranno reinventarsi un nuovo business.
Nel campo della distribuzione e della logistica, sulla spinta della importante crescita dell’e-commerce, sorgeranno nuovi lavori e nuove iniziative, non è un caso che inizi, piano piano, ma inesorabilmente a porsi il problema della regolazione normativa dei “raiders”. Ci sarà molto da lavorare come associazioni datoriali e sindacali per dare a questo settore un assetto più stabile e dignitoso.
“Last but not least” dopo le stupidaggini dette sulla “decrescita felice” e sulla morte della manifattura, scopriamo per l’ennesima volta che a contenere il crollo della ricchezza nazionale sono state appunto le attività manifatturiere.
Quando smetterà questo Paese di considerare di serie B queste attività? Quando ci renderemo conto che le fabbriche non sono luoghi di perdizione e annientamento della dignità? Ma sono invece un formidabile laboratorio di competenze, non solo professionali, sempre più elevate e ricche.
Il recente rinnovo del CCNL dei metalmeccanici ne è la prova più concreta, soprattutto per la parte relativa al nuovo assetto dell’inquadramento professionale.
Non si tratta solo di rendere più adeguata la normativa professionale al nuovo assetto aziendale, ma di dotare la contrattazione di prossimità di nuovi strumenti, diremmo di questi tempi più “resilienti”, per gestire le competenze potenziali e non solo l’attività specifica a cui si è assegnati.
Quando guarderemo alla “ricerca applicata” con meno sufficienza dottrinale? Quando sosterremo un modello di crescita capace di posizionarsi sulla frontiera del cambiamento tecnologico, unica condizione peraltro per rendere efficace ed economicamente sostenibile una economia circolare “green”.
La flessione del PIL del 2% nell’ultimo trimestre del 2020, che probabilmente consentirà di chiudere l’anno con “solo” il decremento del 8,8% invece del 15% temuto, è determinata quasi unicamente dalla tenuta dell’industria Italiana.
Forse una riflessione sul ruolo centrale che essa ha per il nostro Paese sarebbe necessaria.
Come necessario affrontare, per tempo, temi di fondo quali quello di una struttura produttiva che con il 20% delle imprese sorregge l’80% dell’export e l’80% del valore aggiunto.
Dovremo imparare presto a leggere queste nuove costellazioni nel nuovo cielo che rivedremo, se non lo sapremo fare non “buscheremo l’oriente per l’occidente”, non scopriremo nessun nuovo continente, semplicemente finiremo alla deriva.
Luigi Marelli